DIVERSO PARERE - Mondo Voc ottobre 2014                                            Torna al sommario

 

 

CONFRONTO TRA CATTOLICI E LAICI

Un dialogo difficile

Incontro possibile sul piano pratico



Il tema dell'esistenza di Dio, i problemi riguardanti la bioetica e la concezione della vita stessa, ma anche questioni eticamente sensibili, vedono spesso contrapporsi credenti e mondo laico.  Quali sono o possono essere i punti di contatto tra posizioni apparentemente distanti? È evidente che le posizioni su alcune questioni sono e rimarranno lontane. Dove, invece, l'intesa è sicuramente più facile è quello del fare concreto: l’aiuto, cioè che si può e si deve portare insieme a chi soffre ed è in difficoltà, perché la carità non ha colore né patria.

 

 

di Sandro Perrone

 

L'esempio di Francesco

papa_getty_francescoPapa Francesco è certamente un Papa sui generis, molto diverso dalla stereotipo che eravamo abituati a vedere e conoscere, anche se non sono mancati degli esempi illustri, che hanno scalfito un’immagine un po’ ingessata del papato: basti pensare ai due Giovanni Paolo, il secondo soprattutto, che hanno sorpreso la Chiesa e il mondo con la novità delle loro posizioni. Ma Papa Francesco sembra che stia facendo ben altro: più che il Papa, gli piace soprattutto fare il vescovo e il prete, come lui stesso ama dire. 

Una delle cose più nuove è il rapporto con i media: Francesco non ha paura di confrontarsi con persone anche molto lontane dalla fede. Le famose interveste con Eugenio Scalfari ne sono un esempio evidente. Naturalmente, c’è chi applaude e chi si scandalizza. I primi, nella convinzione che il Papa è con loro, i progressisti, la sinistra, la cultura dominante; i secondi, nel rimprovero che il Papa non si dovrebbe sporcare le mani con certa gente: sia ben chiaro per tutti, noi di qua e voi di là, noi nel bene e voi nel male!

 


Un fossato invalicabile? 

Ponte-sullo-strettoMa le cose stanno davvero così? C’è un fossato invalicabile che divide nettamente le due sponde? Oppure è possibile comunque costruire un ponte di condivisione e di dialogo fra le due parti? E come dialogare? Cosa condividere, se non si riesce a mettersi d’accordo nemmeno sul vocabolario da usare? Nei periodi di crisi, nelle epoche di transizione (e quella attuale lo è certamente), è facile cadere nella tentazione degli opposti estremismi: ci si accusa e ci si rimprovera a vicenda d’incomprensione e di arroganza: i laici accusano la Chiesa (e i cattolici) di oscurantismo e d’incapacità di capire ed accettare la modernità; questi a loro volta sono accusati di ogni genere di nefandezze: tutto il male e tutti i guai della vita moderna provengono dall’aver abbandonato Dio e la religione. 

È possibile un dialogo sincero e aperto? Quali sono (o possono o potrebbero essere) i punti di contatto tra posizioni (apparentemente) così distanti? 

È evidente che le posizioni sono molto distanti, se si guarda unicamente ai principi generali, che sostengono l’intera impalcatura delle tesi (contrapposte). Come si può, infatti, conciliare il principio della negazione di Dio con quello della sua esistenza e viceversa? Come, d’altra parte, mettere insieme posizioni che, all’interno dello stesso campo, sono in realtà estremamente distanti e difficili per possibili mediazioni? Basta pensare alla nostra area, il mondo cattolico dove, accanto a posizioni che pure si rifanno alla medesima ispirazione ideale, esistono quelle molto distanti se non proprio inconciliabili: progressisti e tradizionalisti, integralisti intransigenti e dialoganti possibilisti; recentemente, si è accesa l’ennesima polemica, addirittura tra i Cardinali, a proposito della comunione ai separati e divorziati! Ma lo stesso si deve e si può dire anche del mondo laico, con posizioni diverse (e ancora più variegate), in ragione del riferimento a una molteplicità di scuole filosofiche e di tradizioni culturali.

 


La distanza aumenta sulle questioni pratiche

una_giornata_all_insegna_della_difesa_della_vita_10347Se dai principi si scende poi alle questioni pratiche, la distanza non potrebbe essere maggiore: per fare il solo esempio del dialogo/scontro tra la bioetica cattolica e la bioetica laica. Per quest’ultima, tutto è possibile, o quasi, e non vi sono di fatto limiti e divieti che non si possano spostare più avanti o infrangere impunemente. Per la prima, pur nella varietà delle posizioni, di cui si è detto, ben poco margine rimane ad una attività che viene vista, tout court spesso, illecita e/o immorale. Avere una visione esclusivamente materialistica e razionale della vita, comporta ricavare le proprie indicazioni normative attraverso argomentazioni di ordine puramente razionale; mentre la visione teistica, avendo alle proprie spalle un’interpretazione trascendente della realtà, si trova a dedurre, direttamente e in modo dogmatico, le proprie indicazioni normative dalla Rivelazione.

Per fare un esempio concreto, uno dei campi dove l’inconcilibilità è maggiore è quello della categoria della “vita(a partire dalla nascita – e anche prima – fino al suo termine). La contrapposizione è tra due principi considerati radicalmente alternativi: quello che insiste sul carattere di “sacralità” e quello che fa invece leva sul carattere di “qualità. Con la sacralità della vita, si afferma con forza è l’assoluta intangibilità della vita umana dal momento della sua insorgenza, che è fatta coincidere con la fecondazione, fino al momento della sua definitiva cessazione, che coincide con la morte. Di qui il rifiuto di una serie di pratiche – dall’aborto all’uso delle cellule staminali embrionali, dalla fecondazione in vitro all’eutanasia - in quanto compromettono gravemente il rispetto assoluto che si deve ad essa. Con la qualità della vita, l’accento non è posto tanto sulla preservazione, ad ogni costo, della vita biologica, quanto sull’attenzione alla sua qualità umana, al significato che essa possiede in quanto vita personale e relazionale. Il che comporta l’adozione di una serie di trattamenti da mettere in atto in alcune situazioni, fino a giustificare, in casi precisi e a certe condizioni, il ricorso all’aborto e all’eutanasia.

Le due prospettive sono senz’altro diverse. E non vi è dubbio che il tema della qualità si presti, a possibili derive: si pensi al rischio di una riduzione della qualità al mero benessere fisico o economico. Ma non si può dimenticare che anche il principio della sacralità della vita non può prescindere, in alcuni casi (si pensi all’accanimento terapeutico rifiutato anche dai documenti ufficiali della Chiesa) dal ricorso a un criterio qualitativo.

Ma anche chi si rifà al principio della qualità della vita non nega che essa possieda un valore fondamentale e debba essere come tale il più possibile preservata nella sua integrità. Sotto questo profilo, dunque, le convergenze sono maggiori di quanto si potrebbe ritenere, al punto che vi è chi ha proposto il superamento dei due principi e la loro sostituzione con il principio della dignità della vita; principio che assegnerebbe alla vita un valore originario inestimabile e non mancherebbe, nello stesso tempo, di evidenziarne la specificità umana, e dunque l’esigenza di una attenzione peculiare alla sua dimensione personale, perciò al rispetto della sua qualità.

 


I temi “eticamente sensibili

valori_immNella società democratica e pluralista nella quale viviamo, il dialogo s’impone quando bisogna affrontare in campo politico-legislativo questioni “eticamente sensibili” come quelle della bioetica, senza imboccare la sola via del compromesso. C’è la possibilità del dialogo, difficile e faticoso che, se condotto con serietà e con onestà, non può che condurre a risultati positivi per la convivenza civile. Gli ostacoli all’attuazione di tale dialogo sono ancora assai consistenti e ardui da superare. La contrapposizione tra certo clericalismo e certo laicismo altrettanto radicale rende le cose molto più complicate.

L’attivazione di un confronto costruttivo esige il superamento delle opposte posizioni ideologiche, l’abbandono cioè dei pregiudizi fondati su assolutismi dogmatici e preclusivi. Esige il riconoscimento della legittimità delle posizioni altrui e la stima e il rispetto di chi le sostiene. Esige soprattutto la capacità di mettere in discussione i propri punti di vista, nella consapevolezza del limite connaturale a ogni interpretazione della realtà e nella convinzione che è possibile pervenire attraverso il dialogo con altre interpretazioni ad un reciproco arricchimento.

Ma, al di là di queste condizioni, che riguardano di per sé ogni forma di dialogo, il confronto su temi delicati e complessi (come quelli della bioetica) comporta la definizione di una piattaforma comune, la quale non può che essere costituita dalla convergenza attorno ad un’etica della responsabilità; ad un'etica cioè che non procede per deduzioni astratte, ma si impegna a misurare di volta in volta le conseguenze positive e/o negative delle azioni, valutandole nel contesto di un preciso quadro valoriale ed avendo di mira non il bene assoluto ma il bene concretamente possibile in situazione (e accontentandosi talvolta anche del semplice male minore).

 


Il campo del fare concreto

Il discorso è estremamente difficile e complesso ed andrebbe affrontato in ben altra sede. Sia comunque sufficiente l’averlo almeno accennato. Dove, invece, il campo è sicuramente più facile è quello del fare concreto: l’aiuto, cioè che si può e si deve portare insieme, a chi soffre ed è in difficoltà; penso ai migranti, a chi ha perso il lavoro, alle vittime di ogni tipo di violenza. La carità non ha colore né patria: è patrimonio dell’uomo in quanto uomo, per questo tutti sono chiamati a farla, senza trincerarsi dietro barriere e muri divisori di qualunque tipo e specie.

 

 

 

 


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