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Paolo-VI03 Settembre 2014 

Il 19 Ottobre sarà Beato Paolo VI

Montini, attenzione ai sacerdoti e preghiera per le vocazioni

Pellegrinaggi, eventi e convegni cominciano a delinearsi nei programmi diocesani in vista della beatificazione di Paolo VI, il 19 ottobre. Non è casuale che essa avvenga alla fine del Sinodo dei Vescovi sulla famiglia, tema oggi cruciale, che in quegli stessi giorni conoscerà ulteriori approfondimenti in un convegno a Roma sull’Humanae vitae.  Quest’enciclica, letta spesso in modo riduttivo, voleva essere nella mente del Papa bresciano un documento proprio sull’amore coniugale, scritto con occhi attenti al patrimonio dottrinale della Chiesa e alle urgenze  del mondo moderno.

L’acuta visione delle cose e l’eccezionale carica di spiritualità di Papa Montini  si prestano a molti altri studi, che vanno dal Concilio, alla bellezza e soprattutto al dialogo, in questi giorni in grande considerazione a motivo dei 50 anni dalla promulgazione dell’enciclica Ecclesiam suam. C’è  da augurarsi che tra gli elementi che si intendono raccogliere per fare un ideale ritratto di Paolo VI non manchi l’aspetto vocazionale. Scorrendo, infatti, l’ingente mole degli scritti e delle allocuzioni di questo pontefice, ci si accorge  come egli non abbia perso occasione (soprattutto nei 15 messaggi per la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni da lui stesso istituita, e poi in alcune esortazioni apostoliche come l’ Evangelii nuntiandi,  e negli incontri del mercoledì) per sottolineare sia l’importanza della risposta del cristiano alla chiamata di Dio, sia  il ruolo indispensabile degli educatori nell’orientare i giovani alla vita.

Si nota, proprio a cominciare dall’Ecclesiam suam,, documento programmatico del pontificato, come alla base del suo magistero e di ogni sua iniziativa c’è una particolare visione dell’uomo, una filosofia personalistica, che non si arresta ai confini, come fa Maritain e  Guitton, che pure gli erano amici. Seguendo itinerari antichi e nuovi della filosofia cristiana Paolo VI guarda all’uomo con gli occhi di Cristo e invita a intravederlo nella suggestione di una persona, distinta da ogni altra per specifici doni e carismi. In particolare guarda al sacerdote: uomo dell’incontro, del dialogo, del servizio, dell’amore pastorale. Dai raduni del clero romano, in occasione del tempo quaresimale, emerge il coraggio di consigliare i giovani preti a non lasciarsi lusingare dal fascino del secolarismo e dal mondano, che  “turba la limpidezza della vocazione e scuote la fermezza della scelta generosa”. Ma altrettanto fermo il suo invito ai sacerdoti anziani di rivedere le loro posizioni e di assumere comportamenti nuovi.

Eppure il grande impegno da lui profuso in un campo tanto vitale per la Chiesa,  non impedì che negli anni del suo pontificato esplodesse una crisi che nessuno aveva previsto. Nell’arco di  quindici anni, in Italia (ma con parametri analoghi in molti altri Paesi del nord del mondo), i candidati al sacerdozio si ridussero di un terzo: 30.595 nel 1962 e 10.813 nel 1975. Per la verità i fattori della crisi esistevano già prima del Concilio a causa soprattutto di un’insufficiente e riduttiva nozione di pastorale vocazionale. Paolo VI cercò di mettere un freno a questa china pericolosa appoggiando una serie di congressi internazionali per l’approfondimento teologico della vocazione, la stesura di piani vocazionali e l’istituzione di Centri Nazionali, a cui seguirono analoghe articolazioni regionali e diocesane.

Nei documenti Evangelii nuntiandi ed Evangelica Testificatio indicò per la vita sacerdotale e religiosa un modo di vivere quasi eroico, capace di esaltare la risposta più alta che una persona può dare a Dio. Infine nell’enciclica Sacerdotalis  coelibatus sostenne che la causa della rarefazione delle vocazioni andava cercata nella perdita del senso di Dio e del sacro, non nella legge ecclesiastica del celibato. Se poi si pensa che quegli anni del postconcilio furono segnati dal mutamento rapido e drammatico del panorama culturale e da laceranti contestazioni, l’avere Paolo VI  fatto proprio il problema vocazionale fa di lui il padre per eccellenza della pastorale delle vocazioni, il classico che ha saputo fondere l’antico col moderno nel tenere alti i valori assoluti di Dio e  dell’uomo.

(Vito Magno su Avvenire del 03 Settembre 2014)