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STORIE DI SANTITÀ VISSUTA NELLA VITA DI OGNI GIORNO


Senza identità agiografica: SANTI NELL'OMBRA


di Stefania Careddu

 

I loro nomi non sono scritti sul calendario, cioè non sono stati proclamati beati né riconosciuti come santi. Ma sono ugualmente nella gloria di Dio per il modo in cui hanno vissuto e in cui sono morti. Perché hanno scoperto che, come diceva san Tommaso d'Aquino, “la santità non consiste nel sapere molto o meditare molto; il grande segreto della santità consiste nell'amare molto”.

 


Chiara_CorbellaTestimoni di coraggio 

Ed è stata un canto d'amore la vita di Chiara Corbella, la cui storia, qualche mese fa, ha commosso l'Italia intera. Romana di 28 anni, è una di quelle ragazze della cosiddetta “generazione Wojtyla”, cresciuta in parrocchia - raccontano gli amici - “a pane e Gmg”. Per lei, sposata con Enrico Petrillo, le prove iniziano subito dopo il matrimonio quando scopre che la bimba che porta in grembo, Maria, è affetta da una grave malformazione congenita che non le consentirà di vivere. Chiara decide di non abortire, ma di accompagnare la piccola nel passaggio dalla vita terrena “alla nascita in cielo”. 

 
Qualche mese dopo, una nuova gravidanza. Un'altra grande prova. Le ecografie mostrano gravi malformazioni e Chiara, ancora una volta, sceglie di dare alla luce Davide che muore appena nato. Con la forza della fede e la gioia nel cuore, i giovani sposi accolgono la notizia
dell'arrivo di Francesco. Tutto sembra andare per il verso giusto finché, al quinto mese di gravidanza, a Chiara viene diagnosticato un carcinoma alla lingua. Lei non ha dubbi: decide di non mettere in pericolo la vita del suo bimbo. Si sottopone all'intervento e alle sedute di chemioterapia dopo il parto, ma non ce la fa. Il tumore la strappa ad Enrico e al piccolo Francesco il 13 giugno scorso. La sua testimonianza però resta. Indelebile. Come quella di Rita Fedrizzi che rinuncia alle cure per far nascere il terzo figlio, Federico. O di Maria Cristina Cella Mocellin,che rifiuta la chemioterapia per non mettere in pericolo Riccardo. “Mi opposi con tutte le forze a rinunciare a te, tanto che il medico capì già tutto e non aggiunse altro”, raccontava Maria Cristina in una lettera scritta al suo bambino poco prima di morire. E aggiungeva: “Fu quella sera in macchina, di ritorno dall’ospedale, che ti muovesti per la prima volta. Sembrava che mi dicessi: 'grazie mamma che mi vuoi bene!' E come potevamo non volertene? Tu sei prezioso e quando ti guardo e ti vedo così bello, vispo, simpatico, penso che non c’è sofferenza al mondo che non valga la pena di sopportare per un figlio”.

Fabrizio-SchneiderStorie di santi comuni, dei giorni nostri. Persone che – come diceva Madre Teresa di Calcutta – hanno scelto la via della santità nelle piccole cose. Giovani, madri di famiglia, laici impegnati, sacerdoti: uomini e donne che hanno incarnato il Vangelo di Gesù. Ne è un esempio Fabrizio Schneider, portavoce di De Gasperi, giornalista e poeta, ma soprattutto cristiano autentico. Insieme alla moglie Diò, ha vissuto all'insegna della generosità, aprendo le porte della sua casa romana a chi ne aveva bisogno e dando alla figlia Fabiola quattro fratelli adottivi. La profondità della fede di Schneider traspare dalle sue stesse parole, confidate dopo l'adozione di una piccola focomelica: “quando siamo partiti in aereo da Catania, stringevo tra le mie braccia quella bimba e provavo una gioia inesprimibile; mi sembrava di avere con me Gesù Bambino”.


Del resto, l'amore non è per se stessi, spinge ad alzare la testa e a fare qualcosa per gli altri. A costo di morire. Don Peppino Diana è stato assassinato il 19 marzo 1994 nella sacrestia della chiesa di San Nicola di Bari a Casal di Principe, in provincia di Caserta, mentre si preparava a celebrare la Messa. Cinque proiettili sparati da un killer gli stroncano la vita, ma il suo impegno religioso e civile contro la camorra lascia un segno profondo nella comunità campana e in quella di tutta Italia.

 


Testimoni d’amore  

don_Luigi_Di_LiegroNon si può amare a distanza, restando fuori dalla mischia, senza sporcarsi le mani, ma soprattutto non si può amare senza condividere", ripeteva don Luigi Di Liegro, fondatore e anima della Caritas diocesana di Roma. Coinvolgendo migliaia di volontari, portò avanti una battaglia contro l'emarginazione, la povertà, il degrado e la malattia. Grazie al suo impegno, sorsero centri d'ascolto, ambulatori, mense e ostelli che ancora oggi sono un punto di riferimento per i bisognosi e i senza fissa dimora.

Ha speso la sua vita per gli ultimi anche don Oreste Benzi. Le 200 case famiglia, le 6 case di preghiera, le 7 case di fraternità, le 15 cooperative sociali, i 6 centri diurni per persone con gravi handicap, le 32 comunità terapeutiche per il recupero dei tossicodipendenti ed una “Capanna di Betlemme” per i barboni sono opere che danno un'idea concreta della santità di don Benzi.


Inaugurando una mostra fotografica allestita dalla Comunità Papa Giovanni XXIII (fondata dal prete famoso per la tonaca lisa e il grande sorriso), ad un anno dalla morte di don Oreste, il cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, riferì uno scambio di battute tra lui e il sacerdote riminese. “Don Oreste, tu sei un santo”, disse il porporato. “Eminenza non dica mai più queste parole! Io sono lo scarabocchio di Dio”, fu la replica di don Benzi.



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