PRETI IN ITALIA
Statistiche del 2003
di Vito Magno
Tentando, nell'anno 2000, un confronto tra le statistiche vocazionali di un decennio, escludemmo che si potesse parlare, in termini globali, sia di situazione di stallo, sia di inarrestabile declino; parlammo, anzi, di alcuni segni di una tendenza al miglioramento, pur concludendo che la situazione concreta della Chiesa in Italia postula nuovi criteri di evangelizzazione e, di conseguenza, anche di valutazione delle statistiche vocazionali.
Sia consentita una esemplificazione. Ho letto che, nella cattedrale di una diocesi italiana minore, i riti del Triduo pasquale dell'anno in corso, nonostante una limitata partecipazione di fedeli, sono stati celebrati in maniera particolarmente solenne poiché l'unico celebrante sacerdote era assistito da due diaconi permanenti, da due "lettori" e da alcuni "ministri non-ordinati". Ovviamente, il mutato contesto pastorale comporta un diverso criterio valutativo delle statistiche quando si vuole parlare di crisi vocazionale o viceversa. Ogni confronto statistico, perciò, ha già un suo limite nel limitarsi alla sola situazione delle vocazioni sacerdotali.
La situazione di fondo
Limitandoci al confronto tra le statistiche vocazionali più recenti, e particolarmente con quelle dell'anno 2000, subito colpiscono due dati: in termini globali, il numero di vocazioni sacerdotali in Italia, soprattutto con riferimento ai sacerdoti religiosi, diminuisce; nello stesso tempo, però, salvo qualche segno diverso, mentre il calo è costante al nord e al centro Italia, tende a scomparire nel sud della penisola.
Rispetto ai 35.019 dell'anno 2000, i sacerdoti diocesani nel 2003 sono 33.695, e quelli religiosi sono scesi da 19.448 a 17.939. Guardando a questo calo dal punto di vista geografico, i sacerdoti diocesani, al nord, sono passati, negli ultimi tre anni, da 18.459 17.886, al centro da 6.961 a 6.172, mentre al sud sono passati da 9.599 a 9.637; questa differenza tra nord-centro e sud Italia vale anche, sia pure in un quadro complessivo negativo, per i religiosi che nel 2000 nel nord Italia erano 7.206 contro gli attuali 6.656, nel Centro Italia erano 7.827 contro gli attuali 6.972, mentre nel sud Italia sono passati dai 4.415 del 2000 agli attuali 4.311, con una manifesta differenza marginale, resa ancor più significativa dal fatto che, nel 2000, per la prima volta da diversi anni, fatta eccezione dell'Abruzzo-Molise e della Sardegna, i decessi di sacerdoti nel sud dell'Italia sono di numero inferiore a quello dei nuovi ordinati: in Basilicata si sono avuti 12 nuovi ordinati a fronte di 7 decessi, in Campania, 40 nuovi ordinati contro 30 decessi, in Calabria 37 nuovi ordinati contro 11 decessi, in Puglia 32 nuovi ordinati contro 28 decessi e in Sicilia 43 nuovi ordinati contro 41 decessi. Questa differenza, diciamo territoriale, ha un suo significato, anche se il numero complessivo dei decessi di sacerdoti in Italia resta pressoché invariato (772 nel 2000, 724 nel 2003). E il significato di questa differenza tra le regioni del nord-centro Italia e quelle del sud si fa maggiormente evidente confrontando alcune cifre locali del Nord dell'Italia: 2 soli ordinati nella diocesi di Piacenza-Bobbio nel 2003 contro 15 decessi; 1 solo ordinato a Trento contro 22 decessi, 23 ordinati a Mantova contro 37 decessi, 5 nuovi ordinati a Mondovì contro 10 decessi, 2 nuovi ordinati a Bolzano Bressanone contro 13 decessi, 5 nuovi ordinati a Treviso contro 16 decessi, 7 nuovi ordinati a Padova contro 19 decessi. Contestualmente, però, proprio alcune di queste diocesi, registrano un consistente aumento dei seminaristi: Bolzano-Bressanone ne conta 148 nel solo ginnasio liceo; Treviso oltre un centinaio complessivamente e, pressoché lo stesso numero, sia Venezia sia Vicenza; buona la situazione dei seminaristi anche a Bergamo, Brescia, Como e Milano e in tutte - si noti tutte - le diocesi della Puglia.
Che cosa sta cambiando
Già osservammo in passato che i cambiamenti più vistosi e significativi si registrano in singole realtà locali. Se forse è prematuro individuarne le cause, è importante prendere atto del fatto in se stesso. Premesso che, mentre nel 2000, le diocesi senza nuovi ordinati furono 59, mentre nel 2003 sono 78, c'è da rilevare. Quasi in ogni regione, vi è qualche diocesi che mostra dati interessanti: in Basilicata, la diocesi di Acerenza, con un totale di soli 46 sacerdoti, ha avuto nel 2003 5 nuovi ordinati; 16 ne ha avuti Bergamo, contro 10 decessi; 6 Catania, con 0 decessi e 9 Ragusa contro 1 decesso. Tralasciamo particolari rilievi sulle diocesi di Milano e soprattutto di Roma. A Milano la situazione è assai buona per i noti motivi, mentre a Roma i dati largamente positivi sono dovuti al numero rilevante di religiosi presenti e alla concentrazione di clero straniero.
Già notammo in precedenza che il motivo di una situazione vocazionale più positiva nel sud dell'Italia va anche ascritta alla ripresa, per esempio, in Puglia e in Campania, dell'accoglienza di candidati nei seminari minori. Tutte le 19 diocesi della Puglia contano seminaristi di ginnasio-liceo che, ovviamente, si assottigliano nel corso filosofico e teologico: i candidati del ginnasio-liceo sono 51 nella diocesi di Conversano-Monopoli, 35 nella diocesi di Otranto e altrettanti in quella di Nardò-Gallipoli, 37 nella diocesi di Bari-Bitonto, e 34 in quella di Andria ecc.
In generale, comunque, si conferma la situazione piuttosto difficile in Emilia-Romagna (21 nuovi ordinati contro 60 decessi), anche se le diocesi di Ferrara-Comacchio e di Rimini contano rispettivamente 33 e 19 seminaristi, e Bologna conta 24 teologi; difficile la situazione anche in Liguria e nelle Marche: qui, tuttavia, la diocesi di Macerata, quasi la sola delle tredici diocesi della regione a distinguersi, conta 54 seminaristi; in Piemonte, su 17 diocesi, soltanto Torino e Novara con i loro 50 e 40 seminaristi mostrano segni di ripresa; anche in Sardegna è discreto il numero di seminaristi a Cagliari, Nuoro e Sassari; non così in Toscana dove sono molto scarsi i seminaristi; in Veneto è proprio il numero di seminaristi nelle diocesi che abbiamo ricordato che fa da pendant all'alto numero di decessi (132) rispetto ai nuovi ordinati (40) della regione.
In conclusione, i motivi di ottimismo o pessimismo, per la Chiesa italiana, non hanno il loro primo fondamento nelle statistiche vocazionali.