ATTUALITÀ - Mondo Voc maggio 2012 Torna al sommario
I giovani e il loro bisogno di Dio.
Una vita vissuta lontana da Dio è vuota!
Sugli autobus di Londra, Barcellona, Genova è apparsa una scritta: “La cattiva notizia è che Dio non esiste; quella buona è che non ne hai bisogno!”. L’uomo è riuscito pian piano a buttare fuori Dio dalla sua vita. Ma se Dio è creatore (e provvidente), negare Dio significa negare se stessi, la propria identità, la natura profonda del nostro essere. Negare Dio è negare l’uomo, la sua umanità ed essenza. Senza Dio, l’uomo non è. Per gonfiare un palloncino basta un po’ di aria. Per riempire il cuore dell’uomo occorre l’infinito, altrimenti rimane vuoto. Solo Dio fa piena la vita dell’uomo.
di Sandro Perrone
Il 10 settembre 2006 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) ha celebrato la Giornata mondiale della prevenzione del suicidio. Negli U.S.A. il suicidio è la prima causa di morte tra gli adolescenti; in Italia è preceduto solo dagli incidenti stradali. Il pensiero del suicidio, nel nostro Paese, attraversa le menti del 4% dei giovani tra i 15 e i 24 anni. I mass-media non esitano a dare particolare risalto a eventi di questo genere, descrivendoli con dovizia di particolari e circondandoli di un alone “romanzato”; eppure, al di là dei luoghi c omuni, sembra impossibile, persino per gli esperti, comprendere appieno le ragioni di una scelta tanto estrema. Ed irreversibile. In effetti, parlare di suicidio giovanile sembrerebbe una contraddizione, mentre i numeri smentiscono questa convinzione. Nella sola area della provincia di Milano, ogni anno si registrano 1.000-1.500 casi. Non si tratta di eccezioni ma di una emergenza nascosta e negata. Perché?
“Mi fa schifo vivere così, però non dimenticatemi”: questo l’annuncio di un ragazzo veneto di 17 anni lasciato su facebook. Ha scelto la rete per dire al mondo che voleva farla finita, poi si è gettato nelle acque del Piave. L.F., giovane di un paesino del ricco Veneto ha scritto on line ciò che avrebbe fatto e poi lo ha messo in pratica. Ha raggiunto un ponte a San Donà di Piave, è sceso dal motorino e si è buttato nel fiume morendo poco dopo annegato.
In questi tempi di crisi economica galoppante, sono due al giorno gli imprenditori disperati che si tolgono la vita. E ignoriamo tutti quelli che, in silenzio, si lasciano scivolare nella morte prematura, scelta e realizzata. Ma sono soprattutto i giovani quelli che lasciano il segno più forte e incaccellabile. Se la giovinezza è l’età della speranza, della progettualità, dell’entusiasmo, come si spiega questa apparente contraddizione?
Forse è necessario fare un passo indietro. Sant’Agostinio, nelle Confessioni, ha scritto il celebre aforisma: Ci hai fatti per Te, Signore, e il nostro cuore non ha pace finché non riposi in Te. Probabilmente oggi al cuore inquieto dovremmo aggiungere il cuore vuoto. Dopo un lungo cammino, iniziato con il Rinascimento italiano, proseguito con l’Illuminismo e il Positivismo, rafforzato dai vari totalitarismi del secolo breve, siamo finalmente giunti alla conclusione di non aver bisogno di Dio: Dio è inutile, anzi pericoloso! Un famigerato best seller di Christopher Hitchens ha per titolo: Dio non è grande. Come la religione avvelena ogni cosa. Sugli autobus di Londra, Barcellona, Genova è apparsa una scritta: “La cattiva notizia è che Dio non esiste; quella buona è che non ne hai bisogno!” L’uomo è riuscito finalmente a buttare fuori Dio dalla sua vita.
Ma se Dio è creatore (e provvidente), negare Dio significa semplicemente negare se stessi, la propria identità, la natura profonda del nostro essere, fatto “a immagine e somiglianza” di Dio. Negare Dio è negare l’uomo, la sua umanità ed essenza. Senza Dio, l’uomo non è. O meglio, è ma a livello sub-umano, animale. Se l’uomo è fatto a immagine di Dio, senza Dio è vuoto, è povero, è niente. Quale meraviglia che l’anello debole della catena, i giovani, si spezzi facilmente, rifugiandosi nella droga, nello sballo, nella superstizione e, addirittura, nella morte? Questi cattivi maestri non si rendono conto che non stanno liberando i giovani (dalla fede, la religione, da Dio), ma li stanno rendendo schiavi dell’infelicità, della disperazione, del nulla. “Avevo vent’anni. Non permetterò mai a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita”. Così si intitola uno dei più straordinari e disperati libri, mai scritti da un giovane. L’autore è Paul Nizan, un brillante ragazzo parigino. Morto a 35 anni nel 1940
Gesù ha detto: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10), che si potrebbe anche tradurre: io dono agli uomini che mi accolgono la pienezza della vita, una vita piena di cose buone: la speranza, la gioia, la solidarietà, l’amore verso i piccoli e i poveri; vi offro una vita colma di senso e di significato, fatta di pace e di giustizia, di misericordia e di perdono, ma anche di persecuzioni e di incomprensioni da parte del mondo; una vita in cui è più importante l’essere che non l’avere, è più bello dare che non ricevere, offrire più che accaparrare: cose tutte che non esistono senza Dio. Massimiliano Kolbe lo ha capito e perciò propone all’incredulo kapò tedesco di prendere il posto di un condannato a morte; Annibale Di Francia lascia la nobiltà e l’agiatezza, per chiudersi in un ghetto di miseria morale e materiale; migliaia, milioni di ragazzi e di ragazze di tutti i tempi e di tutti i luoghi hanno sentito e senstono il fascino irresistibile di una vita donata per il Vangelo, una vita piena di senso, vissuta nel dono totale di sé agli altri, non sprecata in una discoteca o distrutta da una siringa; giovani che hanno ascoltato la parola di Cristo, l’hanno accolta e realizzata: se hai Dio hai tutto; ma se hai tutto e non hai Dio, non hai niente.
Per gonfiare un palloncino basta un po’ di aria. Per riempire il cuore dell’uomo occorre l’infinito, altrimenti rimane vuoto. Solo Dio fa piena la vita dell’uomo.
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