Arco37intervista a madre Anna Maria Di Domenico

Clausura: un piccolo campo di battaglia nel cuore del mondo

Nel corso di una settimana di formazione ad Arco (TN), ho avuto la possibilità di intervistare la priora del locale monastero delle nostre sorelle monache Serve di Maria, madre Anna Maria Di Domenico, che ha accettato di regalare uno scorcio della vita sua e delle sue consorelle. Entrata nel monastero di Colle Fanella (Roma), è stata inviata ad Arco per aiutare la comunità, che era in crisi numerica. È un’affermata iconografa, e le sue icone ornano molti luoghi di culto. Inoltre, è presidente della Federazione Monastica Italiana, che riunisce alcuni dei monasteri delle Serve di Maria in Italia.

 

Madre Anna Maria, quali sono i pilastri della vostra spiritualità?

Innanzitutto, il riferimento alla Vergine, quindi ispirarsi fondamentalmente a lei, alla sua figura, al suo stile di vita, al suo significato per la Chiesa e il mondo di oggi. Poi, la ricerca di Dio sulle orme di Maria. Come lei, ci impegnamo a cercare il volto di Dio, come si manifesta nella storia. Il carisma è quello dell’Ordine, ma accentuiamo il discorso della contemplazione, riferendoci alle origini dei Servi di Maria. Il nostro servizio consiste nella preghiera, soprattutto di intercessione, nella contemplazione, che si nutre dell’assiduo ascolto della Parola di Dio. Tutto questo nella fraternità, pilastro del carisma dell’Ordine e di ogni cristiano. Vivendo per tutta la vita nello spazio della clausura, la fraternità diventa molto importante e viene radicalizzata, perché ci troviamo a vivere sempre con le stesse persone. Quindi, siamo “costrette” a cercare di costruire fra di noi dei rapporti a livello profondo, più stretti di una famiglia di sangue. La famiglia del monastero diventa segno della perenne alleanza con Dio, che si esprime nel rapporto fra noi sorelle.

Ecco, lei si è riferita alle origini dell’Ordine. Cosa può dirci sull’origine e le vicende storiche delle monache Serve di Maria e del monastero di cui lei è priora?

Nell’Ordine dei Servi di Maria, la presenza delle monache si verificò molto presto. Noi vediamo in S. Giuliana Falconieri, nipote di S. Alessio, uno dei Sette Santi Fondatori, la prima religiosa dell’Ordine. Inizialmente, il movimento femminile era sotto la guida dei frati, quindi non possiamo pensare a monasteri come li vediamo oggi, bensì a donne che hanno voluto vivere secondo lo stile dei Sette Fondatori, dedicandosi alla preghiera e al servizio. Successivamente, si è avviata una strutturazione, ma sempre guidata dai frati e dalla Chiesa. Il monastero di Arco è nato nel ‘600, nell’epoca della Controriforma, dopo il Concilio di Trento (1545 – 1563) e le riforme della vita religiosa che furono messe in atto successivamente a questo. Era un’epoca di crisi della vita religiosa, nei conventi e nei monasteri vi era una gran confusione, poiché sovente cadevano in balia dei singoli e delle loro scelte. Inoltre, i monasteri femminili erano soggette a numerose pressioni d’autorità esterne: i Vescovi, ma anche le famiglie nobili da cui venivano molte monache (si ricordi la vicenda della monaca di Monza narrata dal Manzoni ndr). In questo contesto, Arcangela Biondini, monaca serva di Maria nel monastero di Burano, maturò la convinzione che era necessaria una riforma del suo monastero e dell’intero Ordine, per ritornare alla regola dei Fondatori. per questo, abbandonò il monastero di Burano, di cui era badessa e nel quale vigeva una Regola di Vita sincretica, con elementi presi dalle più svariate famiglie religiose, e si recò ad Arco per dare corpo al suo progetto riformatore. Arcangela Biondini era una grande mistica ed una prolifica scrittrice. Scrisse addirittura un progetto di riforma per l’Ordine dei frati, ispirato ad una povertà reale e ad uno stile di vita orante. Ella era mossa dalla convinzione che la missione di riforma le era stata affidata da Dio stesso.

Come si svolge la vita nel monastero?

La nostra vita è scandita dalla preghiera liturgica. Poi ci sono i diversi tempi: lavoro, preghiera personale, riposo… L’orario è sempre uguale: al mattino, le lodi, al mezzogiorno l’ora media, poi i vespri e l’Eucarestia, fulcro della nostra giornata, e, prima di andare a dormire, la compieta. Il mattino viene dedicato prevalentemente al lavoro, mentre il pomeriggio viene conservato per il tempo personale o gli incontri fraterni. Entro questo quadro, si cerca di andare incontro alle esigenze della singola monaca. Siccome ceniamo alle 20:15, dopo la Messa abbiamo un tempo in cui ci possiamo dedicare ancora al lavoro. Il nostro lavoro comprende sia i lavori domestici, sia il lavoro per vivere, che oggi è dato dalle icone. Fino a poco tempo fa facevamo lavori di cucito su commissione, e ancora adesso riceviamo occasionalmente commissioni di questo tipo. Non sempre si è riusciti ad andare incontro alle esigenze della singola persona: un tempo le celle erano dedicate solo al dormire, mentre grandi erano gli spazi comuni, poiché si viveva sempre insieme. L’attenzione alla persona è venuta con la cultura odierna e il Concilio ecumenico Vaticano II, che rimarcò l’importanza del singolo, dello studio, della cultura,… Il computer lo usiamo solo per motivi di studio o di necessità. Ora, grazie a internet, possiamo eseguire stando dentro molte operazioni che prima richiedevano di uscire. Questo rende molto più facile la vita nella clausura.

Come si diventa monaca serva di Maria?

Una ci deve capitare, perché siamo poco conosciute. Innanzitutto si deve stabilire un rapporto di conoscenza fra colei che chiede di entrare e la comunità, attraverso la priora del monastero o la maestra (la monaca incaricata per la formazione delle candidate ndr). Ogni monastero ha le sue consuetudini: ci sono monasteri che fanno entrare subito la candidata, mentre altri domandano di aspettare un po’, consigliando un cammino di frequenza e conoscenza reciproca. Quando l’incaricata decide che i tempi sono maturi, la candidata viene ammessa come probanda per un anno, durante il quale sperimenta a pieno la clausura, rimane dentro, seguita da una maestra, che la accompagna nel cammino. In qualsiasi momento la probanda può abbandonare il cammino, o per scelta personale o perché ritenuta non idonea dalla comunità. Il tempo del probandato può essere anche prolungato oltre un anno. Se, alla fine del probandato, la candidata viene ritenuta idonea, può cominciare il noviziato, che dura due anni, con un programma di studi. Tuttavia, prima che entri, si suggerisce all’aspirante la frequenza di un corso di teologia o di altri corsi di studio, perché una volta dentro, non c’è questa possibilità.

Come si incarna il carisma dei Servi di Maria nella clausura?

Clausura è un termine ambiguo. Dice chiusura, ma l’obiettivo è apertura, comunione col mondo. Quindi è una parola traditrice. Il monastero vuole essere uno spazio di apertura, che si realizza in determinate condizioni. Se uno vuole trovare uno spazio lontano dai “rumori”, che consente di incanalare le proprie energie verso un obiettivo ben specifico, quello spazio è la clausura. Infatti, se l’obiettivo è la ricerca di Dio, devo avere le condizioni, ad esempio, per leggere e riflettere. La riflessione non è un’attività facile, perché richiede un’elaborazione di quanto si muove dentro noi. La clausura facilita tale esercizio, perché riduce le distrazioni. Inoltre, è uno spazio che riduce il più possibile i condizionamenti della vita sociale. Quindi è uno spazio di libertà, che accentua l’aspetto della comunità. Quest’ultima è il punto centrale, perché si accetta di vivere per sempre in una comunità. La clausura è un piccolo campo di battaglia, un mondo concentrato nel cuore del mondo. Chi vuole fuggire dal mondo, sbaglia strada venendo qui, perché va proprio al cuore di ciò da cui fugge. La clausura richiede di andare verso il mondo, alla radice delle cose. Quindi ti appresti ad approfondire il significato della relazione.

Ci parli un po’ di lei: quale è stato il suo percorso? Perché è voluta diventare monaca Serva di santa Maria?

Serva di Maria non lo so perché. Non conoscevo la vita religiosa, non ho mai frequentato parrocchia, gruppi… Ad un certo punto, intorno ai 22 – 23 anni, con un posto di lavoro stabile, mi sono chiesta: “Cos’è la vita?” e vari altri perché. Mi si è aperto un orizzonte vastissimo di scelte, e mi sembrava di restringermi scegliendone una sola. In questo periodo, scoprii l’interesse per la spiritualità. La folgorazione avvenne quando un’amica mi prestò un Vangelo secondo Giovanni con relativo commento. Mi resi conto di non sapere niente del Vangelo e di Gesù. Questo amore di Dio, venuto per salvare, fu una rivelazione. Fu come se mi fosse chiaro perché viviamo, e pensai: “Da Lui vengo, a Lui devo tornare.” In quel periodo, Pier Giorgio (fra Pier Giorgio M. Di Domenico, mio maestro di noviziato ndr), era appena entrato in convento. Inizialmente non me lo spiegavo, poi mi chiesi: “E perché non anche io?” E cosi scelsi la vita religiosa. Ma quale? E allora mi chiesi che cosa fanno le suore. Tantissime cose (scuola, malati,…), ma che io avrei potuto fare anche come laica. Mi sembrava una cosa… fino a che non mi venne in mente la clausura, andare e stare sempre davanti al Signore. Mi sembrava che col rapporti diretto con Lui potevo aiutare di più gli altri, i miei cari,… Con la preghiera posso veramente arrivare a tutti. Più vicina a Dio, più utile al mondo. Quindi mi rivolsi ad un prete, ed era un frate Servo di Maria, lo stesso che aveva avviato mio fratello nell’Ordine. Questi mi inviò al monastero di Colle Fanella (Roma). Mica furono semplici i primi tempi, era tutto nuovo. Quando varcai quel portone, vedendo quelle monache vestite di nero col volto coperto, mi dissi: “È un incubo!” Poi è cominciato il cammino dentro, la formazione. C’era, allora, prevenzione contro la cultura, la maestra aveva riguardo per me, che avevo fatto il classico, e mi dava dei libri. E per me tutto era una scoperta! Tutto mi apriva orizzonti, mi aiutava a capire  le sovrastrutture che mi avevano colpito negativamente. Fra le sorelle ci si dava del lei, c’era molta formalità. Mi sembrava di essere finita nel secolo XIX, con un modo di vivere fuori dal tempo. Mi resi conto che erano contingenze, non toccavano la sostanza. La Parola si incarna nella storia, quindi anche nei limiti umani.

Le monache Serve di Maria sono religiose di voti solenni dedite alla vita contemplativa. Costituiscono il “cuore orante” della Famiglia dei Servi di Maria. In Italia, oltre ad Arco, sono presenti a Roma, Pesaro, Sant’Angelo in Vado (PU), Montecchio Emilia (RE), Verona e Carpenedo (VE).

(A cura di Giacomo Malaguti, novizio servo di Maria)