19 Giugno 2013
La grande sfida per l’annuncio:
Una catechesi con il sorriso
Se infatti si guarda alle ricerche sociologiche si nota un crescendo dell’indifferenza religiosa, un infittirsi della massa di coloro che vivono come se Dio non esistesse, un vissuto di fede individualizzato privo di appartenenza alla Chiesa e di conseguenza senza pratica religiosa. In tale contesto la continuità della trasmissione della fede chiede alla catechesi di farsi cultura. Trenta anni fa Giovanni Paolo II, costituendo il Pontificio Consiglio della Cultura, ebbe a dire: “Una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta”.
Ma come parlare alla vita degli uomini e delle donne del nostro tempo, come aiutarli a interpretare cristianamente idee, atteggiamenti, esperienze, scelte di vita, se la catechesi tradizionale non riesce a comunicare messaggi comprensibili e significativi? Il problema si pone a cominciare dalla catechesi dell’iniziazione cristiana. Accompagnare i ragazzi ad essere soggetti attivi della loro educazione religiosa e mai passeggeri forzati di un viaggio da concludere con la cresima, richiede non solo la preparazione, ma anche la testimonianza dei catechisti, delle famiglie e della comunità cristiana. Non sempre si trovano persone che con simpatia, pazienza, competenza, sono capaci di convincere i ragazzi che il catechismo e la cresima sono il migliore dono che la comunità cristiana può loro fare. Né si può pensare di trasmettere il contenuto della fede servendosi solo delle parole. La fede, essendo un insieme di sentimenti, di valori, di idee, ha bisogno dell’uso di altri codici comunicativi, come il linguaggio musicale, pittorico, gestuale, ambientale.
Un’idea in proposito viene dalla parrocchia romana di Santa Maria della Speranza al Nuovo Salario, dove da molti anni è catechista suor Nellina Tursi, Figlia di Maria Ausiliatrice . “La nostra catechesi -dice la suora- avviene attraverso il gioco, il canto, la danza, il teatro. I ragazzi si sentono coinvolti, si divertono ed apprendono meglio”. Della dimensione ludica come aiuto a capire, a interiorizzare e a ricordare era convinto anche il filosofo prussiano Friedrich Nietzsche: “Non si va in chiesa per farsi venire il malumore!” diceva. E don Orione aggiungeva: “Non si serve Dio con la faccia da quaresima”. Un consiglio d’oro per il catechista viene anche da Madre Teresa di Calcutta, che alle sue suore diceva: “Non si capirà mai abbastanza quanto bene è capace di fare un sorriso”!
Un esempio di catechesi gioiosa anche sui misteri più difficili, come quello della Santissima Trinità, l’ha offerto Papa Francesco quando, nella visita alla parrocchia romana dei santi Elisabetta e Zaccaria, si è messo a dialogare dall’altare con i bambini di prima comunione. Lo faceva anche Papa Lucani nelle udienze generali. Si ricorderà la dolcezza con cui descrisse l’immagine di Dio “che è mamma”! Quel giorno la catechesi si fece poesia e si comprese meglio il senso del termine “catechesi”, che è fare eco alle parole di Gesù: “Dio è Amore”. Il rinnovamento della catechesi passa per questa via: dall’annuncio e dalla proposta di un progetto indispensabile di vita fondato sull’amore, che è ben altra cosa della fredda trasmissione di nozioni e di regole!
(P. Vito Magno su Avvenire del 19 Giugno 2013, p. 16)