DIVERSO PARERE - Mondo Voc aprile 2012 Torna al sommario
Le peculiarità di una famiglia cristiana
Una famiglia cristiana è una famiglia che non si accontenta, fondata sull’amore, in continua formazione ed ha come bussola la Parola di Dio.
di Aldo Maria Valli
Che cosa vuol dire oggi essere una famiglia cristiana? Io credo, se posso usare uno slogan, che voglia dire soprattutto una cosa: non accontentarsi.
Non accontentarsi del sistema economico-commerciale che considera la famiglia soltanto uno strumento nelle mani della mentalità consumistica.
Non accontentarsi dell’atmosfera culturale che vede nella famiglia, al più, un reperto del passato, al quale guardare con tenerezza, e un modello inevitabilmente superato da nuove forme di convivenza.
Non accontentarsi dei mass media, che spesso prendono in considerazione la famiglia nei suoi aspetti più superficiali, a scopo di divertimento, oppure per farne un teatrino delle nuove nevrosi e delle nuove tendenze morali e sociali.
Non accontentarsi di uno Stato che considera la famiglia solo come serbatoio dal quale prelevare risorse economiche e umane, senza mai dare in cambio assistenza e riconoscimento.
Non accontentarsi del modo di vivere delle famiglie stesse, che in molti casi si comportano come agglomerati di persone, prive di senso della comunità.
Per non accontentarsi occorre avere una visione alta della famiglia e nutrirla di contenuti, con la testimonianza. Quando dico “alta” non intendo supponente o altezzosa. Intendo consapevole della propria bellezza, del proprio essere espressione e riflesso dell’amore di Dio.
Ecco, la parola centrale è proprio questa: amore.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore”.
Mi sembra molto bella ed efficace questa espressione: rimanete nel mio amore. Ecco che cosa deve fare e che cosa deve essere la famiglia cristiana. Se lo si fa, se ci lascia trasportare sulla strada dell’amore, in cambio si riceve tanto: “Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”.
Nessuno, dice il Vangelo, ha un amore più grande di chi da’ la propria vita per i propri amici, per le persone alle quali vogliamo bene. Nella famiglia cristiana l’amore dato e ricevuto è il respiro quotidiano. Non è facile, non viene sempre spontaneo. Ci sono i limiti, c’è la fatica, c’è il peccato. Ma se l’ispirazione di fondo è l’amore, la famiglia cristiana esprime una luce particolare, che la distingue e la rende attraente.
Non dobbiamo sentirlo come un peso. La missione dell’amore, anche se umanamente impegnativa, è profondamente liberante: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri”.
I genitori cristiani sono chiamati a esprimere e a trasmettere, con fantasia educativa e lasciandosi educare dagli altri (in primo luogo dai figli) il gusto dell’amore donato e ricevuto.
Volere il bene dell’altro, esprimendo così l’amore di Dio per noi, è quanto di più bello e appassionante ci possa succedere. Facciamo vedere la bellezza della fedeltà e dell’indissolubilità. Facciamo vedere che spendersi nel sacrificio non vuol dire condannarsi alla sofferenza ma rendere sacro il rapporto con l’altro.
Tutto ciò significa andare decisamente controcorrente, e anche questa è un’impresa che merita di essere vissuta in pienezza.
La formazione continua è una componente decisiva. Non riteniamoci al riparo solo perché ci diciamo, genericamente, credenti. Alimentiamo la nostra fede, confrontiamola con la realtà, restiamo vigili, facciamo funzionare il senso critico. Il cristiano è sereno e mite, ma non è arrendevole e facilone. Il cristiano non si lascia incantare dalle sirene del momento. La sua bussola è la Parola di Dio, è l’esempio di Gesù.
La Chiesa è dalla nostra parte, non è un ostacolo sulla strada di un presunto rapporto personale con Dio. Anche in questo caso, occorre testimoniare. Frequentare la Chiesa non come un obbligo, non come una formalità ormai senza significato, ma con gioia, perché da questa frequentazione si ricava la forza per ripartire e si condivide la fede, che non può mai essere un fatto privato.
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