LETTERE - Mondo Voc aprile 2011                                                                          Torna al sommario

 


perrone

 


Ma perché non parla mai della vocazione laicale?


Mia figlia è andata a vivere insieme al suo ragazzo.


Che noia certe prediche dei preti!



Risponde Padre Sandro Perrone

 


Ma la vocazione laicale?

Caro Padre, se permette, vorrei farle una critica. Seguo da tempo la vostra rivista, ora anche sul web, e mi sembra che lei “parteggi” un po’ troppo per le cosiddette vocazioni di “speciale consacrazione”. In parrocchia abbiamo avuto un breve corso vocazionale e il sacerdote che l’ha tenuto ci ha spiegato con chiarezza le varie tipologie vocazionali. Ora mi sembra che lei, forse senza accorgersene (o no?), tenda sempre a incoraggiare la vocazione al sacerdozio o alla vita consacrata; mai che abbia una “parola d’incitamento” per la vocazione laicale o, per meglio dire, le vocazioni laicali. Come mai? Spero che non se la prenda.

(Giovanni Paolo, Ivrea)


Caro Giovanni Paolo, anzitutto voglio rassicurarti non essermela presa per niente. Vedi, la risposta è semplice: non faccio delle “prediche”, mi limito a rispondere alle domande che mi vengono poste. Quando verrò interpellato sulla “vocazione laicale”, risponderò ben volentieri. Anzi, approfitto subito dell’occasione che mi offri per dare una prima risposta. La vocazione laicale è di gran lunga la più diffusa e “comune” nella Chiesa. A fronte di circa un milione tra sacerdoti, monaci, consacrati e consacrate, ci sono centinaia e centinai di milioni di laici e laiche, che vivono la loro “vocazione cristiana”, quella battesimale, che è il fondamento e l’origine di tutte le altre vocazioni. E’ stato soprattutto il Concilio Vaticano II a “riscoprire” il valore basilare della vocazione cristiana, quella laicale per l’appunto, dando importanza e prestigio ad una categoria di cristiani che, pur essendo numerosissimi, erano di fatto ai margini della vita della Chiesa. Oggi non è più così, come potrai constatare facilmente. Ti aggiungerò, anzi, che proprio la valorizzazione della vocazione laicale di “essere nel mondo senza essere del mondo”, ha “messo in crisi” in qualche modo le altre due “vocazioni” e in particolare quella “religiosa”, quasi che la propria “missione” ecclesiale e carismatica fosse storicamente terminata, dato che molti compiti e funzioni venivano ad essere eseguiti – forse meglio – dai laici. Questa “confusione” ha creato non pochi problemi e la sua conclusione ancora non si vede. Ma di questo, se vorrai, parleremo un’altra volta.

 

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Mia figlia e la convivenza

Caro Padre, le scrivo anche a nome di mio marito per un problema di cui non si parla molto, mi pare, ma che è diventato sempre più diffuso: la convivenza prematrimoniale. Dirò subito che è un problema che ci riguarda molto da vicino: mia figlia, infatti, è andata a vivere insieme al suo ragazzo. Non le dico il dispiacere e quasi la vergogna per questo fatto. La nostra famiglia, nonostante gli inevitabili limiti e difetti, è profondamente credente e praticante; noi non ci diamo pace per quello che è avvenuto. Dove abbiamo sbagliato? ci chiediamo. A noi sembra di aver fatto tutto il possibile per dare una educazione cristiana, eppure… Siamo angosciati, convinti di aver sbagliato tutto. A cosa sono serviti consigli ed esempi? Se può, mi dia una risposta.

(Valeria, Forlì)


Cara Valeria, anzitutto vorrei rassicurarti che tu e tuo marito non avete sbagliato niente. Volesse il Cielo che ci fossero molte famiglie veramente cristiane, in cui tutti condividono gli stessi ideali ed hanno gli stessi valori; in cui si prega, si ama, si crede, si spera tutti insieme. E allora dove sta l’errore? Cara Valeria, non c’è nessun errore. Ad un certo punto del proprio cammino, ognuno è “libero” di “scegliere” la strada che vuole, anche quella sbagliata o che noi adulti crediamo sbagliata. Tutti sono convinti, i giovani, soprattutto, di avere il “diritto” di “fare le proprie esperienze”, anche se sono pericolose o dannose. Come corollario, poi, non si accettano facilmente né consigli né raccomandazioni, che vengono respinte tranquillamente al mittente. Che fare allora? Ti confido quello che mi ha sempre aiutato in situazioni simili la parola di Gesù. Nel Vangelo di Marco c’è scritto: «Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa» (Mc 4, 26-27). Gesù ci invita ad essere “seminatori” di bene senza stancarci mai e senza curarci degli effetti; il seme, la sua Parola, ha in sé un’intrinseca capacità di crescita e di sviluppo; noi, poveri e piccoli “operai della sua messe”, non sappiamo né il quando né il come; ci è chiesto solo di seminare e di aspettare nella fede e nella speranza. Dio stesso ci assicura «(coglierò) il mio grano, a suo tempo, il mio vino nuovo nella sua stagione» (Os 2, 11).

 

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Le prediche dei preti

Caro Padre, vivo a Roma e mi piace, per abitudine, girare “per chiese e parrocchie” il sabato sera o la domenica. Ho avuto così modo di ascoltare centinaia di prediche da centinaia di preti, italiani e stranieri. Caro padre, lasci che glielo dica: è un pianto greco! Gli stranieri nella maggioranza leggono un foglietto, forse per pausa di sbagliare, come se stessero tenendo una lezione… Gli italiani, magari leggessero! In alcuni sembra che non ci sia collegamento tra cervello e bocca! Ma come fate a predicare così male? Eppure commentate la Parola di Dio! Se ne salvano pochissimi. Provi lei stesso – la sfido – a controllare e guardi soprattutto i fedeli presenti: chi si dice il rosario, chi legge il foglietto, chi controlla il telefonino, chi addirittura dorme… Per favore, fate qualcosa.

(Luciano,Roma)


Caro Luciano, a costo di scandalizzarti, dirò che sei stato perfino troppo buono! E’ incredibile come noi preti riusciamo a sciupare un’occasione come l’omelia, in cui si “spezza il pane della Parola” prima di “spezzare il pane eucaristico”. Molti fedeli hanno l’unica occasione per accostare la Sacra Scrittura durante la Santa Messa e invece di essere aiutati a leggerla, a pregarla, a viverla, sembra quasi che ne siano allontanati. Capisco tutte le possibili giustificazioni (faccio parte anch’io della categoria!), ma francamente è intollerabile che tutto questo continui ad avvenire. Forse l’errore sta nella “preparazione” al sacerdozio: si danno troppe nozioni aridamente teologiche e poche lezioni di vera “pastorale”: come accostare la gente, come trasmettere la ricchezza interiore posseduta (se c’è!), come diventare cristiani adulti e responsabili nella fede e non bambini a cui si può rifilare ogni sciocchezza. Infine, permettimi di togliere un sassolino dalla scarpa: ma ti è mai capitato di andare a dire al prete di turno: “Padre, la sua predica oggi faceva proprio pietà”? Io credo che una simile provocazione “sveglierebbe” più di qualche sacerdote!