29 Settembre 2014
Mostrarsi capaci di amare per sempre nonostante tutto
La testimonianza di sposi felici salverà la famiglia
Nei mesi scorsi Carlos Granados, Direttore generale della Biblioteca de Autores Cristianos, ha intervistato Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede su temi di grande attualità, in vista del Sinodo sulla famiglia. L’intervista è stata pubblicata dapprima in Spagna e ora in Italia (La speranza della famiglia, Edizioni Ares).
Oggigiorno, i dati statistici riguardanti i matrimoni sono allarmanti. Il rapporto stabile e duraturo sembra sempre più un’utopia. La certezza di un legame nella buona e nella cattiva sorte è stata scardinata da una legislazione e da una cultura che congiurano contro l’istituzione del matrimonio e che cercano di annientare la consapevolezza del suo valore sacramentale.
Destituito di questo, il matrimonio dura lo spazio di un sogno leggero. Siamo, invece, bombardati in mille modi (dai film ai romanzi, dalle riviste agli articoli giornalistici) da messaggi che inneggiano all’edonismo sfrenato e ad un becero carpe diem. Se apriamo una pagina di internet il termine amore è, spesso, sostituito dalle parole «sesso», «piacere» e «tradimento». Piuttosto che del rapporto matrimoniale si preferisce parlare di convivenze, di rapporti momentanei e fuggevoli. Insomma, oggi è trasgressivo usare la parola «matrimonio».
In questo contesto, afferma Müller, «la sessualità è intesa come semplice piacere, non come possibilità di ricevere e comunicare vita, in seno a una comunione di amore». Con humour Papa Francesco ha ricordato come tante coppie rinunciano alla procreazione che è «il completamento e la perfezione dell’amore coniugale che professano» e preferiscono avere un cane o un gatto in casa (omelia della Messa mattutina celebrata nella Casa di Santa Marta il 2 giugno).
«In alcuni paesi tradizionalmente cristiani, si osserva una progressiva perdita della fede, […] in molti altri luoghi la religione cristiana si è ridotta a un complesso di valori, idee o attività sociali, perdendo ciò che era essenziale e basilare nell’esperienza di fede: l’incontro reale con la figura di Gesù Cristo, Figlio di Dio e il rinnovamento totale dell’uomo nella prospettiva escatologica». Müller rilancia, invece, la proposta della tradizione cristiana, quella dell’amore per sempre che si incarna nella famiglia stabile e duratura. La preparazione al matrimonio deve avvenire fin dall’infanzia e dall’adolescenza e deve diventare «una delle massime priorità educative della pastorale». È proprio la famiglia la speranza per la Chiesa e per il mondo. Nel matrimonio sacramentale, nell’unità degli sposi, apparentemente così fragile, è presente Colui che rende possibile questa unità. Ciò che non è possibile agli uomini in Dio è possibile. C’è così un’analogia tra quell’amore umano che lega un uomo e una donna nel matrimonio fino all’accoglienza dei figli all’amore del Dio cristiano trinitario.
«L’amore è qualcosa di più di un sentimento. L’amore è la volontà della persona di condividere la vita con un’altra e soprattutto di donarsi a lei. L’indissolubilità del matrimonio non dipende dai sentimenti umani, permanenti o transitori» (Müller). Per questo è impossibile sciogliere un matrimonio valido, nessuno, neppure il Papa, ha l’autorità per farlo. L’indissolubilità non «è una mera dottrina, bensì un dogma divino e definito dalla Chiesa».
Per questo, il fine fondamentale del sinodo, secondo Müller, sarà quello di recuperare l’idea sacramentale del matrimonio e della famiglia in modo da dare coraggio e speranza ai giovani. Ma come? Con la testimonianza di coppie sposate felici, di famiglie che vivono con letizia la quotidianità. La più grande povertà appartiene a chi non ha l’occasione di avere davanti a sé genitori che si amano e che si offrono all’altro nella vita e nel servizio. I giovani hanno bisogno di vedere testimoni credibili che documentano che il desiderio di rimanere con l’altro per sempre, che si prova quando si ama, si può realizzare, nelle fatiche e nella quotidianità, grazie alla presenza reale di Cristo nel vincolo del matrimonio. Dalla promessa di fedeltà e di amore che viene pronunciata in chiesa davanti a tutta la comunità, inizia l’avventura del matrimonio. Nel tempo, sempre più, l’amore assume i caratteri della scelta, della memoria di un fatto che ha preso e catturato, di una responsabilità che è un prendersi cura e un’apertura all’altro. Per questo qualsiasi amore e qualsiasi innamoramento passano attraverso il crogiuolo della quotidianità e il matrimonio diventa semplice e spontaneo dono di sé all’altro, alla presenza di quel Tu, Cristo, che li ha chiamati alla strada vocazionale del matrimonio, che è lì nell’unione sacramentale e che porterà a termine le opere avviate dai due sposi. Gli sposi ricevono il sacramento dell’amore e diventano collaboratori di Dio nella creazione dando a Lui dei figli che Lo amino e Lo servano.
Infatti, «al di là di tutti questi amori che ci riempiono la vita» leggiamo nella Bottega dell’orefice di Carol Wojtyla «c’è l’Amore. Lo Sposo passa per questa strada e passa per tutte le strade! Come posso persuaderti che tu sei la Sposa. Bisognerebbe adesso perforare la crosta della tua anima». Per questo, divenuto Papa, Wojtyla continuava ad esortare: «Famiglia, sii ciò che sei». Quanti amori, quanti rapporti, quanti matrimoni finiscono perché nei due sposi non si è approfondita la consapevolezza che il nostro desiderio di felicità non può essere colmato dalla persona che amiamo, ma non per questo lei vale di meno! In quante coppie l’entusiasmo iniziale si illude che il compagno o la compagna sia la risposta all’umana sete di felicità. L’inganno, però, in poco tempo si rivela tale. L’inganno consiste nel considerare il compagno come il fine e la risposta, non come la strada vocazionale con cui siamo chiamati a riconoscere Colui che è l’unica risposta per la sete di felicità dell’uomo, cioè lo Sposo, Cristo.
(di Giovanni Fighera su www.lanuovabq.it)