ATTUALITÀ - Mondo Voc agosto-settembre 2013 Torna al sommario
La partita della vita
Una continuità di affetto e di contenuti lega il messaggio di Benedetto XVI per la GMG con le parole di Papa Francesco nelle giornate di Rio de Janeiro. Oggi la Chiesa deve puntare soprattutto sull’energia e la creatività dei giovani per l’annuncio del Vangelo ad un mondo che sembra distratto, disinteressato e lontano da Cristo.
di Salvatore Izzo
Dopo aver accolto Papa Francesco con uno straordinario calore latino, i ragazzi della Giornata Mondiale della Gioventù di Rio de Janeiro hanno riservato un lungo applauso a Benedetto XVI. Sulla spiaggia di Copacabana è stato uno dei momenti più intensi: quando il successore lo ha citato – confidando di essere stato da lui al monastero Mater Ecclesiae, prima di partire, e di aver ricevuto l’assicurazione delle sue preghiere per il grande raduno e la promessa di seguirlo in tv – milioni di giovani brasiliani e di altri 177 paesi hanno espresso così la loro gratitudine sincera per l’invito, ricevuto dal Papa Emerito, “a partecipare a questo importante appuntamento”.
“La celebre statua del Cristo Redentore, che domina quella bella città brasiliana, ne sarà il simbolo eloquente: le sue braccia aperte sono il segno dell’accoglienza che il Signore riserverà a tutti coloro che verranno a Lui e il suo cuore raffigura l’immenso amore che Egli ha per ciascuno e per ciascuna di voi”, ha scritto Benedetto nell’ottobre scorso, nel messaggio sul tema della Gmg: “Andate e fate discepoli tutti i popoli!”, che rappresenta “la grande esortazione missionaria che Cristo ha lasciato alla Chiesa intera e che rimane attuale ancora oggi, dopo duemila anni”.
Quell’invito a “fare confusione”
“Ora questo mandato deve risuonare con forza nel vostro cuore”, ecco la raccomandazione di Joseph Ratzinger rimasta come dono alla sterminata folla dei ragazzi di Rio, insieme alla riaffermazione che “l’evangelizzazione parte sempre dall’incontro con il Signore Gesù: chi si è avvicinato a Lui e ha fatto esperienza del suo amore vuole subito condividere la bellezza di questo incontro e la gioia che nasce da questa amicizia. Più conosciamo Cristo, più desideriamo annunciarlo. Più parliamo con Lui, più desideriamo parlare di Lui. Più ne siamo conquistati, più desideriamo condurre gli altri a Lui”.
Parole riprese e approfondite da Francesco nei diversi momenti dell’incontro, a partire dall’invito, rivolto ai ragazzi argentini della Gmg, a “fare confusione” per svegliare una Chiesa che rischia di impigrirsi. “Tutti siamo tentati di metterci al centro, di credere che siamo solo noi a costruire la nostra vita o che essa sia resa felice dal possedere, dai soldi, dal potere. Ma non è così: l’avere, il denaro, il potere possono dare un momento di ebbrezza, l’illusione di essere felici, ma alla fine sono essi che ci possiedono e ci spingono ad avere sempre di più, a non essere mai sazi”, ha poi spiegato nella cerimonia di benvenuto, invitando ciascuno dei ragazzi a interrogarsi con sincerità: in chi riponiamo la nostra fiducia? In noi stessi, nelle cose, o in Gesù?”.
“Se 'Metti Cristo' nella tua vita, riponi in Lui la tua fiducia, allora – ha assicurato – non sarai mai deluso. Nell’Anno della Fede questa Giornata Mondiale della Gioventù è proprio un dono che ci viene offerto per avvicinarsi ancora di più al Signore, per essere suoi discepoli e suoi missionari, per lasciare che Lui rinnovi la nostra vita”.
La fede è rivoluzionaria
“La fede è rivoluzionaria, il cristianesimo è rivoluzionario”, ha ripetuto Francesco, per il quale “la fede compie nella nostra vita una rivoluzione che potremmo chiamare copernicana, perché ci toglie dal centro e lo ridona a Dio; la fede ci immerge nel suo amore che ci dà sicurezza, forza, speranza”. “All’apparenza – ha sottolineato il Pontefice – non cambia nulla, ma nel più profondo di noi stessi tutto cambia”. “Nel nostro cuore – infatti – dimora la pace, la dolcezza, la tenerezza, il coraggio, la serenità e la gioia, che sono i frutti dello Spirito Santo e la nostra esistenza si trasforma, il nostro modo di pensare e di agire si rinnova, diventa il modo di pensare e di agire di Gesù, di Dio”. Si tratta però di essere “un terreno buono, cristiani non part-time, non inamidati, di facciata, ma autentici”.
Francesco d’Assisi, ha ricordato il Pontefice che per la prima volta nella storia porta il suo nome, ricevette da Dio il comando: “Va e ripara la mia casa”, e la sua generosa risposta a questa particolare chiamata è un modello per i giovani di tutto il mondo. “Piano piano comprese che si trattava di mettersi a servizio della Chiesa, amandola e lavorando perché in essa si riflettesse sempre più il Volto di Cristo. Anche oggi il Signore continua ad avere bisogno di voi giovani per la sua Chiesa. Anche oggi chiama ciascuno di voi a seguirlo nella sua Chiesa e ad essere missionari”, ha scandito Bergoglio prendendo spunto per questa riflessione sul Poverello di Assisi dalla coreografia della Veglia che proponeva appunto la costruzione di una chiesa sul palco papale attraverso una danza suggestiva (di ragazzi in saio francescano) e poi la collocazione di travi di legno fino a formare lo scheletro di una piccola chiesa.
“Non abbiate paura”
Un’altra immagine evocata dal Papa è stata quella del calcio che “in Brasile, come in altri Paesi, è una passione nazionale”. “Gesù – ha detto – ci chiede di seguirlo per tutta la vita, ci chiede di essere suoi discepoli, di giocare nella sua squadra”. Ma quando un giocatore viene convocato, ha sottolineato, “deve allenarsi, e allenarsi molto” e “così è nella nostra vita di discepoli del Signore”. Gesù, ha scandito il Papa, “ci offre qualcosa di superiore della Coppa del Mondo. Ci chiede – però – di allenarci per essere in forma, per affrontare senza paura tutte le situazioni della vita, testimoniando la nostra fede”. “Non abbiate paura di andare e portare Cristo in ogni ambiente, fino alle periferie esistenziali, anche a chi sembra più lontano, più indifferente”, ha ripetuto infine il Pontefice nella liturgia conclusiva”.
“Gesù, la Chiesa, il Papa contano su di voi”, ha assicurato alla moltitudine della Gmg di Copacabana. “Qualcuno potrebbe pensare: ‘non ho nessuna preparazione speciale, come posso andare e annunciare il Vangelo?’. Caro amico, la tua paura non è molto diversa da quella di Geremia, un giovane come voi, al quale Dio disse: non avere paura perché io sono con te per proteggerti”, ha detto il Papa citando con enfasi le parole di Giovanni Paolo II “Non abbiate paura!”. “Quando affrontiamo insieme le sfide, allora – ha concluso – siamo forti, scopriamo risorse che non sapevamo di avere”.
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