Il numero di AGOSTO - SETTEMBRE 2012
affronta il tema
Quando oggi si parla di santità, l’immaginario di tanti passa istintivamente all’idea delle statue, delle processioni, delle candele, dei baci ai piedi delle statue di madonne e santi posti in chiesa, di feste paesane e di beatificazioni in piazza San Pietro. Confondiamo spesso la santità con le nostre devozioni particolari e private.
Paolo VI, invece, amava dire: “Ogni cristiano deve essere un vero cristiano, un perfetto cristiano, perciò ogni cristiano deve essere santo!”.
Essere santi non è, quindi, decollare verso il cielo, ma vivere con i piedi per terra, vivere nella storia, ridere e piangere, proprio come ha fatto Gesù passando in mezzo a noi.
La santità non è un lusso, ma la condizione normale, obbligatoria per un cristiano. E i Santi non sono dei campioni inimitabili, soltanto da ammirare, da considerare eroi fuori dalla nostra portata.
Ha detto qualcuno: “La santità non consiste nel fare cose straordinarie, ma nel fare straordinariamente bene le cose ordinarie”. Vista così, allora, la santità è una possibilità offerta a tutti, e non riservata ad alcune creature privilegiate.
Benedetto XVI in una recente udienza, dal titolo “Santità”, ha ricordato che “tutti siamo chiamati alla santità: è la misura stessa della vita cristiana”.
Dal momento che siamo nati, che siamo stati battezzati, che ci chiamiamo cristiani, siamo chiamati ad essere santi.
Diceva Mendel di Kotzk: “Perché sono al mondo? Per farvi sbocciare la santità”.
Gianni Epifani
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