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Nelle parole del Cardinale Ruini, la fotografia del rapporto tra giovani e fede.
“Cristiani non si nasce più, lo si diventa”
Aumenta il numero di ragazzi non credenti e cresce quello dei non praticanti.
La fede non sembra essere un caposaldo nella vita dei nostri giovani. Lo confermano i dati di recenti indagini, ma il fenomeno è in atto già da un decennio. Le cause di questo vuoto sono molteplici ma la risposta sembra essere una soltanto: tornare ad evangelizzare.
di Novella Caterina
“Dio è morto”
Se i giovani si stanno allontanando dalla fede, per qualcuno il problema sta nella scarsa credibilità morale della Chiesa. Per altri il vero problema è la famiglia, incapace di trasmettere, tra le tante cose, anche la fede ai ragazzi (Mario Pollo, “Il volto giovane della ricerca di Dio”). Altri ancora inquadrano il problema in termini storico/filosofici, riconducendolo alla società fortemente secolarizzata, in cui l’adagio nietzschiano “Dio è morto” sembra essere tornato di moda, dopo un periodo di rafforzamento del sentimento religioso (decennio ’90 – 2000) dovuto in parte al fallimento delle ideologie politiche fautrici del laicismo e dell’ateismo, dall’altro alla delusione scaturita dalla scoperta dell’incapacità della scienza a spiegare tutto e portare all’uomo benessere e felicità (spunti tratti dal testo di Aurelio Penna “Scienza e fede nel terzo millennio”).
Un fenomeno del nuovo millennio
I segnali della crisi incipiente, soprattutto tra i giovani, li intuisce tra i primi il Cardinale Ruini leggendo gli esiti di un’indagine, commissionata da lui stesso, sul fervore religioso giovanile, che gli era parso di riscontrare tra le migliaia di papaboys riunitosi a Roma intorno al Santo Padre, in occasione dell’Anno Santo del 2000.
Già allora (2003) i dati sembrarono allarmanti. Solo 1 ragazzo su 10 dichiarava di appartenere ad un gruppo cattolico, di questi il 12% si diceva però dubbioso circa l’esistenza di Dio. Ancora più evanescente la sua immagine tra i non praticanti. Quasi tutti concordi invece nel credere in una vita dopo la morte ma con motivazioni di opportunità, indice di paura rispetto al tema angoscioso del trapasso. Lo scetticismo dilagava quando si citavano inferno, purgatorio e paradiso. Se quest’ultimo aveva ancora un minimo di credito, non così per gli altri due reputati mere invenzioni. Infine, sulla partecipazione alla Messa, le ragazze risultavano più praticanti dei maschi.
La fede tra i ragazzi maggiorenni
A distanza di 10 anni, il trend non cambia. Lo confermano i dati di un’indagine condotta dallo Iard di Milano intitolata “I giovani di fronte al futuro e alla vita, con e senza fede” e rivolta a ragazzi di età compresa tra i 18 e i 29 anni.
Se l’80% degli intervistati ammette di sentire molto il tema del sacro, solo il 15% si dichiara praticante, contro il 18,1% rilevato nel 2004. In aumento i credenti che non si identificano in alcuna confessione religiosa (22,8% contro il 12,3% del 2004). Aumenta anche, di circa 3 punti percentuali, la percentuale di non credenti che passa dal 18,7% del 2004 al 21,8% odierno e che riconosce il primato della scienza sulla religione.
Si definiscono cattolici poco più di 50 ragazzi su 100. Il 30% di loro però ha poca fiducia nella Chiesa e nei sacerdoti soprattutto. Poco gradita anche l’influenza esercitata nelle questioni temporali. Il 60% del campione intervistato ritiene che la Chiesa non dovrebbe in alcun modo interferire e condizionare le leggi dello Stato, elemento che sottolinea come il suo ruolo sia relegato dai giovani a questioni meramente spirituali, ma non morali. La religione risulta essere infatti sempre meno un riferimento in questo ambito, anche a seguito dei recenti fatti di cronaca legati alla pedofilia. Tant’è che non fanno proseliti le posizioni della Chiesa sui temi di bioetica. Alte sono le percentuali di ragazzi, anche praticanti, che si dichiarano distanti. Il 31% dei praticanti è favorevole alla fecondazione assistita, il 29% all’eutanasia e il 21% all’aborto. Sono invece in linea con la Chiesa sulla pena di morte, l’adozione da parte di coppie omosessuali e la liberalizzazione delle droghe leggere, dichiarandosi in larga parte contrari (praticanti e non, credenti e non).
Sul tema più specifico della fede, cresce di 12 punti percentuali il numero dei ragazzi che definiscono la propria quasi nulla (il 36% contro il 24% del 2004). Di contro diminuisce il numero di ragazzi che dichiarano di avere una fede forte e radicata (oggi sono il 31,8% mentre 5 anni prima erano il 41,1%).
I dati dei bambini e degli adolescenti
Ancora più preoccupanti i dati che emergono dal decimo rapporto Eurispes -Telefono Azzurro sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia. L’indagine in questo caso ha riguardato i bambini tra i 7 e gli 11 anni e i ragazzi tra i 12 e i 19.
Il 79,6% dei primi si dichiara credente contro il 65,3% dei secondi.
Analizzando i dati più nel dettaglio emerge che sono i bambini tra i 10 e i 12 anni ad essere quelli con un sentimento fideistico più saldo. Parliamo dell’83,8% contro il 76% dei bambini di età compresa tra i 7 e i 9 anni, il cui 14,6% non sa esattamente cosa rispondere alla domanda.
Tra gli adolescenti della fascia 12 – 15 anni, il 10,1% dice di essere non credente e il 19,1% non sa rispondere. Dei ragazzi tra i 16 e i 19 anni, il 60,9% crede in Dio mentre il 19% si dichiara non credente.
Rispetto alla partecipazione alle funzioni religiose, si reca in un luogo di culto tutte le settimane il 32% dei bambini e solo il 14,4% degli adolescenti. Non li frequenta mai il 18% dei primi e il 35,7% dei secondi. Partecipa alla Messa qualche volta soltanto il 45% dei bambini e il 49,7% degli adolescenti.
Sulle motivazioni i bambini hanno risposto per il 29,4% di andare in Chiesa perché li fa stare bene e per il 3,8% per imposizione dei genitori. Il 40,4% ci va per pregare e il 2,1% perché ci vanno gli amici. I ragazzi tra i 12 e i 19 anni vanno in Chiesa perché a loro piace (23,2%), perché “si usa” (30,4%), per far contenti mamme e papà (12,7%).
Tornare ad evangelizzare
A conti fatti sono frequentatori più assidui i bambini, seguiti dai giovani over 18. La fascia più debole su questo fronte sembra essere quella degli adolescenti, mentre sono i ragazzi più maturi (fascia 18 e i 29 anni) quelli che annoverano la percentuale più alta di non credenti.
Ciò che emerge da questi dati è un vacillare della fede tra le giovani generazioni che poco ha a che fare con i normali annebbiamenti che un cattolico, o un credente in generale, può incontrare nel suo cammino religioso. Quello che si percepisce è il vuoto, è un affievolimento costante e progressivo dei valori della cristianità. La sintesi è contenuta nella lapalissiana frase del cardinale Ruini che commentò i risultati dell’indagine su citata con questa espressione “cristiani non si nasce più, lo si diventa. E quindi dobbiamo trarre le conseguenze. Dobbiamo riprendere ad evangelizzare”.
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