LETTERE - Mondo Voc febbraio 2012                                                                         Torna al sommario

 


perrone


 

 

√ Vorrei farmi suora, ma...

 

 

√ Il vizio del gioco.

 

 

Risponde Padre Sandro Perrone

 

 

Vorrei farmi suora, ma…

Caro Padre, vorrei confidarle un mio piccolo segreto, nascosta dall’anonimato. Sento di essere attratta in modo molto forte dalla vocazione alla vita consacrata femminile. Insomma, mi vorrei fare suora! Ma… purtroppo c’è un grosso “ma”. Tutte le suore che conosco sono anziane (per non dire vecchie) e a me sembrano antiquate, troppo legate al passato, con vestiti dell’800, chiuse in case che sembrano carceri o caserme, piene di lunghi corridoi sempre bui. E mi domando: come potrei vivere in questi luoghi, con questi vestiti, accanto a queste persone? Lo scoraggiamento mi assale e finisco per convincermi che la mia è solo una “crisi spirituale” passeggera e che potrei fare le stesse cose rimanendo a casa mia, impegnandomi nella parrocchia e nel sociale. E tuttavia…
(Annamaria, Messina)

Cara Annamaria, francamente non saprei dirti quali “suore” tu conosca, visto che nella Chiesa ce n’è di tutti i tipi e di tutti i gusti. Una vecchia battuta dice che sono tre le cose che lo Spirito Santo non conosce: cosa pensano i Gesuiti, dove prendono i soldi i Salesiani, quante sono le Suore… Possibile che tu abbia incontrato solo i “residuati” dell’800? Se è vero che sei di Messina (ma ho qualche dubbio), non posso pensare che non ti sia imbattuta in suore moderne, che insegnano, dirigono scuole ed asili, guidano l’auto, parlano al cellulare e sono come tutte le loro coetanee, qualunque sia la loro età. La tua domanda, comunque, mi permette di precisare qualche cosa a proposito degli Istituti Religiosi maschili e femminili. Purtroppo, molti non distinguono e fanno una confusione terribile. Per gli uomini, la vocazione si distingue tra “diocesani” (o “secolari”) e “religiosi”; questi, a loro volta, sono sacerdoti o fratelli. Le religiose (le suore), invece, sono tutte in un’unica categoria. Ma gli Istituti sono molto diversi fra loro: ci sono quelli di vita contemplativa (le Clarisse, le Trappiste, le Carmelitane, ecc.) e quelli di vita attiva (le Salesiane, le Orsoline, le figlie del Divino Zelo, ecc.), che sono impegnate in ogni forma di apostolato, compreso quello missionario, ad gentes. Alcuni Istituti sono più tradizionalisti, altri meno. Alcuni adottano l’abito religioso, altri hanno lasciato libertà in proposito, ecc. Collegati con gli Istituti Religiosi sono anche gli Istituti Secolari, formati da “consacrate” che, pur professando i voti religiosi, vivono non in Comunità ma per conto proprio, testimoniando il Vangelo con maggiore discrezione, come il lievito nella massa del pane. Ci sarebbero molte altre cose da dire, ma preferisco fermarmi, per non creare confusione con troppe notizie. Cara Annamaria, è più chiaro il quadro? Allora, cosa scegli e quando ti decidi?

 

 

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Il vizio del gioco
Caro Padre, vorrei sottoporle un problema che, a parer mio, è molto sottovalutato, almeno in Italia. Mi riferisco alla “dipendenza da gioco”. Mi scuserà se non posso firmarmi, ma proprio nella mia famiglia c’è un caso grave. Mio padre, quasi alle soglie della pensione, sperpera un sacco di soldi nel gioco. Lotto e superenalotto, “gratta e vinci”, scommesse sull’ippica, centri scommesse della Snai, poker e slot machines sono ormai la sua vita. A casa si respira un’atmosfera pesante e i rapporti sono sempre tesi. Mia madre si è chiusa in un mutismo assoluto, mentre io e mia sorella cerchiamo invano d’intavolare una discussione pacata per venire a capo di questo spinoso problema. Mio padre nega o minimizza, ma lo stipendio arriva terribilmente ridotto. Padre, mi dica, che cosa si può fare?
(Un figlio angosciato, Brescia)


Caro Matteo, ho deciso di darti questo nome nella speranza che San Matteo, che lasciò il banco delle imposte per seguire Gesù, aiuti tuo padre, la tua famiglia e quanti sono in una situazione simile. Hai perfettamente ragione quando affermi che il problema è sottovalutato; in Italia, si calcola che siano circa 800.000 i “gioco-dipendenti”, mentre circa 2.000.000 sono a rischio. Sono cifre assurde, che dicono però la gravità del fenomeno. Ma non meno difficili appaiono le possibili soluzioni: l’idea di proibire tout court molte forme di gioco, oltre a risultare impopolare, priverebbe lo Stato di grosse risorse economiche, visto che le entrate per il gioco del lotto ed affini sono una vera e propria forma di tassazione parallela. Se si pensa al problema del giocatore compulsivo in analogia a quello della tossicodipendenza, è evidente che lo “spacciatore” più importante risulta lo Stato stesso, che perciò dovrebbe essere accusato per primo, mente il giocatore che cade in rovina sarebbe la persona da aiutare. È noto che la politica di stretto proibizionismo non fa che alimentare lo sviluppo di circuiti illegali alternativi. Inoltre, in una significativa analogia con la dipendenza da droga, sono state evidenziate forme di assuefazione (bisogno di scommettere cifre sempre più alte,) e di astinenza (sudorazione, tremori, tachicardia, ansia) in giocatori ai quali il gioco stesso viene impedito (ad es. a causa di detenzione o ospedalizzazione). Che fare, allora? Segnalo la possibilità di gruppi di auto-aiuto (Giocatori Anonimi), che sulla falsariga degli Alcolisti Anonimi, si incontrano per riconoscere di aver perso il controllo della situazione, condividere l’esperienza d’impotenza nei confronti del gioco, proporsi l’astinenza dal gioco e confrontare nell’ambito del gruppo le forme di inganno ed autoinganno ancora in atto. Ci sono inoltre gruppi guidati da psicoterapeuti che coinvolgono la famiglia del giocatore nel processo terapeutico. Se desideri, posso darti altre indicazioni in privato. L’importante è mettersi tutti insieme per cercare di risolvere il problema del gioco. Scommettiamo che ci riuscite?