STORIE DI VITA - Mondo Voc ottobre 2014                                              Torna al sommario

 

 

STORIA DI UN COMUNISTA E DELLA SUA FEDE

La vera rivoluzione

L’infinito che si fa uomo


Da comunista rivoluzionario a credente. La vicenda interiore di Giovanni Lindo Ferretti, che ha ritrovato le sue radici cristiane e il bisogno profondo di Dio.


di Stefania Careddu


GL-Ferretti-AlexMajoli-1Da adolescente ha respirato l’atmosfera della contestazione sessantottina, è stato leader dei “CCCP Fedeli alla linea”, il primo gruppo punk rock italiano. Nei primi anni Ottanta andava in giro con una cresta colorata in testa, la minigonna, le catene e ai piedi gli stivali dell’Armata rossa. Credeva che con la prassi rivoluzionaria si sarebbe potuto costruire sulla terra un regno di pace e di giustizia. Poi, d’un tratto, ha sentito il bisogno di tornare a casa. La sua Cerreto Alpi, sull’appennino tosco-emiliano, ma anche la casa del Padre, quella Chiesa da cui si era allontanato a 14 anni prima di dedicarsi alla sua passione: la musica.
Giovanni Lindo Ferretti oggi è un uomo sereno, consapevole del fatto che la sua vita ha un senso: “mi sento amato, sono stato ripreso per il coppino e ritirato su da un sacco di tombini”, ha confidato l’artista raccontando la sua conversione.

 


La lotta a suon di punk

GL_Ferretti_004“Cresciuto nella mitologia delle rivoluzioni”, Ferretti, che nel 1974 si ritrovò “in Portogallo, armato su una barricata” durante la battaglia che mise fine alla dittatura salazarista, è stato un filosovietico e dunque un anticlericale convinto. “Vedevo la Chiesa come la causa di tutti i mali sociali”, ha ammesso il cantante. Pur avendo ricevuto un’educazione cristiana soprattutto grazie alla nonna, ad un certo punto si lascia avviluppare dal fascino dell’ideologia comunista. “Per lunghi anni ho pensato che l’uomo, con la propria intelligenza e con l’organizzazione di un certo livello di violenza, potesse costruire un luogo di giustizia e pace”, ha rivelato. Non a caso, quando insieme al chitarrista Massimo Zamboni fonda nel 1982 la band, sceglie come nome CCCP che altro non è che l’equivalente della sigla russa SSSR in alfabeto cirillico, che designa l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Il primo successo, “1964-1985 Affinità-divergenze fra il compagno Togliatti e noi – Del conseguimento della maggiore età”, considerato ancora oggi una pietra miliare del punk rock, si ispira ad un volume collettivo di alcuni membri del comitato centrale del Partito comunista cinese. Nel 1987, nel brano “Manifesto” canta: “niente saldi di esistenze, niente saldi di speranze, niente voti alla Madonna”.

Musica e politica sono i binari su cui viaggiano la vita e la carriera di Ferretti, tra successi ed inevitabili sofferenze come ad esempio la morte di tanti amici. Nel 1989 i CCCP vanno in tour in Unione Sovietica e nella capitale suonano in un palazzetto gremito di militari in divisa che si alzano in piedi quando la band intona “A Ja Ljublju SSSR”, che riprende l'inno sovietico. Per Ferretti un momento indimenticabile, prima dello scioglimento del gruppo, coinciso con la caduta del Muro di Berlino. Due anni dopo la nascita dei CSI (Consorzio Suonatori Indipendenti), trasformatisi poi in Pgr (Per Grazia Ricevuta), la cui esperienza artistica termina definitivamente nel 2009.

 

 

Un viaggio dell’anima

A segnare la svolta nell’animo di Ferretti è un viaggio in Mongolia, nel 1996. “L’Asia – ha raccontato in un’intervista a Tempi - mi ha calato in una dimensione opposta rispetto a quella fervente e politicizzata dell’Europa, lì i segni della storia, comunismo compreso, non erano sedimentati. È stata un’esperienza molto forte: mi sono sentito come una creatura, al cospetto di un creatore di cui mi ero dimenticato”. Del resto, ha sottolineato il cantante, “ad una certa età ho perso la fede, ma di sicuro la fede non ha mai perso me”.

 


L’unica vera rivoluzione

vera_rivoluzioneCosì, pian piano, tra le mura della casa di famiglia, sulle montagne, ha riscoperto le sue radici e quel bisogno profondo di Dio. Un cammino non scontato, iniziato con colloquio a cuore aperto con don Guiscardo, il parroco del paese. “La strada più lunga che ho mai percorso è stata quella fino al confessionale”, ha rivelato l’artista. “Ho la certezza – ha detto - che, anche quando ero lontano da Dio, qualcuno ha pregato per me”. “Sono stato un comunista convinto che la giustizia in terra si potesse ottenere con la necessaria volontà e il necessario rigore. Ma l’idealista – ha spiegato a Tempi - corre un rischio: raramente va a verificare nella concretezza ciò che l’idea produce. E io non conosco nessuna idea, tra quelle prodotte unicamente dalla volontà dell’uomo, che abbia generato frutti duraturi. L’ho cercata, non l’ho trovata. Quindi mi sembra ragionevole affidare la mia speranza a Dio, e all’unica rivoluzione che abbia dato linfa vitale alla storia umana: l’infinito che si fa uomo”.

 

 

 

 

 


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