MarcoBegato125 giugno 2013

L’ordinazione di don Marco. La mia futura vita di prete

Liturgia e muretto

Cari parrocchiani, concittadini e amici, sono tenuto a scrivere due righe su come mi stia preparando all’Ordinazione Sacerdotale del prossimo 22 giugno. Va bene, lo faccio. E vi informo che la preparazione sta avvenendo nel miglior modo possibile, cioè secondo lo stile di don Bosco e quindi fedele allo stile del cattolico qualsiasi: impegno nei propri doveri quotidiani, preghiera e tentativo di mantenersi allegri. Unica particolarità: nei giorni immediatamente precedenti l’Ordinazione, mi ritirerò con alcuni confratelli presso il monastero di madre Canopi. Poi, due giorni dopo l’Ordinazione, riprenderò le attività in oratorio. È tutto.

Che altro potrei dirvi? Potrei parlarvi dell’immaginetta: quale foto, quale motto, quale significato; ma preferisco riservare la spiegazione di questi dettagli per il giorno della prima Messa, in modo che abbiate un motivo in più per essere presenti (comunque un piccolo accenno a fine articolo ve lo concedo).

Vi parlo allora di quali sono i due aspetti sui quali sarò obbligato a imperniare la mia futura vita sacerdotale. Due idee sopravvissute a ormai un decennio di progetti, ideali, qualche freddata, la dura realtà del quotidiano, sogni giovanili e finti allarmi di maturazione, propositi, risoluzioni, compromessi e accomodamenti vari.

Il che significa: sono partito dieci anni fa con cianquanta idee e sono arrivato oggi con due idee. Queste due idee non figuravano nel gruppo delle cianquanta iniziali.

Le due idee sono: liturgia e muretto. Che poi fanno rima baciata –o quasi– con due amici: Benedetto e Francesco.

Partiamo dalla prima e più difficile: liturgia. Definizione a modo mio: “quella cosa che altrimenti nemmeno c’era bisogno di fare il prete”. E già, perché, per quel che mi riguarda, uno il cristiano può farlo benissimo lì dove si trova; non solo: nella mia esperienza vedo aumentare sempre più i laici che si impegnano come educatori, animatori e tutte le altre belle cose in cui una volta noi salesiani eravamo un po’ gli specialisti di settore. Ma poi –vi dirò di più– io è da dieci anni che già mi muovo tra scuole, oratori e ragazzi. Quindi –per dirla brutalmente– a cosa mi serve farmi prete? Me lo sono chiesto, mica tanto per scherzo, negli ultimi 5 o 6 anni. Al “lavoro da cortile” del salesiano l’esser prete non aggiunge un bel niente. Allora a che pro farsi prete? È per avere un po’ di prestigio in più agli occhi della gente? Potrebbe essere. E ogni tanto accade anche questo. Ma ne varrebbe la spesa? Dunque ho deciso: se divento prete, uno dei miei compiti principali deve essere difendere e testimoniare un settore tra i più trascurati, quello della liturgia. Fatta bene, fatta per se stessa. Fatta come mi ha insegnato a farla Benedetto XVI: fatta bella. E perché farla proprio così? Perché attraverso la liturgia ben curata si comunica più efficacemente l’effetto del Sacrificio di Cristo nella nostra vita e nella nostra società. Si scaccia il diavolo (che sia importante liberarsene l’ha detto fin da subito anche Papa Francesco), si convertono i cuori, si accoglie lo Spirito in noi, e allora si può sperare che le cose migliorino. Ah, e poi c’è quel dettaglio della vita eterna. Ammesso che un simile discorso sarebbe più complesso etc. etc., per ora mi accontento di queste righe introduttive. Un solo commento di auto-critica: purtroppo ho la franca impressione che la riforma liturgica di Papa Benedetto XVI sia stata giudicata a dir poco freddamente. Il che significa per me una cosa sola: che mi preparo all’eventualità di essere giudicato freddamente. Questo non avverrà a Meda tra i miei amici, ma potrebbe avvenire altrove. Fa nulla, Papa Francesco ci dice di essere “controcorrente”: e lo saremo. Finché ci riesce.

La seconda idea invece è facile: muretto. Che fa rima con Francesco. Significa buttarsi tra la gente. Non servono nemmeno spiegazioni. Tutti sono subito d’accordo e applaudono. È l’esperienza che un po’ per caso mi è capitato di vivere in quest’anno, andando ogni fine settimana in un paesino senza oratorio, Vasanello, dove di ragazzi ce n’erano a secchiate, ma tutti sparsi per i prati del campo comunale, nei bar, nelle pizzerie etc. Ed è stato sfiancante ma molto intrigante intrufolarsi in quei gruppetti di gioventù ben serrata (soprattutto nelle pizzerie) e diventare pian piano amico un po’ di tutti. Non ne ho convertito nessuno, che mi risulti: Dio pensi! Papa Francesco chiama questo “odore del gregge”. Mi piace. Chissà se ne sarò all’altezza.

Dunque liturgia e muretto. Per me uno non sta in piedi senza l’altro. Mio compito convincere almeno cento persone –di qui a 40 anni– del fatto che liturgia e muretto non sono cose contrapposte tra loro, né sono in sé optional per il cristiano. Don Bosco, se ho ben capito, ha insistito su questo per tutta la sua vita. Su questo e su molte altre cose. Io inizio con questo e poi si vedrà. E speriamo che il programma di Prima Messa non faccia la fine di certi programmi elettorali dalle gambe corte.

Concludo: queste quattro idee le avete sott’occhio anche nell’immaginetta di prima messa. Perché lì trovate il modello dell’adolescente, la croce e il sacrificio, la bottega, una rosa (scegliete voi a che alluda), pellicano e melograno, invocazione a san Michele, legge e amore: fronte e retro. Liturgia e muretto, appunto.

Per ora ho finito. Sono un personaggio monotono e chiedo sempre la stessa cosa: pregate per me. Si fatica a tirare avanti con la preghiera, figuriamoci senza. Aiutatemi un po’ voi da Meda e tutto andrà bene. Grazie. Un abbraccio e a presto.

Autobiografia di Marco Begato

Marco (classe 83) è cresciuto nella Parrocchia di San Giacomo di Meda, dove ha ricevuto i primi sacramenti, ha seguito il catechismo dei fanciulli, è stato chierichetto, incaricato dei foglietti della Messa (un ruolo nobile oggi caduto in disuso) e animatore all’Oratorio Feriale.

A diciassette anni gli impegni di studio al liceo e al conservatorio lo costringono a spostarsi su Como, portandolo a lasciare man mano gli impegni in Parrocchia. Negli stessi anni, in seguito alla lettura di un libro su san Giovanni Bosco, Marco conosce dell’esistenza dei Salesiani di don Bosco, decide di incontrarli e inizia un percorso graduale di crescita nella fede che lo porta a chiedere di diventare confratello salesiano.

Nel 2002 si trasferisce a Milano, dove vive l’anno propedeutico di pre-noviziato. Nel 2003 è a Pinerolo come novizio salesiano e l’8 settembre del medesimo anno emette i voti di castità, povertà e obbedienza come Salesiano di don Bosco a Torino-Valdocco, alla presenza di una degna rappresentanza di parrocchiani. Seguono alcuni anni di studio e di attività, durante i quali approfondisce la scelta di vita consacrata a servizio della gioventù. In questi anni non si parla di sacerdozio: è una meta lontana e non necessaria per un salesiano; in questi anni si parla di voti e di missione giovanile. Dal 2004 al 2009 Marco si sposta tra Nave, Chiari e Brescia, rischiando di diventare cittadino naturalizzato bresciano, ma resistendo il più possibile a simile tentazione. In questo periodo –detto di “tirocinio”– proseguono alcuni cicli di studio e di formazione. Il 16 settembre 2009 i parrocchiani si stringono nuovamente attorno a Marco che, nella chiesa di sant’Agostino a Milano, emette i voti perpetui come Salesiano.

Tre giorni dopo il percorso di studi prosegue con l’avvio dell’istruzione teologica e –questa volta sì– della preparazione al sacerdozio. Siamo a Torino. Trascorrono tre anni di teologia –un frangente di vita molto simile allo stile del seminario– e ha luogo l’Ordinazione diaconale: il 10 giugno 2012 don Marco può salutare nuovamente gli amici che da Meda tornano ad abbracciarlo nei cortili della basilica di Maria Ausiliatrice (la stessa dove Marco aveva professato i primi voti nel 2003).

Come diacono don Marco viene mandato a Roma. Qui conclude alcuni studi e ne inizia altri, ma essenzialmente si occupa di due obiettivi: rendersi conto di essere diventato un diacono e prepararsi a diventare un prete –il che dovrebbe avvenire il prossimo 22 giugno, ancora nella chiesa di sant’Agostino in Milano.

Cosa riservi a don Marco il futuro nessuno lo sa, ma don Marco ha imparato la lezione degli ultimi 10 anni e si sta organizzando per traslochi di ogni tipo. Tanto, sia dove sia, potrà fare sempre il prete e, prima ancora, il salesiano. Contando sull’appoggio dei suoi parrocchiani. Per l’ordinazione episcopale sembra necessario attendere qualche decennio. Perché impari a scrivere in modo serio, qualche millennio.

(d.M.B.)

Con Marco verso il sacerdozio nella sequela di don Bosco

La comunità pastorale S.Crocifisso si appresta, sabato 22 giugno, a festeggiare l’ordinazione sacerdotale di don Marco Begato nella Congregazione dei Salesiani di don Bosco. Con essa gioisce in particolare la parrocchia di San Giacomo, che accoglie il primo figlio sacerdote a 40 anni dalla sua fondazione. In queste pagine i lettori troveranno le parole di don Marco (in uno stile mai banale, a volte quasi irriverente, ma sempre spontaneo e genuino), la sua autobiografia e le immagini che preannunciano il prossimo momento della sua consacrazione al Signore. Tutto attorno c’è la comunità di San Giacomo, grata al Signore per il dono pieno di una vocazione sacerdotale realizzata, dietro il quale si scorge anche il frutto di tante preghiere, sacrifici e testimonianze di 40 anni di cammino parrocchiale.

(www.parrocchiemeda.it)
Postato da: Emilia Flocchini