ATTUALITÀ - Mondo Voc maggio 2012 Torna al sommario
Come si fa ad incontrare e a riconoscere Dio?
Tutti i giovani vorrebbero
INCONTRARE DIO
Vuoi per parlargli o per sfogarsi, sia per ringraziarlo o anche per rimproverarlo, possiamo dire che tutti i giovani vorrebbero incontrare Dio. In gioventù è proprio rara la vera e propria indifferenza di chi non ne vuol sapere nulla, o almeno senza che questa nasconda il tacito desiderio di comunicare con Lui, anche solo per qualche istante.
di Santi Scibilia
I giovani di oggi sono ancora alla ricerca di Dio, solo che non lo cercano nei luoghi dove a noi preti o operatori pastorali sembrerebbe logico cercarlo. Sicuramente non lo cercano nelle chiese, né tanto meno durante le sante Messe o nelle celebrazioni, cose tutte che invece rifuggono con tutte le forze non appena riescono a superare magari le pressioni di genitori molto praticanti. In questi casi l'errore sarebbe quello di pensare che a giovani disinteressati della liturgia non interessi niente di Dio: non è così.
La domanda principale che ogni giovane vorrebbe rivolgere a Dio è sintetizzabile in una sola parola: "Perché?". Così iniziano domande del tipo: "Perché ci hai creati?", "Perché la sofferenza?", "Perché la morte?". Un'altra domanda fondamentale, la stessa cui anche noi vorremmo rispondere in queste poche righe, è questa: "Dove sei?". Questo interrogativo dice tutta la difficoltà di doversi rapportare con un Dio invisibile, apparentemente assente, ma che non manca di darci segni della sua presenza nelle cose che succedono, nel nostro intimo, nella gioia, nella sofferenza, tanto che, a volte, a molti sembra innegabile che ci sia un Qualcosa o un Qualcuno.
Verrebbe dunque da chiedersi come si fa a riconoscere la presenza di Dio, poiché un giovane questa domanda se la fa più spesso di quanto non si pensi. Diremo che la presenza di Dio non è mai esplicita e questo, probabilmente, per il Suo preciso volere di rispettare il nostro spazio e di non imporsi come unica, sola ed irrifiutabile alternativa delle nostre scelte.
Se Dio, infatti, si manifestasse con tutta la Sua gloria anche noi ci confonderemmo come Pietro che, sul monte, voleva far mettere le tende al Signore pur di non doversi più separare da quella visione beatifica. Dio invece preferisce parlarci tra le pieghe della ordinarietà lasciando ampio margine alla nostra possibilità di scegliere il bene od il male, di seguirlo o rifiutarlo.
Dio è presente tutte le volte che sentiamo il morso della nostra coscienza che si ribella alle ingiustizie. Dio si fa vivo in quella nostra troppo spesso mal celata inquietudine interiore che non ci permette di essere mai veramente realizzati, o definitivamente "arrivati", neppure quando ottenessimo obiettivi che avevamo lungamente desiderato.
Per troppo poco tempo, su questa terra, dura la felicità, anzi, sembra quasi che quanto più essa è vera tanto più alto è il rischio di vederla improvvisamente sfumare. Una felicità che, platonicamente, sembra ombra di una felicità vera che ora solo intravediamo.
Dio comunica con noi quando un povero ci tende la mano e, mettendoci a disagio, ci chiede quanto basta per mangiare per quel giorno soltanto, scoprendo a noi stessi l'assurdità di un mondo sordo alle vere necessità di chi soffre.
Anche se quasi nessuno riesce a vederlo, Dio è presente anche sul punto di morte o a quei funerali dove tutti piangono un corpo senza vita, quando l'anima di chi non c'è più si trova finalmente tra le braccia di chi è all'origine di ogni vita.
Se i giovani si chiedono ancora se Dio c'è, non lo fanno perché non ci credono, ma solo perché, al di là dei ragionamenti, per chi ha orecchi da intendere, ogni filo d'erba di questo straordinario creato ne è eloquente testimone.
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