ORIENTARSI - Mondo Voc ottobre                                                                              Torna al sommario

 

 

 

La Pastorale Vocazionale del Concilio Vaticano II

 

Per la prima volta un Concilio si è occupato in maniera chiara e diretta di

Pastorale Vocazionale.

 

di Sandro Perrone


vescovi_al_concilio_Vat_IISi sente spesso affermare che con il Concilio Vaticano II è nata la pastorale vocazionale moderna. L’affermazione va compresa nel suo giusto significato. Se si vuol dire che il Vaticano II ha dato un nuovo impulso alla vocazione e alle vocazioni, soprattutto a partire dal testo fondamentale del capitolo V della Lumen Gentium, “L’universale vocazione alla santità nella Chiesa”, tutto questo è profondamente vero; ma è altrettanto vero che la dottrina conciliare non nasce ex nihilo, dal niente.


Per anni, prima del Concilio, un notevole movimento teologico e pastorale aveva sollevato la questione, studiando approfonditamente tutta la problematica relativa e producendo degli studi e risultati di notevole interesse e importanza. Sarebbe più corretto affermare che il Concilio Vaticano II è una sorte di spartiacque, è insieme un punto di arrivo ed un punto di partenza.


Volendo semplificare, forse eccessivamente, si potrebbe dire che prima del Concilio (prima degli anno ’60 del secolo scorso, per intenderci), la pastorale vocazionale si identificava con il reclutamento vocazionale. In qualche modo, si potrebbe anche affermare che erano le vocazioni che bussavano alla porta del convento o del seminario. L’Animatore vocazionale (non casualmente chiamato anche con il brutto termine di Reclutatore vocazionale) non doveva fare altro che andare dal parroco e chiedere chi si volesse fare prete o suora. Il parroco, che conosceva bene i suoi, indicava i ragazzi più buoni, le ragazze più pie che, quasi naturalmente, seguivano il Reclutatore nel cammino vocazionale.


anni_60Ma, a partire dagli stessi anni, il mondo occidentale, cosiddetto cristiano, comincia a subire una serie di trasformazioni radicali, che ne sconvolgono completamente la vita e la natura. Non si tratta, infatti di una lenta e graduale evoluzione, ma di una vera rivoluzione, che coinvolge tutte le dimensioni politiche, economiche, sociali, culturali, E’ sufficiente pensare a quanto avviene a partire dalle Università americane nel 1967, che approda in Europa con il maggio 1968. Se in America la scintilla sembra essere stato il rifiuto dei giovani della guerra in Vietnam, in Europa la rivoluzione investe gli aspetti più profondi della società, mettendo in discussione le basi stesse su cui si poggia: il concetto di autorità costituita, la rivoluzione sessuale, il femminismo, il capitalismo, ecc.; in campo più specificamente religioso, una violenta secolarizzazione si trasforma ben presto in un doloroso processo di scristianizzazione, come ha più volte lamentato l’indimenticabile papa Giovanni Paolo II, con un cammino, che non sembra essere ancora oggi terminato. Tra parentesi, va accennato al fatto che la contemporaneità dei fenomeni ha fatto attribuire a più di qualche studioso al Concilio stesso la causa di questi processi, come se non fosse vero che proprio contro questi errori e deviazioni invece il Concilio si è battuto.


Per la prima volta nella storia, dunque, un Concilio si occupa in maniera chiara e diretta di pastorale vocazionale, anzitutto con l’affermazione fondamentale che è dovere di tutta la comunità cristiana la promozione delle vocazioni (cf. i documenti Optatam totius, 2 e Presbyterorum ordinis, 11); è finito, afferma il Vaticano II, il tempo della delega (“c’è chi ci pensa… non è compito mio… non posso occuparmi di tutto…”): la comunità cristiana deve assumersi in prima persona l’impegno e la responsabilità di generare nuove vocazioni, tutte le vocazioni alla e nella Chiesa. Il Beato Giovanni Paolo II affermava con grande forza e chiarezza che una comunità cristiana che non genera vocazioni è una comunità morta. La famiglia, se vuole sopravvivere nel tempo, deve generare nuovi figli; a nulla serviranno il denaro, la fortuna, il successo e tutto il resto, se tutto questo si conclude nell’arco temporale della vita della famiglia stessa. Lo stesso concetto è valido in campo spirituale: se una comunità non ha (= non genera) nuove vocazioni, è condannata ad estinguersi. Ciò vale soprattutto per le vocazioni al sacerdozio, che amministra i sacramenti della Chiesa.


testimonianza_vocMa come fare concretamente la pastorale viocazionale? Il Concilio indica alcuni mezzi che, senza esaurire la questione, sono tuttavia sufficienti per un serio lavoro di pastorale vocazionale. Anzitutto la comunità cristiana deve vivere e testimoniare una “vita perfettamente cristiana: a nulla valgono tutti i discorsi e gli appelli vocazionali, se la vita è in contraddizione con quanto dichiarato. Anche qui vale quanto lo stesso Concilio affermava a proposito dell’ateismo pratico di molti uomini e cioè che non piccola responsabilità hanno quei cristiani che vivono in contraddizione con quanto credono. Un prete, un frate, una suora, che vivono con gioia ed estusiamo la loro vocazione sono il migliore e più efficace invito e messaggio vocazionale, sono i migliori promotori vocazionali.


È del tutto evidente, comunque, che vi sono poi i cosiddetti “mezzi” tradizionali della pastorale per le vocazioni, soprattutto la Pontificia Opera delle Vocazioni Ecclesiastiche (P.O.V.E.), deve promuovere e coordinare tutta la pastorale delle vocazioni, a livello universale, nazionale, diocesano, locale (Optatam totius, 2). In conseguenza di ciò, il Vescovo è, di norma, il primo responsabile delle vocazioni sacerdotali e consacrate (Christus Dominus, 15). Ma anche i Religiosi e le Religiose hanno il diritto di promuovere le proprie vocazioni all’interno di una pastorale d’insieme, osservando le norme della Santa Sede e delle Chiese particolari (Perfectae caritatis, 24).


In breve, la pastorale vocazionale è l’opera della Chiesa per far conoscere, apprezzare, vivere la propria vocazione alla santità, per inserirsi, come pietre vive, nell’edificio spirituale che è Cristo, per crescere insieme e insieme costruire il Regno di Dio.

 

 

 

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perrone

 

  

√ Cosa fare di fronte a tanta corruzione?

 

 

 

√ Ma la Messa in televisione vale o non vale?


 

Risponde Padre Sandro Perrone

  

 

Cosa fare di fronte a tanta corruzione?

Caro Padre, è cominciato un nuovo anno scolastico e sociale, ed io mi sento già stanco e sfiduciato, perché mi sembra di vedere attorno a me soltanto falsità e ipocrisia. Pensi soltanto per un attimo agli scandali che agitano la vita politica e sociale nel nostro Paese. Come è possibile che vi sia gente così avida e disonesta? Ma se guardiamo anche ai piccoli esempi, non è che le cose vadano meglio! Non c’è speranza in questo mondo marcio e falso! L’inizio dell’anno dovrebbe essere come l’inizio di un nuovo giorno, ma a me sembra che siamo sempre in piena notte.

(Carlo C., Roma)


Caro Carlo, non posso negare che le cose non vadano bene ed anche se il premier Mario Monti ha affermato che incomincia a vedersi la luce in fondo al tunnel, per molti (troppi) la notte è lunga da passare e sembra che l’alba non giunga mai. Ma non è per un facile ottimismo che voglio affermare che anche la notte più buia e più lunga termina sempre con l’alba di luce. Penso, invece, che, come cristiani, abbiamo il dovere di coltivare e di testimoniare la speranza: Cristo ha già vinto il peccato, il mondo, Satana. E anche noi, suoi seguaci, abbiamo già vinto il male, benché ogni giorno facciamo esperienza di debolezza e di fragilità nella nostra vita. Proprio oggi ho letto che negli ultimi mesi il 12% degli italiani ha subito un tentativo di corruzione da parte di uomini pubblici. Mi chiedo, tuttavia, è scritto da qualche parte che sia obbligatorio subire ed accettare il male? Perché non resistere, perché non denunciare? Altrimenti non si è più vittime ma complici. C’è tanto male e tanta corruzione, è vero, ma proprio per questo il cristiano ha il dovere di testimoniare la sua onestà di fronte a tutti, anche a costo di rimetterci. Diversamente, non si ha il diritto di lamentarsi. Vi sono molte forme di opposizione, la più importante e fondamentale delle quali è la coerenza tra la fede dichiarata e la vita vissuta. Carlo, non scoraggiarti, cammina con fiducia sulla strada dell’onestà e della sincerità; non limitarti allo sterile lamento: fai gruppo di opinione con coraggio e forza. Il buio è rischiarato anche da una piccola fiammella e un solo fiammifero può provocare un incendio. Insieme diamo luce e speranza.

 


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Ma la Messa in televisione vale o non vale?

Caro Padre, se è vero che vale la Messa per televisione, perché dite che non ci si può confessare per telefono o via internet?

(Umberto S., Palermo)


Caro Umberto, forse è necessaria prima qualche precisazione: non è che la Messa vale o non vale! Approfitto anche per dire che la Messa non si paga: si dà un’offerta al sacerdote celebrante, perché possa vivere dignitosamente (e non vive certo delle offerte della Santa Messa!). La Chiesa insegna che, per adempiere bene il Comandamento Ricordati di santificare le feste, il modo migliore sia quello di partecipare, come comunità cristiana, all’assemblea liturgica in cui viene celebrato il sacrificio di Cristo, la Santa Messa. È Cristo stesso che ci convoca in assemblea; la parola stessa chiesa, ecclesìa in latino, proviene dall’omonima parola greca ekklesìa, a sua volta derivante dal verbo kaléo, chiamare, convocare. Siamo chiamati da Dio stesso a celebrare la sua lode, a fare assemblea, a sentirci ed essere veramente fratelli in Cristo. Vivere bene la domenica e le altre feste comandate è esattamente questo. Ciò detto, rimane il problema di coloro che non possono partecipare alla santa Messa perché impediti (malati, anziani, persone con problemi vari, ecc.), cioè coloro che veramente vorrebbero ma non possono. Perché privarli anche della possibilità di partecipare spiritualmente all’assemblea cristiana? Ripeto: non si tratta di vale o non vale, ma di partecipazione più o meno piena e completa. Non possono fare la comunione sacramentale, ma nulla impedisce di fare quella spirituale, possono ascoltare con comodo la Parola di Dio, seguire l’omelia e le opportune spiegazioni che vengono fornite durante la trasmissione televisiva o radiofonica. Avrai certamente visto qualche volta in televisione la Santa Messa trasmessa dalla RAI: posso assicurarti che il servizio reso è davvero eccellente, anzi si può affermare tranquillamente che quelle trasmissioni sono tra le cose migliori che rende il servizio pubblico e non solo per le cose sacre che tratta ma anche per la competenza e la professionalità degli operatori. Circa il problema della confessione per telefono o per internet, poiché ho ricevuto altre richieste che trattano più o meno lo stesso argomento, conto di scriverne il prossimo mese. Se hai pazienza di attendere, mi leggerai fra trenta giorni circa: non mancare!

 


ATTUALITÀ - Mondo Voc ottobre                                                                                Torna al sommario

 



Il Concilio e le aspettative di un giovane sacerdote


La testimonianza provocatoria di un sacerdote che ha vissuto in prima persona da giovane l’evento conciliare cogliendone la forza e la novità ancora oggi tutta da scoprire.

 

di P. A. Erario 

 

ErarioEravamo ragazzi ancora
nei nostri aquiloni i sogni mai morti

Ripeteva una canzona per gruppo Scouts: Eravamo ragazzi ancora, con il tempo aperto davanti/… legate allo spago le nostre speranze,/ nei nostri aquiloni i sogni mai morti.

Ripenso spesso agli anni del Concilio ecumenico Vaticano II e soprattutto a quelli del dopo Concilio, i miei anni giovanili, quando ero ancora studente universitario e poi giovane sacerdote.

Siamo stati ragazzi anche noi. Ora, ormai adulti, ripercorriamo i tempi in cui eravamo giovani sacerdoti e idealisti, e spesso ci rendiamo conto che forse eravamo anche tanto ingenui. Oggi penso che le nostre esperienze passate potranno continuare ed essere presenti fino a che attorno a noi ci saranno ragazzi e giovani che vogliono realizzare i loro sogni.


Giovani ideali sogni fatiche confronti
polemiche critiche passioni
Non vorrei dare un’impressione sbagliata. Non mi sento un prete stanco e deluso in carriera.
Ho sempre desiderato da giovane uno stile di vita sacerdotale vissuta al limite, sulla soglia, nell’attesa, come un progetto diverso; mai come qualcosa di raggiunto, di soddisfacente, di acquisito, di scontato; anzi espresso con attitudine critica e talvolta polemica, con me stesso e con gli altri. Ho sicuramente preteso una vita impegnata apostolicamente, costruita sulle relazioni e meno sulla normativa canonica, volutamente semplice e ordinaria, con tanta nostalgia di vangelo. Non ho mai interiormente accettato che la mia vita fosse letta all’interno di un bollettino e come pagina in un diario di una istituzione.

Sacerdote libero e senza collare. Ho sempre creduto che l’abito non fa il monaco. Non ho mai pensato fin dalla prima metà degli anni settanta, quando venni ordinato sacerdote dal papa Paolo VI con centinai di altri giovani, che la gente devesse riconoscermi prete dal mio modo di vestire, o dalla mia divisa di servizio, quasi che la mia fosse una professione. Lo avrebbero comunque letto e indovinato.


Del Concilio mi rimane il sogno di una Chiesa
più ricca di fede e di vangelo
parola_di_DioMi ritrovo oggi a vivere e condividere questa mia esperienza cristiana, religiosa e sacerdotale, condizionato e immerso in una cultura che considero fragile e provvisoria, emotivamente vulnerabile, sciupata dalla precarietà spirituale, da identità incerte e confuse.

È un rifiuto istintivo il mio per tutto ciò che sa di attenzione a far carriera e voglia di successo; per tutto ciò che sa di preoccupazione e ossessione per sentirsi autonomi e gratificati, suggestionati dalle ambizioni, dalla ricerca della visibilità, dal formalismo ecclesiastico, da una pomposità liturgica, da un’ eleganza esteriore, dal denaro, dallo stipendio, dalle ambizioni, dalla macchina, dalle amicizie influenti, dal cellulare ultima generazione, e poco propensi invece a sprecare un po’ del proprio tempo in compagnia degli altri, in casa, con i confratelli, con il prossimo, con i fedeli, con i giovani, con gli anziani, con i poveri, con Gesù Cristo; sempre meno disponibili alla condivisione, all’ascolto e al sorriso.

Mi rimane il sogno di una Chiesa più ricca di fede e di vangelo, e meno di devozioni e normative; più profetica nel proporre una forma di vita e una cultura alternativa nella società odierna, e meno preoccupata per la gestione economica e manageriale; più attenta, partecipe e coinvolta a leggere i segni dei tempi e meno verbosa e ripetitiva nel commentarli; più evangelica e universale e meno clericale e vaticana, che la croce se la carica sulle spalle con affanno quotidiano e responsabilità, e meno sul petto come prestigio e ornamento. Mi rimane il sogno di incontrare tra i giovani, nuovi sacerdoti, meno preoccupati dei privilegi e più attenti alla fraternità, alla sobrietà e alla Chiesa. (Cfr. A. Calò, Leggi alla voce disincanto, www.padreadamo.com,  Gennaio 2010).


La Chiesa o è di oggi
o non è Chiesa
Forse è proprio questo il messaggio che più mi rimane impresso dalla Chiesa conciliare. Il termine “oggi” acquistò significato particolare negli anni del concilio per noi giovani sacerdoti.
 
Al mondo di oggi, con il linguaggio del mondo di oggi. Si corre il rischio altrimenti di rimanere un segno incomprensibile, quando non nascosto; un segno indifferente quando non insignificante; un segno di tradizioni passate, quando non superate e rigettate; un segno di mentalità e di vivere borghese, o di una classe sociale o di una istituzione religiosa ormai decadente.
Occorre ritornare a ipotizzare una Chiesa e un sacerdozio popolare e sociale, basato su un rapporto di fiducia con il popolo di Dio; un ministero vissuto meno come immagine, professione e carriera ecclesiastica e più invece come vocazione, vicinanza umana e dedizione. Superando quelle eventuali barriere normative e canoniche che rendono oggi particolarmente difficile, se non addirittura inesistente, la vicinanza tra la gente di strada e chi, come noi, cristiani e sacerdoti si è assunto il compito di intervenire sui disagi e sulle situazioni di povertà umana e di emerginazione sociale ed ecclesiale, un fenomeno che diventa sempre più complesso e di difficile soluzione.


Monsignor Lefebre
un vescovo per la Chiesa “di ieri”
LefebrianiDivenne notizia in quegli anni, i primi anni settanta, la questione Lefebre. E motivo di polemica quotidiana tra noi sacerdoti. Un vescovo che prendeva le distanze dalle decisioni del Concilio, soprattutto in merito alle innovazioni liturgiche. Era logico per me giovane sacerdote giudicarlo un  integralista dalle idee strampalate. In un mio articolo pubblicato in quegli anni esprimevo pubblicamente la mia posizione di giovane sacerdote al riguardo.

“…Noi siamo nati per questo: per salvare il mondo e salvarlo nell’amore. Anche Cristo nacque e nasce per salvare il mondo, e salvarlo nell'amore. In questo siamo siamo vicini a Cristo. In questo ti differenzi da Cristo. Di Lui il Vangelo cominicia a parlare quando Egli, il Cristo, si interessa personalmente del mondo, segue le sue vicende, partecipa alla sua storia. Di te i giornali e i rotocalchi hanno corminciato a parlare, quando tu hai proclamato che volevi estraniarti dal mondo, dalla sua storia, dalle sue vicende”.

“Non è un’avventura rischiosa il camminare con il mondo: è scoprire invece e convincersi che il  mondo ha bisogno di noi, della nostra salvezza, della salvezza che Cristo ha donato a noi, e noi abbiamo il dovere di partecipare al mondo. E' come far nascere nuovamente Cristo nella grotta; un modo di far partecipare Dio alla storia dell'uomo, di attirare l’uomo nella storia della Chiesa; è l’unico modo per rendere la storia, storia della salvezza. E’ anche un tentativo di trasformare la teologia cattolica, la nostra teologia cattolica, in Vangelo vissuto, quello vero, che Cristo aveva dettato e narrato con la vita e gli Apostoli avevano avevano annunciato e testimoniato con il loro coraggio.” (Cfr. A. Calò, Lettera a Monsignor Lefebvre e ai suoi amici integralisti, in Notiziario ROGATE, Anno II  No: 6     dicembre 1976)


Ma la Chiesa oggi ha forse
dimenticato il suo compito profetico?
Con il Vaticano II il termine stesso profezia venne a rinvigorire le aspettative che molti di noi giovani sacerdoti sognavano per un rinnovamento della Chiesa, una riscoperta della novità evangelica nel nostro dialogare quotidiano quasi in contrapposizione alle varie formulazioni dogmatiche e istituzionali, spesso astratte e sibilline, e ad uno stile di comunicazione formale ed ecclesiastico. Profezia per significare proposte alternative, innovatrici, talvolta scomode, nel contesto di una lettura critica e polemica della istituzione e dei soggetti che con essa si identificano, del loro modo di vedere e parlare della realtà e della storia.
 
Nel nostro quotidiano il linguaggio profetico si è forse attenuato? Quando la Chiesa si configura come istituzione umana e si inserisce in un contesto sociale da cui trae, o intende trarre, gratificazioni, benefici e riconoscimenti, ecclesiastici, politici e di immagine, essa di fatto non stimola la profezia, pur riconoscendone forse nella documentazione ufficiale la validità.
 
Nei nostri ambienti ormai istituzionalizzati sentiamo urgente bisogno di nuovi profeti che sappiano far uso della profezia, come lettura e valutazione discordante dell’oggi della storia e del vivere quotidiano, una profezia che diventi feriale, come in altri ambienti è stata definita, e possano offrire proposte alternative, esprimendo in obbedienza allo Spirito e in piena libertà di spirito, all’interno della istituzione chiesa e in polemica con essa quando necessario, una percezione di novità e diversità, una cultura alternativa e non soltanto o esclusivamente una rilettura e riproposizione di concetti e di immagini passate che non riescono più ad essere convincenti e condivisibili. (Cfr. A. Calò, La profezia nel linguaggio quotidiano, in www.padreadamo.com, giugno 2009).


Una generazione giovane
che la Chiesa si affanna a capire
giovani_25Per diversi anni e in differenti ambienti mi sono occupato anche della educazione di ragazzi e giovani, non ultimo quelli provenienti da situazioni di disagio familiare e sociale, affidati a strutture educative su indicazione dei servizi sociali territoriali o su richiesta delle stesse famiglie di origine. Ho poi avuto la fortuna, di poter trascorrere in terra di missione alcuni anni della mia vita sacerdotale, un’ esperienza provvidenziale che mi ha concesso di incontrare, accogliere e seguire adolescenti e giovani in difficoltà.

I giovani ci obbligano ad un discernimento non facile, perché molte loro sfide e atteggiamenti inquietano e sconcertano. Intelligenti, immature, spesso spaesate ci appaiono le ultime generazioni, che la Chiesa si affanna a capire. Ragazzi da giudicare e lasciare da parte? Forse sono semplicemente ragazzi da amare. Cosa manca a questi giovani? Essi saranno il futuro della Chiesa se la Chiesa attraverso i suoi ministri saprà accoglierli e accompagnarli. 

 


Una Chiesa invecchiata
che i giovani fanno fatica ad accettare
Credo sia nostro compito leggere il presente della Chiesa con molto realismo e coraggio. È cambiato in molti aspetti il mondo che pensavamo di conoscere e di poter gestire, e sul quale avevamo investito la nostra missione apostolica, programmate le attività pastorali, strutturata la vita delle diocesi e delle parrocchie. Noi sacerdoti oggi siamo coscienti di vivere un tempo di transizione e che siamo all’inizio di un cammino in gran parte ancora da definire.
 
Non sempre la Chiesa ha saputo cogliere il nuovo della società ed è rimasta a conservare nel tempo tipiche espressioni istituzionalizzate e sempre più arretrate. Penso di non essere tra i pochi sacerdoti che pensano che l’attuale cultura ecclesiale e la sua presenza nel mondo stiano diventando marginali. E’ venuta meno la fantasia apostolica.

Ne sono prova eloquente, la riduzione numerica dei cristiani che frequentano le nostre chiese, l’assenza quasi totale della generazione giovani, la riduzione o chiusura di attività e ambiti in cui i giovani erano soliti aggregarsi.


popolo_di_DioDare più attenzione
e spazio al popolo di Dio
Come rispondere a queste sfide? Gli interrogativi e i problemi legati alla nostra società secolarizzata costituiscono per la Chiesa e per i cristiani una nuova istanza per assumersi con responsabilità il proprio compito all’interno della società attuale.
 
Dal Concilio Vaticano II in poi, in una nuova visione di Chiesa quale popolo di Dio, siamo stati testimoni della riscoperta dell’universale vocazione alla santità, e di un progressivo recupero del ruolo del laicato all’interno del popolo di Dio, come valore e dignità ecclesiale specifica, della sua natura, della dignità e della sua missione, riconoscendo al popolo di Dio, a tutti i battezzati, dimensioni e funzioni che pensavamo essere riservati ai consacrati: la funzione regale, la funzione profetica e testimoniale, la funzione sacerdotale e cultuale (cfr. L.G. nn.30-36).
 
Cambiano nel tempo i criteri di rapportarsi al mondo e alle persone e cambiano di conseguenza le forme di evangelizzazione. Da qui la necessità che una Chiesa possa modificarsi nel tempo e scegliere percorsi sempre nuovi e rispondenti ai tempi. Non si tratta di snaturare la propria missione ma di rileggerla per attualizzarla, darle nuova significanza e completezza e dunque anche nuova credibilità ed efficienza.

 

 

 

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A cura di Luciano Cabbia


 

Luca Rolandi (a cura)

Il futuro del Concilio.

I documenti del Vaticano II: un tesoro da riscoprire

Effatà Editrice, Cantalupa (TO) 2012, pp. 144


Il_futuro_del_Concilio

La riconciliazione della Chiesa con l’età moderna è stata la riconciliazione con l’uomo, non solo con gli uomini e le donne di “questo tempo”, ma di tutti i tempi. Questo dicono i testi del Concilio.

 

E la cosa da scoprire è proprio questa: che un Concilio che sembrava dovesse provvedere alla Chiesa e alla sua riforma ha trovato la sua strada verso il futuro, aprendo un nuovo grande discorso sull’uomo (…).

 

Il primo atto di onestà verso il Concilio è dunque ora proprio quello di riprendere in mano i documenti. Ed è gran merito di questo libro riproporli e aver chiamato a raccolta diverse competenze, per restituirne il significato e il valore (dalla Introduzione di Raniero La Valle).

 

 

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Francesco Saverio Venuti

La recezione del Concilio Vaticano II nel dibattito storiografico

Dal 1965 al 1985

Effatà Editrice, Cantalupa (TO) 2011, pp. 448


La_recezione_del_Concilio_Vaticano_II

Il Concilio Vaticano II continua a rappresentare un argomento fondamentale per comprendere la storia della Chiesa più recente. Fra le tante tematiche connesse al Vaticano II, la questione storico-ermeneutica occupa certamente un posto centrale, soprattutto in relazione al processo e alle fasi di recezione del Concilio stesso.

 

Cosa è stato il Concilio Vaticano II e qual è stato il suo apporto originale all’interno della storia della Chiesa? Continuità e riforma, oppure discontinuità e trasformazione epocale?

 

Sono interrogativi ai quali gli studiosi, con differenti orientamenti di pensiero, hanno cercato di rispondere, e che il presente volume analizza ricostruendo le tappe salienti del periodo compreso fra il 1965 e il 1985 ed esaminando la documentazione storiografica sul Concilio, alla luce della dialettica fra tradizione e progresso.

 

 

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Giovanni Tangorra

La Chiesa secondo il Concilio

Edizioni Dehoniane, Bologna 2007, pp. 344


La_Chiesa_secondo_il_Concilio

Il Vaticano II ha voluto essere un Concilio ecclesiologico: ha approfondito la natura e l’identità della Chiesa con l’intento di promuovere un’autocomprensione, che gli storici del futuro non potranno fare a meno di segnalare come una tappa rilevante nella millenaria storia della Chiesa.

 

Il volume cerca di ripercorrere il cammino dei principali temi conciliari, considerandoli dal punto di vista del soggetto-Chiesa e delle sue relazioni. Quanto a queste ultime, il Concilio ha inteso esprimere una volontà comunicativa universale: ciò l’ha condotto a porre le basi di un progetto ecumenico, di un più positivo rapporto con le varie religioni, e di un migliore dialogo col mondo.

 

Considerando la ricezione del Vaticano II ancora aperta, l’opera si inserisce nell’elenco dei testi che intendono favorirla.

 

 

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Gilles Routhier

La Chiesa dopo il Concilio

Edizioni Qiqajon, Comunità di Bose, Magnano (BI) 2007, pp. 96


La_Chiesa_dopo_il_Concilio

La recezione di un Concilio è un tempo di scelte e di decisioni, un tempo incerto dove tutto è in gioco: infatti l’abbandono di un modo di pensare e di vivere per abbracciare il nuovo richiede una vera conversione. Il libro contiene una lucida e appassionata analisi delle sfide e delle difficoltà che la Chiesa incontra nel mondo contemporaneo e dell’ininterrotta “corsa” del Vangelo nella storia dell’umanità.

 

L’Autore, professore di ecclesiologia e di teologia pratica all’Università Laval (Québec) e all’Institut catholique di Parigi, ha indirizzato la propria ricerca soprattutto sul Vaticano II e la sua recezione.

 

Un libro utile per quanti desiderano – all’interno come all’esterno della Chiesa – conoscere più da vicino la portata da quella “nuova Pentecoste” rappresentata dal Concilio Vaticano II.

 

 

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Viviana De Marco

L'ecumenismo dal Concilio Vaticano II a oggi

Città Nuova Editrice, Roma 2011, pp. 80 


Lecumenismo_dal_Concilio_Vaticano_II_a_oggi

Il volume traccia una panoramica sintetica del cammino ecumenico negli ultimi cinquant’anni, ricostruito attraverso i documenti magisteriali, i documenti di dialogo e i viaggi di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.

 

In particolare – ed è una novità nella saggistica storica sull'ecumenismo – si evidenzia il ruolo dei movimenti ecclesiali, ricostruito attraverso interviste, siti web e materiali di prima mano forniti dalle rispettive Segreterie centrali.

 

Un contributo di riflessione originale sul Concilio Vaticano II in occasione del cinquantesimo anniversario della sua inaugurazione.

 

 

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Luis A. Gallo

L'eredità pastorale del Vaticano II

Editrice Elledici, Leumann (TO) 2006, pp. 112


Leredit_pastorale_del_Vaticano_II

Il Concilio Va­ticano II ha rinnovato il volto della vita cri­stiana e della teologia.

 

Que­sto libro focalizza l’attenzione – in conformità con la prospettiva della rivista “Note di Pastorale Giovanile” che lo edita – sulla dimensione pastorale e lo fa analizzando le quattro grandi Costi­tuzioni (sulla liturgia, sulla divina rivelazione, sulla Chiesa in se stessa, sulla Chiesa nel mondo attuale) nei loro contenuti essenziali e nella loro rilevanza per la vita concreta della Chiesa e del cristiano.

 

La finalità del libro è che i giovani animatori e gli educatori possano rientrare in possesso del patri­monio che lo Spirito ha consegnato alla Chiesa e all’umanità con la celebrazione del Concilio Vaticano II.

 

 

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Cettina Militello (a cura)

Il Vaticano II e la sua ricezione al femminile

Edizioni Dehoniane, Bologna 2007, pp. 256


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Il volume traccia un bilancio sul Vaticano II a partire da una peculiare prospettiva: la novità che il Concilio ha comportato sul fronte delle donne. E tiene presenti i due aspetti della questione: quello del vissuto e della partecipazione ecclesiali e quello dell’accesso allo studio, alla ricerca, all’insegnamento della teologia, impensabile solo cinquant’anni fa.

 

A distanza di anni dal concilio, ci si interroga su quanto le donne siano diventate soggetto nella Chiesa e nella teologia. I contributi proposti sono l’esito del colloquio organizzato dall’Istituto “Costanza Scelfo” per i problemi dei laici e delle donne nella Chiesa.

 

Il tema viene approfondito a due voci, un uomo e una donna, rispetto alle quattro Costituzioni conciliari; una polarità feconda poi proposta, seppure in forma diversa, per altri testi conciliari (i Decreti e le Dichiarazioni). Il ruolo della donna e i ministeri, la soggettualità specificamente femminile, il linguaggio e i simboli, la cultura di genere e la formulazione teologica, la teologia e il suo condizionamento storico, l’antropologia teologica sono alcuni dei temi che emergono da un sentire e da un fare teologia a più voci.

 

 

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Gian Franco Svidercoschi

Un Concilio che continua

Cronaca Bilancio Prospettive del Vaticano II

Àncora Editrice, Milano 2002, pp. 192


Un_Concilio_che_continua

Che ne è stato del Concilio Vaticano II, un evento grandioso che ha segnato la vita della Chiesa cattolica nel XX secolo? Il volume racconta quanto avvenuto in quel periodo e quale impatto ha avuto sull’oggi.

 

Ripercorre gli eventi che hanno caratterizzato il Concilio e presenta i documenti che furono emanati.

 

Offre inoltre una chiave di lettura del pontificato di papa Giovanni Paolo II e del Giubileo del 2000 come pieno compimento del Concilio.

 

 

 

STORIE DI VITA - Mondo Voc ottobre                                                                        Torna al sommario

 

 

L’ENTUSIASMO DEI GIOVANI DEL TEMPO PER LA NUOVA PRIMAVERA DELLA CHIESA

 

Una feconda esperienza dello Spirito


Entusiasmo, partecipazione, progettualità; i giovani degli anni ‘60 sentivano di far parte di un evento epocale, di un maremoto ecclesiale che avrebbe cambiato le loro vite, oltre a quella della Chiesa.

 

di Michele Pignatale

 

padre_e_figlioAvevamo appena finito di cenare quando mio figlio, giovane aderente al gruppo parrocchiale di Azione Cattolica, mi chiede che cosa avesse rappresentato il Concilio Vaticano II per la mia vita e che cosa successe negli anni seguenti per la vita della Chiesa. Aveva bisogno di capire quanto i giovani del tempo avessero vissuto sull’onda di quel maremoto ecclesiale.


È stato quindi un tuffarsi nei ricordi vivi di una giovinezza che andava dispiegandosi, agli inizi degli anni 70, attraverso un impegno ecclesiale suscitato proprio dal vento fresco dello Spirito che aveva invaso la Chiesa.

 


Una Chiesa giovane e coraggiosa …

Se, come ha detto Giovanni Paolo II, il Concilio è stato senza dubbio “la grande grazia di cui la Chiesa ha beneficiato nel secolo XX”, quella grazia si è potuta riversare nei cuori attenti e aperti alla novità dei giovani del tempo.

Attraverso il soffio potente dello Spirito la Chiesa si era aperta al mondo, si diceva che avesse aperto tutte le sue finestre per lasciarsi invadere dalla fresca aria di una nuova primavera.

La Chiesa, in un tempo storico di speranza e di slancio, appariva giovane e coraggiosa nel ripensare e mettere in discussione molte idee e strutture della vita comune, pur nel tronco vivo della tradizione.


Finalmente potevamo apprezzare e gustare, attraverso una partecipazione attiva, la liturgia fino allora riservata, a causa dell’uso del latino, solo al clero. La possibilità di avvicinarsi personalmente alla Parola di Dio attraverso la lettura, l’ascolto e la meditazione, avviando un’esperienza spirituale profonda che ci ha spinto a vivere il nostro essere cristiani nel segno di una umanità autentica, universale e piena, facendoci scoprire davvero come fratelli di ogni uomo e donna, partecipi tutti della stessa umanità e responsabili tutti del bene di ciascuno.

 


… senza confini

san_pietro_Vaticano_IICosì l’incipit del documento Gaudium et Spes del Concilio “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini di oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore, procurava entusiasmo e desiderio di partecipazione, avvertendo in esso come il “sogno di Dio” sull’umanità si dovesse concretizzare nella giustizia, nell’uguaglianza, nell’accoglienza, nel perdono, nella pace. Vivere una Chiesa senza confini dove ogni uomo, di ogni razza, colore e di religione diversa era considerato fratello.


C’era un’atmosfera caratterizzata dalla voglia di cambiare il mondo, una visione ideale che fu l’origine della nascita di nuovi e numerosi carismi nella Chiesa. Specie in campo missionario, dove ebbi modo di vivere la mia esperienza ecclesiale, ci fu una nascita esplosiva di gruppi e movimenti aperti ai bisogni e alle necessità dei popoli in via di sviluppo. Il Decreto Ad Gentes divenne il riferimento ideale di questi gruppi nell’enunciare come la dimensione missionaria della Chiesa fosse il suo respiro naturale.


D’altronde la partecipazione di 1800 vescovi provenienti da tutto il mondo aveva dato l’immagine di una Chiesa davvero universale, di cui bisognava prendere coscienza.

 


Un’epopea dello Spirito …

vescovi_concilio_3È stato un tempo di entusiasmo, di progettualità che ha incrociato il formarsi dei miei anni giovanili e quelli della mia generazione, davvero fortunata nel vivere a livello ecclesiale una vera epopea dello Spirito.


Sono passati cinquant’anni e tanti sono i cambiamenti intervenuti nel mondo e nella Chiesa. Tanti sono stati i ripiegamenti e le spinte soffocate. L’uomo di oggi non è spinto più, come dice il Cardinale Tettamanzi, da una visione ideale del mondo, ma è alla ricerca di un sentire della vita ripiegato sul frammento, sull’istante, sulle emozioni, sui sentimenti e sulle esperienze che assicurano una buona qualità della propria esistenza. Lo stesso mondo giovanile ha conosciuto nel corso del tempo diverse fasi che hanno mortificato la voglia di essere protagonisti del proprio tempo.

 


… che rivive nei testi conciliari …

Ma una convinzione rimane nel cuore e cioè che i documenti del Concilio, come ha affermato Benedetto XVI all’indomani della sua elezione, “non hanno perso di attualità; i loro insegnamenti si rivelano anzi particolarmente pertinenti in rapporto alle nuove istanze della Chiesa e della presente società globalizzata”.


Per questo è importante che le nuove generazioni vengano formate allo spirito del Concilio attraverso i suoi testi, che restano ancora oggi da attuare pienamente.

 


…e nei ricordi

Mio figlio mi guarda e si stupisce del mio fervore. Riflette e poi sbotta: deve essere stato davvero un momento esaltante, se ancora oggi ti scaldi tanto. Per fortuna che Giovanni Paolo II ci ha regalato le Giornate Mondiali della Gioventù, altrimenti sai che tristezza!

 

 

 

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