13 Settembre 2014
Verso il Sinodo sulla famiglia
La realtà del cammino
Discussione aperta. Confronto reale. Sarà effettivamente così? Ormai è prossima l’apertura dei lavori per il Sinodo straordinario dei vescovi sulla famiglia. I 253 partecipanti, resi noti nei giorni scorsi, si riuniranno in assemblea per due settimane a partire dal 5 ottobre. Per il 28 settembre si prepara la giornata di preghiera per il Sinodo. E proprio alla sua vigilia, la sera del 4 ottobre, la Chiesa italiana chiama tutti a San Pietro, per accendere luci, preghiere e riflessioni, attorno e assieme a Papa Francesco.
Intanto una circostanza va registrata. Quasi cinquant’anni fa, il 14 settembre del 1965, al termine del discorso inaugurale dell’ultima sessione del Concilio, Paolo VI rendeva pubblica la sua intenzione di istituire il Sinodo dei vescovi, affermando che sarebbe stato «convocato, secondo i bisogni della Chiesa, dal Romano Pontefice, per sua consultazione e collaborazione, quando per il bene generale della Chiesa ciò sembrerà a lui opportuno».
Da allora si sono svolti diversi sinodi di vescovi, ma solo due straordinari, il terzo, sul tema della famiglia, è quello attuale e chiuderà la prima fase dei lavori proprio in concomitanza con una circostanza particolarmente significativa: la beatificazione di Paolo VI. Una coincidenza che non appare certo casuale se, come faceva osservare Giovanni Paolo II, «la famiglia sta alla base di quella che Paolo VI ha qualificato come civiltà dell’amore, espressione entrata poi nell’insegnamento della Chiesa» e se, proprio nella sinodalità Paolo VI e il Concilio avevano prospettato nel tempo il tracciato fecondo del cammino della Chiesa.
«Ecco, questa è la Chiesa: una grande famiglia in cammino, nella quale si viene accolti», ha più volte ripetuto Papa Francesco nel solco della Scrittura e del magistero segnato da Paolo VI e dal Concilio Vaticano II. Perché la Chiesa è famiglia, dove si vive insieme, e la famiglia è chiesa domestica. Un unico corpo. L’una è nell’altra, l’una si riflette nell’altra. Insieme sono chiamate a trasmettere la vita e l’annuncio della vita buona del Vangelo. Cosa sarebbe la Chiesa senza le famiglie? Non altro che entità estranea alla realtà della vita; come famiglia e con le famiglie la Chiesa è in cammino nella storia.
Chiesa-famiglia-sinodo. Tre termini, quindi, che sono imprescindibilmente legati e che esprimono un comune significato: «L’essere insieme nel divenire» e dunque «il camminare insieme», come indica la radice stessa della parola sinodo. E ciò spiega perché questo trinomio segni il magistero e la visione ecclesiale di Bergoglio; ma anche perché a soli otto mesi dell’inizio del suo ministero abbia voluto indire un sinodo straordinario – quindi urgente – proprio su questo tema e abbia considerato il Concistoro dei cardinali come prima tappa del processo di tale sinodo. Tutti i cardinali convenuti si sono ritrovati, in quell’occasione, assieme al Papa per discutere sul tema della famiglia. Una Chiesa che cammina insieme nelle sue diverse componenti e il Papa in cammino con essa nel discernimento; che è la ricerca della volontà di Dio attraverso una consultazione frequente e paziente. Questa è la natura sinodale della Chiesa così come è stata riconosciuta anche dal Concilio.
L’assemblea sinodale sulla famiglia, è stato annunciato, non si chiuderà a ottobre; con una decisione senza precedenti verrà protratta in successive tappe. Perciò il tratto veramente nuovo e distintivo di questo Sinodo sta proprio nel dinamismo del metodo e nell’esercizio paziente della sinodalità. Senza immettersi nell’orizzonte di tale dinamica non se ne comprendono il significato e gli obiettivi. È quanto ha ribadito più volte il cardinale Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi, sottolineando come «l’assemblea sinodale straordinaria vuole essere reale luogo d’incontro e di riflessione». Niente può essere preconfezionato o tralasciato. Le ferite, le sofferenze, le questioni sono molto ampie e le problematiche della famiglia sono tante. Tutte dovranno essere considerate nei diversi contesti. L’Instrumentum laboris espone realisticamente e senza censure la complessità dei campi di riflessione emersi. E tale varietà non può essere riducibile solo a punti determinati come la comunione ai divorziati. No quindi a riduzioni casuistiche...
E no a soluzioni come prontuari della casistica. «La Chiesa – è stato anche di recente rilevato dal cardinale Kasper – non può essere un castello con un ponte levatoio e le sentinelle poste all’ingresso, né essa è un impero…». Il Papa, dunque, vuole favorire la libera espressione, la discussione aperta, il confronto diretto, la partecipazione. Sollecitare il consiglio e il contributo dei vescovi di tutto il mondo nel luogo di esercizio effettivo della collegialità. E dalla scelta dei 26 membri «ex nominatione pontificia» indubbiamente emerge il rispetto dei diversi orientamenti e delle diverse sensibilità ecclesiali. Si neutralizzeranno così anche eventuali conciliaboli esterni o polarizzazioni che si servono di certi circoli mediatici, i quali a loro volta, come è noto, cercano sempre di imporre chiavi di lettura "politiche" delle dinamiche ecclesiali credendo di lucrare spazi d’influenza. Anche gli interventi delle tredici coppie di coniugi provenienti dalle diverse regioni del mondo – tra le quali si trovano coniugi dalle zone di guerra – dovranno essere ascoltate e tenute in dovuta considerazione. Seppure la loro presenza come uditori al sinodo non sia una novità (erano sedici al precedente sinodo ordinario sulla famiglia istituito nel 1980 da Giovanni Paolo II), certamente le coppie oggi partecipanti costituiscono un numero elevato in un sinodo straordinario di vescovi come quello attuale. Insomma non potrà essere una partita a scacchi dal finale già stabilito. Autentico respiro universale, dottrina, disciplina ma onestà e sincerità nel confronto e nell’ascolto della realtà sono le condizioni richieste. E soprattutto un’unica suprema lex come bussola di orientamento (che non è solo il fine dell’intero orientamento canonico, ma della Chiesa stessa) ed è quella di sempre: la salus animarum.
(Stefania Falasca su www.avvenire.it)