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image00529 giugno 2013

Un dono per un progetto più grande. La testimonianza della mamma di don Gabriele Giorgetti

La vocazione di una mamma

"Ogni bambino che nasce si chiama Domani". Questa é una frase che ripeteva sempre mio padre e, chi avrebbe mai immaginato il "Domani" di Gabriele?! Ricordo come uno dei periodi più sereni della mia vita i nove mesi di attesa. Ero felice e pregavo molto per questo bambino al punto che, pur non avendo fatto ecografie, ero certa sarebbe stato un maschietto. Alcuni anni prima ad Osimo, paese natale di mio suocero, nei Santuario di S. Giuseppe da Copertino, avevo conosciuto padre Gabriele Ferretti con cui poi avevo instaurato un rapporto di amicizia epistolare dal momento che io abitavo a Roma. Mi aveva colpito la sua semplicità e la sua simpatica comunicativa nel parlare del Santo e di Gesù. Poco tempo dopo, purtroppo, mori. E cosi, continuando a ricordarlo nelle mie preghiere, decisi che se avessi avuto un figlio maschio lo avrei chiamato Gabriele. Il 22 settembre 1983 Gabriele arrivò.
Era un bambino sereno, allegro, veramente carino. Frequentò la scuola materna e le elementari all’Istituto S. Giuseppe di via Bazzini. Suor Vittoria era la sua insegnante di scuola materna e Suor Giovanna delle elementari. Molto presto manifestò la passione per tutto ciò che riguardava la Chiesa. A casa prendeva i tovaglioli ricamati, li tagliuzzava per preparare l'altare nella sua camera.
In terza elementare confessava le sue compagne e durante l'intervallo, in giardino, organizzava processioni alla grotta di Lourdes. D'estate a Pian del Voglio, mio cognato in giardino trasformò la casetta degli attrezzi in una chiesetta con campanile con tanto di campana. Ogni pomeriggio Gabriele si metteva i cosiddetti "paramenti" che consistevano in un grembiule nero lungo con sopra una camicia bianca e voleva che tutti noi partecipassimo alla celebrazione della "Messa". Aveva trovato anche la sacrestana, una bimba più piccola, di nome Elisa.
Mi obbligò anche ad andare a comprare in farmacia le ostie che servono per ingerire le medicine. Con esse distribuiva la "Comunione". Noi adulti eravamo un po' perplessi, però lo assecondavamo in questo suo particolare gioco. Per carnevale, da una vicina di casa si fece fare un vero vestito da prete.
In parrocchia era un assiduo chierichetto. Con la parrocchia partecipammo a diversi pellegrinaggi. II primo a Fatima con don Claudio per ringraziare lo scampato pericolo per un grave incidente avvenuto in montagna. Poi a Gerusalemme dove era sempre pronto a seguire don Ferdinando quando c'era da celebrare la S. Messa. Indimenticabile quella nel deserto di pietra. E come non ricordare la caduta di Gabriele nel fiume Giordano, quasi un "secondo Battesimo".
Le medie le frequentò alla scuola Tiepolo. Purtroppo la sua insegnante di lettere e latino non era credente per cui, molte volte, intuendo le simpatie di Gabriele per la Chiesa, lo provocava e sfidava anche in maniera veramente pesante. Gabriele, pur essendo ancora piccolo, a queste provocazioni non si perdeva d'animo e sapeva di fendere le sue idee.
Frequentò poi il liceo Einstein dove conobbe il mitico professor Rana con cui instaurò uno splendido rapporto di stima e amicizia che ancor oggi continua Durante gli anni del liceo fece la stessa esperienza di tutti i suoi coetanei, ma poi capi che i loro divertimenti e i loro obbiettivi non gli bastavano. Cercava qualche cosa d'altro, ma che cosa? Lo scoprì nei 2000 a Roma con Giovanni Paolo II. Tutto fu più chiaro e quella piccola fiammella che aveva iniziato ad ardere da piccolo, quasi inconsciamente per gioco, divenne un grande fuoco. iniziò cosi un periodo di riflessione e di discernimento. Conobbe monsignor Mellera, da cui si recava a confessarsi in Duomo, che lo indirizzò sulla strada che cercava.
A Seveso incontrò altri ragazzi che, come lui, cercavano qualche cosa di più: "Lo sguardo di Gesù". Don Marco Oneta, il rettore, che a volte aveva visto in parrocchia, una splendida persona, fu per lui e per gli altri guida determinante nel cammino che stavano per intraprendere, riuscendo in questi primi due anni a fare in modo che facessero chiarezza. nei loro cuori, creando un gruppo di giovani compatto che sono certa, anche negli anni futuri, sarà luogo di aiuto, sostegno ed ascolto reciproco.
La domenica ci recavamo a Messa in seminario, a Seveso, ed era una gioia incontrare le suore che qui prestavano loro servizio, sempre pronte a sostenere e risolvere ogni problema dei seminaristi. Sembravano delle "piccole fate", non più giovani, ma piene di energia e di dolcezza. Come non ricordare gli occhi azzurri di suor Emilia che ora ha raggiunto in cielo il suo amato sposo Gesù, e poi suor Luigina la sacrista, suor Camilla la "guardarobiera", suor Giovanna addetta all'infermeria, che però girava con le stampelle, e infine suor Francesca la cara Superiora, tutte attente a non far mancare nulla a questi giovani speciali. Per noi mamme che provavamo il primo distacco dai nostri figli, era una tranquillità, perche eravamo certe che quegli "angeli di suorine" ci avrebbero sostituito in modo egregio.
Poi arrivarono gli anni di Venegono ed il distacco si accentuô maggiormente. ll gruppo dei compagni di Gabriele si restrinse, ma il loro entusiasmo non diminuiva, anzi I'esperienza di servizio nelle parrocchie dove erano mandati la domenica, faceva aumentare il loro desiderio di impegnarsi per far conoscere Gesù a tutti quelli che avvicinavano.
Anche se le possibilità di recarci a Venegono erano abbastanza rare a causa degli impegni domenicali dei seminaristi, abbiamo avuto modo di conoscere ed apprezzare delle guide straordinarie: i nuovi educatori e professori.
II grande e carismatico rettore, ora vescovo mons. Mario Delpini, don Angelo, guida spirituale determinante, don Ennio, don Roberto, don Norberto, don Davide ed infine, in questi ultimi anni, mons. Peppino Magi.
Siamo cosi giunti al traguardo finale, anzi ad una nuova "partenza": ora infatti inizia il lungo cammino del "Domani” che spero sia per Gabriele e per i suoi compagni anche se non facile, sicuramente pieno di soddisfazioni e di vittorie, "tenendo sempre fisso lo sguardo su Gesù.
Molto spesso le persone mi chiedono: "Ma Lei é contenta?”.
Ora sì sono molto contenta e orgogliosa, anche se, devo confessare che inizialmente qualche perplessità e tante paure mi assillavano; e mi chiedevo: sarà la sua strada, è tanto giovane, sarà un bravo prete?
II Signore me lo ha donato, ma non per me, per un progetto più grande e spero che lo porti onestamente e fedelmente a compimento con entusiasmo e amore.
Quello che mi resta da fare e che chiedo a tutti voi è di sostenerlo e accompagnarlo nella preghiera.
Ho voluto descrivervi in breve un po' la vita e il cammino di Gabriele in questi anni, visto con i miei occhi. Non posso dimenticare il mio ringraziamento a tutti i sacerdoti che Gabriele ha incontrato in questi anni. Don Ferdinando con cui ha iniziato a servire Messa; e poi don Claudio e don Massimiliano, don Maurizio e don Giorgio, don Angelo e don Gianfranco, infine don Gianluigi che pur essendo arrivato da poco tempo, come nuovo parroco ha dimostrato attenzione ed affetto nei suoi confronti.
Un ultimo grazie: per i miei figli ho sempre pregato il Signore, affinché facessero gli incontri giusti al momento giusto. Questo è avvenuto con I 'arrivo in oratorio, cinque anni fa, di don Federico, che è stato sempre vicino a Gabriele sostenendolo come un fratello maggiore in ogni momento del suo cammino, con affetto e sensibilità, ma anche con la preghiera e l'esempio, l'entusiasmo e la schiettezza di chi "tiene sempre lo sguardo fisso a Gesù”.

(Paola Giorgetti)
Postato da: Carla Azzurro