29 Ottobre 2014
Mons. Zbignevs Stankevis racconta che alla madre, incinta di lui, fu proposto di interrompere la gravidanza a causa dell'età avanzata
Sua madre rinunciò all'aborto. L'arcivescovo di Riga, testimone pro-vita
ROMA, 28 Ottobre 2014 (Zenit.org) - Oggi indossa l’abito talare e aiuta tante donne alle prese con gravidanze difficili. Eppure, sessant'anni fa, proprio una gravidanza resa difficile da un sinistro suggerimento avrebbe potuto strapparlo al ventre di sua madre. È la storia di mons. Zbignevs Stankevis, arcivescovo di Riga, capitale della Lettonia. L’ha raccontata nel corso di una struggente intervista rilasciata a Rome Reports.
“Mia madre aveva quarant’anni e la sua dottoressa le propose di abortire”, spiega il presule ai microfoni dell’agenzia. Le motivazioni dietro questo inopinato consiglio? “Sei vecchia e avere un altro figlio non è una decisione saggia”, le disse.
Parole che lacerarono il cuore di quella donna quarantenne, già madre di famiglia. Parole che, in quanto uscite dalla bocca autorevole di un camice bianco, potrebbero anche persuadere un animo ingenuo. La mamma dell’attuale arcivescovo di Riga, tuttavia, radicata nella fede cattolica, resistette a quelle funeste sirene di morte. “A mia madre proposero di uccidermi - racconta oggi - ma lei ha respinto l’idea”. E ancora: “Io sono vivo grazie a lei”.
Mons. Stankevis ha affermato di aver voluto condividere questa sua intensa esperienza. “Posso vivere liberamente la mia vocazione e compiere la mia missione nella vita. Se mia madre mi avesse ucciso, ci sarebbe oggi un altro vescovo a Riga”.
E invece c’è lui, nato grazie alla determinazione di sua madre a Lejasciems, piccolo villaggio della Polonia, nel febbraio 1955, ossia tre mesi prima della stipula del Patto di Varsavia. Un altro secolo, lontano da noi, anche se nei Paesi dell’ex blocco sovietico, residui culturali ed anche legislativi di quel periodo permangono ancora. Come nel caso della Lettonia, proprio a proposito del tema dell’aborto.
Dall’acquisto dell’indipendenza nel 1992 non furono introdotti cambiamenti a quanto stabilito ai tempi dell’Unione sovietica: nessuna limitazione alle interruzioni di gravidanza fino alla 12esima settimana, poi la possibilità di abortire in caso di pericolo per la vita o per la salute della madre.
Norme considerate troppo poco flessibili, così nel 2001 fu introdotta la possibilità di abortire fino alla 22esima settimana laddove siano presenti “situazioni difficili”, inoltre fu estesa la possibilità di interrompere la gravidanza anche alle minorenni senza previa autorizzazione dei genitori.
Fu nel corso di quei mesi concitati, durante i quali il dibattito sulla liceità delle nuove norme accese gli animi dei lettoni, che l’allora semplice sacerdote Zbignevs Stankevis decise di intervenire pubblicamente. Lo fece scrivendo un articolo dal titolo “Perché sono stato fortunato?”.
“La Chiesa ha il dovere di difendere il diritto di tutti alla vita e non può tacere quando i più vulnerabili vengono lesi”, scrisse nella sua missiva al popolo della Lettonia. Nello stesso testo chiarì poi la posizione ecclesiastica sulla questione scrivendo: “La Chiesa ha sempre ritenuto che ogni aborto intenzionale è moralmente un male”.
Il suo gesto non sortì l’effetto desiderato, in quanto la legge fu approvata. Ma ciò non ha scoraggiato i tanti volontari che in Lettonia si battono per la difesa della vita in ogni sua fase. Grazie ai loro sforzi, il tasso di aborti nel Paese è sceso dai 44.886 del 1991 (dinanzi a 34.633 nascite) ai circa 7.000 del 2011.
Sforzi a cui ha contribuito anche l’arcivescovo di Riga. Nel suo ministero, mons. Stakevis porta con sé un bagaglio d’esperienza personale che ne fa un valido testimone pro-vita e un araldo della proposta cattolica. In un’intervista rilasciata alla Radio vaticana nel corso del Sinodo sulla famiglia, ha detto: “La Chiesa non serve a soddisfare i piaceri del mondo, la Chiesa serve per dare sale al mondo, per mostrare la verità che viene dall’alto”.
(Di Federico Cenci su Zenit.org)