“SE AMI CIÒ CHE STAI DICENDO QUESTO PASSA ANCHE A CHI TI ASCOLTA”
Catechesi e scelta vocazionale: un’esperienza
Le parole del cuore che sanno incantare
L’autore, partendo dal ricordo della catechista che lo ha preparato alla prima comunione, riflette sui doni che un catechista deve avere per trasmettere ai giovani la gioia della propria vocazione ed aiutarli a scoprire quella personale.
di Graziano Ghisolfi
Aveva fatto la maestra per molti anni ed era ormai in pensione. Giovane e moderna non lo era più. Non era neppure capace di farci giocare, proprio no. Però quando parlava incantava tutti. Quando terminava l’ora di catechismo tutta la classe protestava (anche i più indisciplinati) perché si desiderava che l’incontro proseguisse ancora.
Questa era la catechista che ha preparato me e la mia classe alla Messa di Prima Comunione.
Sapeva raccontare la Bibbia e i contenuti di fede. Ricordo ancora con sorprendente chiarezza i suoi racconti che partivano dall’Antico Testamento (i Patriarchi, Mosè, l’Esodo, la manna nel Deserto, l’Alleanza) per arrivare fino ai Vangeli. Ci parlava della moltiplicazione dei pani e dell’Ultima Cena come se avesse partecipato anche lei a quegli avvenimenti. Per non parlare, poi, di tutta la spiegazione della Messa. Ancora oggi vivo di rendita ricordando come l’aveva spiegata lei.
Sapeva mettere passione nel suo racconto. Si capiva lontano un miglio che quanto stava dicendo era una sua convinzione profonda. Era sicura di quello che spiegava e lo trasmetteva davvero con grande trasporto. Nessuno di noi ha mai avuto la percezione che fingesse o recitasse una parte. Per lei era proprio così. E si vedeva che ne era felice.
Una buona catechesi nutre il cammino di fede personale
Ho voluto ricordare la mia catechista perché per me è sempre stata una figura di riferimento anche in rapporto alla mia vocazione. Lei non l’ha mai saputo, ma lo so io che anche lei mi è stata di aiuto nel rispondere alla chiamata a diventare prete.
È così: la catechesi gioca un ruolo importante nel cammino di fede personale e la figura del catechista può essere determinante.
Se diamo uno sguardo sommario all’esperienza catechistica nelle nostre parrocchie, per quanto riguarda i contenuti da trasmettere siamo in una botte di ferro: catechismi e sussidi vari legati ai vari archi di età ci propongono materiale sicuro ed esauriente a cui attingere. Più problematico è l’aspetto delle persone, chi trasmette questi contenuti.
Vivere in pienezza la vocazione di catechisti
Non voglio cimentarmi nella descrizione perfetta della figura del catechista. Mi permetto soltanto di segnalare qualche piccola esigenza, partendo proprio dalla mia esperienza. Il catechista deve essere persona di fede. Ciascuno è sempre in cammino e in continuo stato di conversione, però è necessario che ci sia già una scelta per Dio adulta e matura.
Il catechista deve saper comunicare. Quello che è chiamato a trasmettere deve essere diventato così “suo” che il comunicarlo agli altri dovrebbe scaturire come normale prosecuzione di una ricerca personale.
Il catechista deve saper appassionare. Se ami quello che stai dicendo questo passa anche a chi ti ascolta.
Il catechista vive in pienezza la sua vocazione. I nostri ragazzi hanno bisogno di vedere vocazioni realizzate. Devono avere davanti a sé la figura del sacerdote, della religiosa, dei consacrati e delle persone sposate. A questo proposito: sarebbe bello che le persone sposate che fanno catechesi la facessero in coppia, non da soli. Solo così le giovani generazioni possono avere davanti anche la vocazione al matrimonio, altrimenti vedono solo persone singole che sembrano non avere vocazione.
Ciascuno scopre e apprezza la sua vocazione quando vede che gli altri componenti della comunità vivono in pienezza la propria, qualunque essa sia.
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