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CONCHIGLIA, CHIAVE E CROCE: I TRE SIMBOLI STORICI DEL PELLEGRINO


“Tutte le mie vie sono davanti a te”


I cammini della fede …tra spiritualità e speculazione


Sin dal Medioevo sono mete dei pellegrinaggi cristiani. Ancora oggi i cammini verso Santiago di Compostela, quello lungo la via Francigena e quello in Terra Santa sono percorsi da migliaia di credenti e non che, come allora, macinano centinaia di chilometri a piedi per testimoniare la propria fede, rinvigorirla o cercarla. Il rischio è che nell’anno della fede il pellegrinaggio nei luoghi santi della tradizione cristiana diventi una “gita” da non perdere.

 

di Novella Caterina


Il_cammino_per_Santiago“Signore, io ho preso il mio sacco e il mio bastone e mi sono messo sulla tua strada”. Così recita la preghiera del pellegrino che si incammina per testimoniare la propria fede, rinvigorirla e offrire il sacrificio del duro viaggio a Dio. Santiago de Compostela, Roma e Gerusalemme, le tre mete per eccellenza, oggi riscoperte e percorse da milioni di giovani di tutto il mondo e legate alla tradizione penitenziale e devozionale dell’alto medioevo, quando i pellegrini d’Europa si incamminavano e affrontavano estenuanti chilometri per poter raggiungere i luoghi santi del cristianesimo, quello in cui riposa San Giacomo, quello del martirio dei Santi Pietro e Paolo e quello in cui morì Gesù.



Il cammino per Santiago

pellegrinaggio_giovani_1La meta è la tomba di San Giacomo, l’apostolo evangelizzatore, ucciso da Erode e sepolto segretamente dai suoi discepoli in Galizia. Subito dopo la scoperta del suo sepolcro, avvenuta all’inizio dell’800, Santiago divenne meta dei pellegrini che dalla Francia e dalla stessa Spagna lo raggiungevano a piedi, per devozione, per rafforzare la propria fede o come penitenza. Il cammino ha avuto, nei secoli, fortune alterne; da quando il Consiglio Europeo lo ha dichiarato “itinerario culturale europeo” e l’Unesco l’ha riconosciuto patrimonio dell’umanità, la sua fama ha ripreso quota e il numero di pellegrini vigore.


Dal sito ufficiale http://peregrinossantiago.es/ i dati del pellegrinaggio religioso più gettonato. Nel 2011 il numero complessivo di pellegrini è stato pari a 183.366 (- 32,62% rispetto al 2010 ma negli anni precedenti, dal 2008, le percentuali hanno subito incrementi sempre maggiori. Il boom nel 2010, con 272.135 viandanti; ma il 2010 è stato anche l’anno Santo Compostellano, che ricorre ogni volta in cui il 25 luglio, data della morte di San Giacomo, cade di domenica). A settembre 2012 i numeri indicano 168.164 globe-trotter, di cui 1.386 italiane. I dati rivelano anche che la maggior parte fa il cammino a piedi (153.065 nel 2011), per motivi religiosi o cultural-religiosi (rispettivamente 78.969 e 93.147 nel 2011). L’età della gran parte dei pellegrini va dai 31 ai 60 anni. Molto inferiori le percentuali degli under 30 e degli over 60.


Dall’Italia nel 2011 sono partiti 12.188 pellegrini, contro i 14.222 dell’anno precedente.

 


La via Francigena

pellegrinaggio_giovaniParte da Canterbury e giunge a Roma, ricalcando l’antica via Aurelia che usavano i romani per raggiungere le Alpi e valicarle verso occidente. Questo percorso attirò nel medioevo milioni di penitenti che si mettevano in cammino, affrontando a piedi un durissimo e lungo tragitto, verso la città dei martiri Pietro e Paolo.


La via Francigena è stata riscoperta in tempi relativamente recenti. Come accaduto anche per il cammino verso Santiago, strati di asfalto avevano sepolto l’antico percorso, oggi riportato alla luce e valorizzato non solo per l’aspetto religioso, ma anche per quello culturale.


Complessivamente 79 le tappe, di cui 47 in Italia, segnalate dall’inconfondibile cartello bianco e rosso, con il pellegrino nero al centro.

 


La Terra Santa 

pellegrinaggio_terra_santaL’ultima (non in ordine di importanza …last but no least, direbbero gli inglesi) delle tre storiche rotte medievali è quella verso il Santo Sepolcro. Il più lungo per i pellegrini europei, che arrivavano in Terra Santa percorrendo la via Micaelica (da Roma alla Puglia per imbarcarsi), la via Egnatia (da Durazzo a Istabul), attraversando l’Anatolia (da Istanbul ad Antiochia) e, infine, la Siria, la Giordania e la Palestina, fino a Gerusalemme, per un totale di oltre 3.500 chilometri. Un viaggio nei luoghi in cui si è svolta la vita di Gesù, tra storia, religione e culto.


Probabilmente quest’anno, l’anno della fede, il turismo religioso di questo genere subirà un incremento, nonostante il tempo di crisi. Le agenzie specializzate stanno già cavalcando l’onda, promuovendo viaggi e facendo leva sulla straordinarietà dell’evento e sul significato ancora più pregnante che i pellegrinaggi assumono per tale motivo. Peccato, perché il valore che il pellegrinaggio ha per un fedele ha poco a che fare con il clima da festa che si sta creando intorno all’anno della fede. Peccato che si voglia speculare sull’anno della fede, non è questo il suo senso.

 

 

 

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Giovani ed “ateismo pratico” nell’anno della fede


La vita di molti giovani e meno giovani di oggi sembra essere caratterizzata da un “ateismo pratico” che si traduce concretamente nel vivere una vita impegnata, piena di cose da fare dalla mattina alla sera, fatta solo di lavoro, lavoro, lavoro. E basta. Dio sembra non fare più parte dell’orizzonte dell’esistenza. E le sue risposte di fronte ai problemi concreti non sembrano essere più tanto valide e veloci come quelle di uno smartphone. L’anno della fede, dunque, invita a guardare in alto, per ritrovare nella fede la bussola che il mondo di oggi, lontano da Dio, impegnato nella ricerca di sempre maggiori agi e capitali, sembra aver perduto.


di Santi Scibilia


Giovani_ateismo_pratico“Io credo in Dio… e mi basta!”. Non si tratta di una vera e propria professione di fede, ma piuttosto di una sorta di “mini-male” che accomuna molti giovani e meno giovani di oggi. Non parliamo di quei pochi che professano un ateismo filosofico, parliamo invece di quei più a cui, in realtà, non interessa la questione nel suo insieme e si affidano a fenomeni di cui spesso si sente parlare: chi all’indifferenza, chi all’individualismo e chi invece ad una sorta di nuova tendenza di cui più recentemente si discute, il cosiddetto ateismo pratico. Non è necessario cercarne una definizione nei libri di filosofia o di teologia, è più semplicemente la naturale tendenza di quei giovani che concretamente vivono una vita impegnata, piena di cose da fare dalla mattina alla sera, o per alcuni una vita fatta di lavoro, lavoro, lavoro. E basta.


La cosa più interessante, addirittura sorprendente, o forse anche curiosa di questo, per lo più, inconsapevole atteggiamento di vita, è che il fenomeno può toccare anche i religiosi e soprattutto i giovani religiosi. Sacerdoti e suore, anche loro, non è detto che siccome vestano un abito non possano contrarre questa specie di malattia dell’anima, non appena comincino a smettere di affidarsi a Dio e alla preghiera per confidare di più nei numeri dei propri risultati, nell’efficientismo del proprio operato, nella ricerca di ciò che funziona a discapito di ciò che è buono e giusto anche se meno performante.


Giovani_ateismo_pratico_2I tempi di crisi accentuano ed aggravano la situazione, invitano a guardare verso il basso piuttosto che verso l’alto, a cercare soluzioni pratiche più che spirituali, a mettere da parte Dio se le risposte che da Lui ci vengono non ci sembrano più tanto valide e veloci come quelle di uno smartphone.


Ecco perché allora abbiamo bisogno di un anno per riflettere e per cercare di capire quanto abbiamo bisogno di fede, cioè di riscoprire in noi quella virtù che ci faccia andare oltre i risultati e che ci convinca che, alla fine, gli ultimi saranno i primi.


Senza rendercene conto continuiamo ad allontanarci da Dio per dedicarci a mille cose da fare, mentre ci dimentichiamo che “una sola è la cosa di cui c’è bisogno”.


I giovani hanno bisogno di una rinnovata fede in Dio per superare la vera crisi interiore che viviamo in questo tempo, laddove non è il livello dello spread che ci dirà se siamo sulla strada giusta, ma la nostra capacità di alzare gli occhi al cielo per essere più solidali e meno speculatori. C’è un sistema economico, quello su cui sono fondate le logiche dei potenti, che ha veramente poco a che fare con il Vangelo; mentre quel sistema insegue sempre migliori performance di mercato a discapito dei meno abbienti, almeno noi dovremmo cercare di non farci fagocitare dallo stesso meccanismo.


L’anno della fede, dunque, invita tutti i giovani a guardare in alto, per ritrovare nella fede la bussola che il mondo di oggi, lontano da Dio, impegnato nella ricerca di sempre maggiori agi e capitali, sembra aver perduto… per il momento.

 

 

 

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LETTERE - Mondo Voc novembre 2012                                                                 Torna al sommario

 

 

perrone

 

  

√ Ci si può confessare per telefono o via internet?

 

 

 

√ Il mio "don" non è più prete!


 

Risponde Padre Sandro Perrone

  

 

La confessione per telefono o internet

Caro Padre, ci si può confessare per telefono o via internet?

(Michele P., Taranto)


La risposta è semplice: no. Anche senza considerare il rischio gravissimo che per telefono o via internet la confessione potrebbe essere intercettata o che si potrebbe comunque falsificare l’identità del penitente (e del confessore), la Chiesa non ammette assolutamente la confessione per internet né per telefono! Nessun mezzo di comunicazione (né internet né telefono o altro) può sostituire la presenza fisica che è necessaria per i Sacramenti. Diverso, invece, è il discorso per i Sacramentali, come le benedizioni, che possono essere ricevute anche via radio o per televisione. Discorso simile vale anche per la Santa Messa ascoltata alla televisione. “Padre, vale la Messa seguita per televisione?” chiedono alcune vecchiette o persone ammalate, impossibilitate ad andare in chiesa per acciacchi o cattivo tempo. La Santa Messa non si segue, non si ascolta. Alla Santa Messa si partecipa!

I Sacramenti sono essenzialmente dei segni. Se non si pone il segno, non si celebra neanche il sacramento. Basta pensare al battesimo, che va amministrato con l’acqua o l’Eucaristia, con il pane e il vino. La persona del sacerdote, in questo caso, fa parte del segno sacramentale. Allora quando si tratta di sacramenti, quello che conta soprattutto non è il contatto verbale, ma il rapporto personale. Il sacerdote agisce come rappresentante di Cristo e in persona Christi. Il Vangelo sottolinea la necessità di venire a contatto non solo con la parola, ma con la persona di Gesù. Viene riferito infatti che Gesù “ne aveva guariti molti, così che quanti avevano qualche male gli si gettavano addosso per toccarlo” (Mc 3,10) e che “tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che sanava tutti” (Lc 6,19). Nel Sacramento della Penitenza, attraverso la persona del sacerdote, ci si incontra con il Cristo crocifisso e risorto, che libera l’uomo dal peccato. Ma è necessaria la presenza e il contatto fisico.

 


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Il mio "don" non è più prete...

Caro Padre, qualche tempo fa nella mia parrocchia c’era un giovane sacerdote, molto bravo, devo dire, che poi è stato trasferito altrove. L’ho perso di vista, ma la settimana scorsa mi è capitato d’incontrarlo casualmente alla stazione ferroviaria. L’ho salutato affettuosamente: Caro don… come va? E lui mi ha risposto: non sono più don, adesso sono il signor… Sono rimasta scooccata: come è possibile?

(Maria Luisa R., Padova)


Cara Maria Luisa, il don che hai incontrato non è più prete: Qualunque cosa sia avvenuta, dopo aver fatto un lungo e serio cammino di discernimento spirituale, assieme al suo Vescovo, è arrivato alla conclusione di aver scelto una strada sbagliata, e anziché recare danno a se stesso e soprattutto al prossimo, ha preferito fare un passo indietro, rinunciando al suo sacerdozio. E’ chiaro che rimane prete per sempre (a motivo del carattere sacerdotale che gli è stato conferito con l’ordinazione presbiterale), ma non eserciterà più il suo ministero di prete, rimanendo un semplice laico. Come è possibile, mi chiedi. Le spiegazioni possono essere molte, ma mormalmente si riducono a due; aver scambiato il sacerdozio per una professione, pensando così di fare del bene al prossimo, ma senza una vera chiamata (anticamente si diceva: non aveva la vocazione) oppure di iniziare bene e ma poi man mano perdere l’entusiasmo e il desiderio di servire il Signore nei fratelli con tutte le proprie forze e ridursi a fare l’impiegato spirituale, timbrando il cartellino della propria coscienza: alla lunga, tutto questo non regge e si è costretti a tirarsi indietro; è doloroso, ma è così. Quando la Chiesa invita a pregare per le vocazioni, intende dire proprio questo: che il Signore mandi numerosi e santi operai per la sua messe e che mantenga fedeli coloro che ha mandato. Ti prego di non dimenticarlo.

 

 


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FEDE E VOCAZIONE SONO COME DUE PASSI DI UN MEDESIMO CAMMINO

Un passo dopo l’altro: fede e vocazione

 

La fede è la risposta del cristiano al Dio trinitario che si rivela in Gesù Cristo; la vocazione è il passo di chi accoglie l’invito a mettersi a servizio di Cristo e della Chiesa, attraverso il dono totale di se stesso. La crisi delle vocazioni non è che un aspetto della crisi di fede che travaglia oggi il mondo. Viviamo in un tempo di “profonda crisi di fede” e sopratutto di mancanza di testimoni che ci mostrino con i fatti che cosa significa e cosa comporta concretamente dire sì a Dio che si rivela. Solo nella misura in cui siamo capaci di dare vitalità alla nostra fede siamo anche in grado di creare quel clima perché i giovani possano più facilmente ascoltare la voce del Signore che li chiama.

 

di Francesco Bruno

 

giovane_preghieraFede e vocazione sono un binomio assolutamente inscindibile. La fede, infatti, è il fondamento e la ragion d’essere di ogni vocazione e le vocazioni sono il preciso e inesorabile indice della vitalità di fede e di amore delle singole comunità parrocchiali e diocesane. Una comunità che non vive generosamente secondo il Vangelo non può essere che una comunità povera di vocazioni. Là invece dove il sacrificio quotidiano tiene sveglia la fede e mantiene ad un alto livello l’amore di Dio, le vocazioni continuano ad essere numerose. Ne abbiamo conferma dalla situazione religiosa nel mondo: i paesi dove la Chiesa è perseguitata sono paradossalmente i paesi dove le vocazioni maggiormente fioriscono, talvolta in sovrabbondanza (Paolo VI).


Questa osservazione dovuta all’esperienza ha il suo fondamento nella natura stessa della fede e della vocazione: la relazione dell’uomo con Dio. “Chiamata e risposta” sono i cardini su cui ruotano tanto la “porta della fede” quanto quella della vocazione, porte che ci introducono in un rapporto sempre nuovo col Dio che si rivela. Per entrambe le porte vale quanto affermato da Benedetto XVI: Attraversare quella porta comporta immettersi in un cammino che dura tutta la vita. Fede e vocazione, infatti, sono come due passi di un medesimo cammino.


La fede è la risposta del cristiano al Dio trinitario che si rivela in Gesù Cristo; essa si fonda sulla manifestazione dell’amore di Dio per l'uomo in Gesù, sperimentato e, nei limiti del possibile, compreso.


La fede è la vita divina in noi, la risposta che lo Spirito santo suscita in noi di fronte alla Parola-evento che ci raggiunge tra le mille pieghe della nostra vita quotidiana e nelle circostanze più diverse. Credere, dunque, ci apre alla vita divina, ci fa entrare in dialogo con il Signore, a cui possiamo dire: "Tu sei mio", ed egli può dirci: "lo sono tuo". Con la fede, cioè, ci leghiamo in strettissima relazione con Dio Padre, Figlio, Spirito Santo, nel tempo e nello spazio della storia.


giovane_in_camminoLa vocazione è come il secondo passo di questo cammino relazionale con Dio che si rivela. È il sì al Dio che rivelando se stesso manifesta il suo disegno universale di salvezza e chiede collaboratori a tempo pieno per poterlo realizzare. La vocazione è l’ulteriore passo di chi accoglie l’invito di mettersi a diretto servizio di Cristo e della Chiesa, attraverso il dono totale di sé per offrire al mondo la testimonianza esclusiva dell’amore bruciante per Dio e per le anime (Paolo VI).


Ma se si inciampa al primo passo come può esser fatto il secondo? La crisi delle vocazioni non dipende forse dalla crisi della fede del nostro tempo?


Quando il Signore chiama qualcuno in maniera particolare… gli domanda una preferenza assoluta per la sua persona e per l’opera del suo Vangelo: “Seguimi”. Questa preferenza è seducente; essa presuppone un atteggiamento di fede molto salda. È qui, cari figli, il nodo del problema delle vocazioni. Tutto ciò deve convincere che invano si cercherebbero spiegazioni unicamente umane dell’attuale crisi delle vocazioni. Essa non è che un aspetto della crisi di fede che travaglia oggi il mondo. (Paolo VI).


Con Benedetto XVI siamo convinti di trovarci a vivere in un tempo di “profonda crisi di fede” e dunque di aver bisogno di modelli, di persone che ci mostrino con i fatti che cosa significa e cosa comporta concretamente dire sì a Dio che si rivela. Ciò di cui il mondo oggi ha particolarmente bisogno è la testimonianza credibile di quanti, illuminati nella mente e nel cuore dalla Parola del Signore, sono capaci di aprire il cuore e la mente di tanti al desiderio di Dio e della vita vera, quella che non ha fine. Il mondo di oggi ha bisogno di persone che parlino a Dio, per poter parlare di Dio.


preghiera_and_giovaneNella misura in cui, grazie anche a questo anno della fede, siamo capaci di trovare una risposta a questa crisi facendo riprendere vitalità alla nostra fede, riscoprendone il cammino e mettendo in luce la gioia ed il rinnovato entusiasmo dell’incontro con Cristo, saremo anche capaci di creare quel clima e quelle condizioni favorevoli perché gli uomini, ed i giovani in particolare, possano più facilmente ascoltare la voce del Signore che li chiama. È necessario mettere in grado il giovane di intendere la voce di Dio che chiama, e di darvi il suo assenso. Qui la responsabilità delle famiglie è immensa, perché dipende in gran parte dall’atmosfera dell’ambiente familiare la possibilità di un fruttuoso dialogo interiore con Dio. Purtroppo in talune famiglie il clima non è né di fede né di amore (Paolo VI).


Se dunque fede e vocazioni sono un binomio inscindibile vuol dire che uno dei frutti visibili che verranno da questo Anno della Fede sarà una rinnovata fioritura di vocazioni, soprattutto al sacerdozio e alla vita consacrata. Tale affermazione non è semplicemente un augurio! È una convinzione che si fonda sulla presenza del Signore nella storia e nella sua Chiesa.


Nel suo libro Gesù di Nazaret il Papa, parlando dei diversi modi in cui Gesù viene nella storia degli uomini, prima della venuta definitiva, scrive: “Esistono anche modi epocali di tale venuta. Francesco e Domenico… Teresa d’Avila, Giovanni della Croce, Ignazio di Loyola, Francesco Saverio portano con sé nuove irruzioni del Signore nella storia confusa del loro secolo che andava alla deriva allontanandosi da lui… E perché non chiedere a Lui di donarci anche oggi testimoni nuovi della sua presenza nei quali Egli stesso si avvicini a noi?”.


Ecco, dunque, il nostro ulteriore e specifico impegno per vivere bene quest’Anno della Fede: obbedire con rinnovato entusiasmo e generosa fedeltà al comando evangelico di Gesù: “Pregate il Signore della messe perché mandi operai nella sua messe” (Mt 9,38).

 

 

 

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LIBRI - LIBRI - LIBRI - Mondo Voc novembre 2012                                      Torna al sommario

 

 

A cura di Luciano Cabbia


 

Benedetto XVI

Imparare a credere

Edizioni san Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2012, pp. 128.


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“Imparare a credere” è l’invito che Papa Benedetto XVI rivolge a ogni persona all’inizio dell’Anno della Fede, un’occasione importante per aprire il cuore alla speranza e mettersi in cammino.


Il Papa in questo volume accoglie le domande di senso e le incertezze del domani, oggi così diffuse, specie tra i giovani. Indica quindi un possibile itinerario di ricerca di fede, proponendo “compagni di viaggio” affascinanti e credibili.


Il pontefice analizza le difficoltà del credere oggi, e offre ai Lettori le risposte della fede, capaci di soddisfare gli interrogativi e di rianimare la fiducia delle comunità cristiane, a volte segnate dalla stanchezza e dallo scoraggiamento. 

 

 

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Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione

Vivere l'anno della fede

Sussidio pastorale

Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2012, pp. 184.


Vivere_LAnno_della_Fede._Sussidio_pastorale

“L’uomo ha bisogno di Dio, oppure le cose vanno abbastanza bene anche senza di Lui?”, questa domanda di Benedetto XVI, che riecheggia quella di Gesù “E voi, chi dite che io sia?” potrebbe fare da introduzione all’Anno della Fede, occasione propizia per riscoprire le radici e il senso del proprio credere e per lasciarsi guidare dalla Parola di Dio e dal Credo apostolico alla ricerca di una vita più ricca di senso e di speranza.


Questo testo è la guida ufficiale del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione: un “compagno di viaggio” che presenta, con un linguaggio accessibile, non solo gli aspetti della fede cristiana, ma anche diverse proposte per vivere con intensità questo importante momento ecclesiale.

 

 

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Marco Doldi 

Uomini e donne di fede

Quattro percorsi sui sentieri del credere 

Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2012, pp. 168.


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Il libro raccoglie sessanta testimonianze sulla fede, divise per epoche storiche, tracciando quattro percorsi, ciascuno dei quali corredato da una breve rassegna di brani scelti.


In ciascuna testimonianza viene offerta una breve presentazione dell’autore e una riflessione sulla fede. La conclusione, che costituisce una “guida” alla lettura interna, e la scansione in “percorsi” rendono il volume una proposta estremamente divulgativa.


Tra gli autori inclusi spiccano alcuni nomi inconsueti. Il libro si chiude con la figura del Ratzinger teologo.

 

 

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Bruno Forte 

La porta della Fede.

Sul mistero cristiano 

Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo(MI) 2012, pp. 128.


La_Porta_della_Fede

“Riscoprire i contenuti della fede professata, celebrata, vissuta e pregata, e riflettere sullo stesso atto con cui si crede, è un impegno che ogni credente deve fare proprio”: con le parole del “Motu Proprio” Porta fidei, il Papa Benedetto XVI ha ribadito la necessità – per ogni credente – della piena conoscenza e consapevolezza del proprio credo.


Questo libro si propone di aiutare i fedeli in questo impegno, e a questo scopo il teologo e vescovo Bruno Forte presenta e commenta gli aspetti essenziali del cristianesimo: le preghiere, i sacramenti, le beatitudini e i comandamenti.

 

 

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Anselm Grü n

La fede dei cristiani 

Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2012, pp. 220.


La_fede_dei_cristiani

L’Autore si propone di sostenere quei cristiani che sono alla ricerca della propria identità, e anche quelli che si sono allontanati dalle proprie radici, aiutandoli a superare la “nebbia dell’incertezza” che segna oggi la fede cristiana.


Essere credenti significa per Grün continuare a rendere conto di quello che ci sostiene, di quello per cui si vive; significa continuare a domandarsi chi sia per noi Gesù Cristo, continuare a interrogarsi sul modo in cui si affrontano i vari momenti, belli e brutti, della vita.


Il racconto di un’esperienza di fede, quella dell’Autore, come cristiano e come monaco benedettino. 

 

 

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Luigi Guglielmoni - Fausto Negri (a cura) 

365 volte fede.

Pensieri e citazioni 

Editrice Elledici, Leumann (TO) 2012, pp. 80.


365_volte_fede

Il sussidio presenta 365 brevi frasi, una per ogni giorno dell’anno, sul tema della fede cristiana: frammenti di un mosaico da costruire con pazienza e umiltà. Una specie di almanacco con indicazioni e sollecitazioni per vivere con entusiasmo la fede.


Alcuni pensieri appartengono a Santi e a personaggi celebri, altri a persone meno note.


Un invito ad uno “spuntino quotidiano”, gustose “ricette” di vita cristiana, slogan che orientano meditazione e propositi nell’arco della giornata.

 

 

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Vincenzo Pilato 

Fede 

Cittadella Editrice, Assisi (PG) 2012, pp. 150.


Fede

In un contesto di forte instabilità mondiale, come è possibile annunciare la fede? C’è un’autentica chance di incontro tra uomini di culture e fedi diverse? La “fede” manifestata pubblicamente è davvero motivo di divisione?


In risposta alle grandi sfide dei nostri giorni legate alla “nuova evangelizzazione”, il libro, in modo semplice e rigoroso, presenta il tema della fede partendo dalla Parola di Dio e in costante dialogo con gli snodi problematici della cultura contemporanea, come testimonia l’ultimo capitolo: Fede e ragione nell’era digitale.

 

 

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Valerio Bocci 

Comunicare la fede ai ragazzi 2.0 

Editrice Elledici, Leumann (TO) 2012, pp. 244.


Comunicare_la_fede_ai_ragazzi_2.0

“Come comunicare la fede ai ragazzi di oggi, sempre connessi con i nuovi media, iperattivi e cittadini di un mondo virtuale?” è l’interrogativo che i catechisti di oggi ripetono come un ritornello. Invocano ricette “pronte all’uso”, ma non riflettono sul fatto che spesso il problema in tanti fallimenti catechetici sono proprio loro, i catechisti. Perché non parlano la lingua e non sanno ascoltare i “Nativi Digitali”, i nuovi esploratori del web 2.0.

 

Occorre ricordare che i ragazzi vanno trattati da protagonisti di un’esperienza condivisa, e non come destinatari di un messaggio proposto come una lezione scolastica. Quali “parole”, linguaggi e strumenti adottare, allora, per annunciare loro la Buona Notizia?


Un tentativo di risposta può arrivare dalle pagine di questo libro che propone riflessioni, verifiche ed esempi concreti di catechesi “comunic-attiva”. Un mix di parole e immagini, idee e suggerimenti che entrano in connessione con i ragazzi 2.0.