7 giugno 2013
Gli ottant’anni di don Elio sulle orme di Stoppani
Prete del creato
In pochi lo sanno, ma il seminario di Venegono custodisce un piccolo, eppure significativo Museo di Storia Naturale dedicato ad Antonio Stoppani, sacerdote ambrosiano, oltre che grande geologo e paleontologo.
A prendersi cura di questo gioiellino, situato in una stanza al pian terreno dell’ala “ex Liceo”, è don Elio Gentili, 80 anni appena compiuti e una grande passione, coltivata sin da seminarista, per i fossili e per gli insetti. Passione e studio che lo hanno portato a scoprire, dal 1973 in poi, circa 200 nuove specie di insetti appartenenti alla famiglia degli Idrofilidi, troppo piccoli, però, per essere esposti nel museo di Venegono.
Varcata la soglia, si è subito accolti da un leone e da un orso bruno dal fare minaccioso, capaci di incutere timore, ma anche grande interesse, tra i visitatori più piccoli: a quegli animali imbalsamati, manca solo la parola! Ma per fortuna nelle 98 vetrine si incontrano anche animali più rassicuranti e moltissime varietà di insetti, minerali e fossili, continuamente catalogate e risistemate dallo stesso Gentili, direttore del museo dal lontano 1960.
Don Elio, come è nata la sua passione per la natura?
Durante gli anni del Ginnasio al seminario di Seveso ho partecipato ad un concorso che prevedeva la raccolta di insetti, classificandomi secondo. Da allora mi sono appassionato alla natura e quando sono arrivato a Venegono per il Liceo, don Marino Colombo, allora professore di Scienze, mi ha chiesto di dargli una mano con il museo di cui era direttore.
Non avrei mai immaginato di dedicargli tutta la mia vita! Infatti, una volta diventato prete, don Marino mi ha spinto a frequentare la facoltà di Scienze Naturali all’università di Milano, per poter insegnare in Seminario e prendere il suo posto al museo.
A quando risale il museo?
È stato istituito nel 1935 (anno dell’inaugurazione del seminario dedicato a Pio XI) da mons. Cesare Gaffuri, che portò a Venegono il materiale presente al seminario liceale di Monza. Purtroppo, durante il trasloco, alcuni pezzi andarono persi. Il museo doveva servire ai giovani seminaristi per lo studio delle Scienze e don Gaetano Cocquio curò il primo allestimento.
Come mai è dedicato a Stoppani?
Perché è stato un prete ambrosiano ed insegnante in Seminario, oltre che geologo e direttore del Museo Civico di Storia Naturale di Milano dal 1883. Qui a Venegono ci sono parecchi pezzi della sua collezione giovanile, soprattutto fossili del lecchese, sua terra d’origine.
Come è strutturata la sala?
Nelle vetrine centrali e in quelle a muro sono raccolti gli animali, secondo la classificazione convenzionale vertebrati-invertebrati, dunque si va dai carnivori come il lupo, la iena, il leone e l’orso, ai primati come lo scimpanzé, ai palmipedi, agli uccelli. Poi ci sono le vetrine con gli artropodi (farfalle e altri insetti) e i celenterati, come i coralli e le gorgonie. A tutto ciò si aggiungono alcuni pezzi archeologici (vasellame ed altri ex voto dei primi secoli avanti Cristo, oltre alle selci raccolte dallo stesso Stoppani sull’isola Virginia del lago di Varese) e la grande collezione di fossili, disposti secondo le ere geologiche.
Quali sono i pezzi più interessanti?
Da vent’anni ospitiamo un coccodrillo di più di cinque metri proveniente dal fiume etiope Omo Bottego, donato al Seminario da un commerciante di Busto Arsizio. Poi c’è una coppia di farfalle del Madagascar, dono di don Giavini, davvero importante dal punto di vista didattico per il dimorfismo sessuale: si vede bene, infatti, che il maschio ha le code delle ali più lunghe rispetto alla femmina. Sempre rimanendo tra le farfalle, a colpire i visitatori è quella gialla e nera detta “testa da morto”, perché sembra di vedere un teschio sul suo corpo. E poi abbiamo un’aquila reale vecchissima, uccisa in Val Masino nel 1882.
Oltre a lei, chi si occupa del museo?
I volontari, che accompagnano gli studenti per le visite guidate e mi danno una mano nella conservazione di tutti gli animali e i pezzi del museo. Le farfalle, ad esempio, vanno immerse nella benzina, se presentano parassiti. Sono molto grato al signor Giuseppe Prandoni che ha dedicato parecchio tempo alla catalogazione dei minerali e ha donato alcuni pezzi molto belli della sua collezione personale.
Dunque negli anni i pezzi sono aumentati?
Sì, grazie alle donazioni di laici, preti e missionari. Alcuni pezzi, poi, li ho acquistati o trovati io. Mi riferisco, per esempio, ai fossili della Rasa di Varese, risalenti all’era mesozoica.
E come si scoprono i fossili?
Basta avere qualche conoscenza dei posti in cui si trovano e rompere le pietre! E di studi naturalistici ed esperienza sul campo don Elio ne ha da vendere, visto che ha dedicato l’intera vita non solo alla Teologia e a Dio, ma anche a tante sue creature.
(Ylenia Spinelli su www.seminario.milano.it)
Postato da: Emilia Flocchini