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love_frenzyFebbraio 2013

Convegno Cism, area animazione della Vita consacrata

Amare sempre o amore per sempre?

 

Il convegno ha tentato di compiere un percorso impegnativo alla riscoperta della fedeltà creativa guidato da un punto luminoso: l’ordo amoris di matrice agostiniana ritradotto nella situazione esistenziale odierna.

La vita consacrata attuale non è “Il villaggio di cartone” di olmi ma trova in questo cortometraggio una parabola e una provocazione. Anche oggi, in molti casi, sembra che essa stia per giungere al capolinea e sia destinata a restare come una chiesa sconsacrata, spogliata di tutto. Troppi/e consacrati/e, come il vecchio parroco del film, si ostinano a continuare questo genere di vita come una resistenza a oltranza su un presente senza prospettive. E non si accorgono che dio sta preparando una cosa nuova, a contatto con una nuova interculturalità e una nuova umanità: non è ancora la nuova profezia della vc, ma siamo nel buono della sua preparazione. La crisi, che stiamo vivendo, non impedisce il futuro ma ne è spesso la condizione: è la fucina che lo prepara affinando, bruciando, purificando, eliminando, essenzializzando. Allora basta camminare in una seria e intelligente fedeltà creativa.
Il convegno della Cism area animazione della vita consacrata (Collevalenza 26-30 novembre 2012), attraverso il titolo emblematico amare sempre o amore per sempre?, ha tentato di compiere un percorso impegnativo alla riscoperta di questa fedeltà creativa guidato da un punto luminoso: l’ordo amoris di matrice agostiniana ritradotto nella situazione esistenziale odierna.

Ordo amoris e famiglia di origine
Il cappuccino p. Giovanni Salonia ha fatto una relazione davvero sapienziale con la ricchezza della sua preparazione e della sua professionalità. Prendendo lo spunto dall’ultimo libro di papa benedetto xvi l’infanzia di Gesù, ha messo in evidenza che la matrice dell’identità di gesù è stata la sua infanzia, con il contatto profondo vissuto con il corpo e la storia di Maria e di Giuseppe. Da ciò ricaviamo l’importanza della nostra e altrui infanzia, che ci dà il vocabolario per capire la nostra storia e quella della nostra famiglia di origine come dono e come compito. Dono e compito che hanno la loro matrice nella relazionalità trinitaria, nella quale la diversità delle persone si fa comunione nell’amore.
Per p. Salonia è importante avere chiara la distinzione fra rapporti paritari, che sussistono con un patto, e i rapporti non paritari, che sottolineano il prendersi cura in vista della maturazione della persona, che intreccia tre modi di essere: l’affidarsi, il prendersi cura e il condividere. Questo perché il vero amore sta sempre nel posto giusto, produce chiarezza affettiva ed esprime la verità delle cose e delle situazioni. Abbiamo bisogno di fare una lettura sapienziale dell’oggi per comprendere la famiglia in questo tempo. Anche se non sembra, stiamo vivendo il migliore momento di comprensione della famiglia, tra i più affascinanti come sogno e più laceranti come realtà. Mai sono stati messi così in evidenza la co-genitorialità (l’amore di entrambi i genitori è per sempre), l’importanza dei rapporti tra fratelli e sorelle, l’intercorporeità (la modalità di stare con il proprio corpo e con quello degli altri). Certo, si vivono oggi situazioni difficili di grande sofferenza, non per la comprensione di questi valori, ma per l’incapacità di viverli e allora si rende difficile “digerire” il dolore: si sta male perché non c’è stata una trama relazionale che ha permesso di integrare il trauma sofferto, per cui si è prodotto un danno che influisce al momento della separazione. Quando viene il momento di lasciare la famiglia, la separazione avviene in maniera serena oppure problematica, in base alle relazioni buone oppure ai drammi non chiariti. Si passa a una nuova famiglia (per il consacrato quella religiosa) e qui si mette particolarmente in evidenza la rivoluzione dell’amore cristiano, che rilegge tutto il vissuto nel mistero pasquale.
Nell’ordo amoris i rapporti paritari e non paritari stringono insieme il patto e il prendersi cura; si è insieme fratelli e madri. Il patto della professione religiosa ci porta a prenderci cura vicendevolmente, per aprirci a tutti gli altri. Tutto questo ha il suo punto culmine nell’eucaristia, che è il sì di famiglia sia come fratelli/sorelle che come madri e padri in vista di un sì a tutti e per tutti. Così abbiamo fatto un percorso dalla famiglia naturale, con tutte le sue componenti e gli schemi caratteristici, fino all’eucaristia, che accoglie, purifica e guarisce tutta la propria storia.

Ordo amoris e vita fraterna
La dott.sa Maria Campatelli ci ha portato a rivisitare i fondamenti. L’amore di dio si traduce in un ordo solo se noi arriviamo a toccare il nucleo centrale incandescente e non ci fermiamo alla scorza esteriore di ciò che constatiamo a prima vista. Occorre cioè mettere bene al centro il contenuto teologico ed ecclesiologico dell’antropologia cristiana, che s’impernia nella vita nuova battesimale, che ci è stata donata. La relazione, la realtà più sofferta dell’umanità, che viviamo come chiesa nella vita consacrata deve essere considerata non solo come mezzo, ma soprattutto dal punto di vista ontologico. Purtroppo, a causa del peccato abbiamo scisso la relazione della vita di comunione dalla diversità. La vita ci viene dalla relazione e dalla relazione trinitaria; non basta quindi la morale, la psicologia, la pedagogia a darci le linee di realizzazione.
Allora non si parte dalla comunità e dalle sue dinamiche per vivere la comunione, ma dalla vita in cristo. Se la fede non controlla l’impostazione della vita, sarà quest’ultima a manovrare la fede. Occorre invece partire dalla trinità. E qui abbiamo un padre, cioè una persona che ama e fa sorgere l’altro nella comunione e nella libertà. Una comunione che deve condurre a delle persone libere e amanti. Ma l’amore, come ce lo rivela cristo, è kenosi (abbassamento) e sacrificio perché è donazione. Tuttavia l’amore è anche beatitudine, una beatitudine che si sacrifica. Il che dice che se non c’è kenosi, l’amore sarà solo banalità; se non c’è beatitudine, non c’è neppure amore. Il cristianesimo è rivelazione e dono dell’amore attraverso la conformazione a cristo, che fa crescere i nostri rapporti fraterni.
Questo presuppone la croce della nostra esistenza nascosta con cristo in dio e richiede continuamente l’arte di morire per risorgere attraverso i dolori dell’uomo vecchio e i dolori del parto dell’uomo nuovo. È solo questa via kenotica che ci porta alla comunione con l’altro. Inoltre, lo spirito ci trasforma in esseri relazionali e ci apre al regno di dio verso gli ultimi tempi. C’è da chiederci, di conseguenza, dov’è il nostro epicentro: se ancora nell’uomo vecchio o nella realtà battesimale della vita nuova centrata sull’eucaristia. Ripartendo dal fondamento della relazione troviamo nell’eucaristia la nostra verità a prova del quotidiano, per un continuo superamento del punto raggiunto, attraverso l’“aspiratore” del regno di dio, che ci risucchia verso il futuro, pur nella lotta e nell’ascesi.
E tutto questo ci porta anche a elaborare una nuova cultura della comunione, vivendola in modo che trasformi la nostra esistenza e non solo le strutture, le quali troppo spesso sono diventate un tubo ingabbiato per la fabbricazione dei religiosi. L’istituzione non significa nulla se manca la vita nuova interiore. In molti casi, infatti, si è creato un cuneo, per cui si è persa la motivazione di fondo di quello che siamo e di quello che facciamo: tutta la nostra attività manca di un gesto rivelatore. Siamo all’inizio di un nuovo medioevo, nel quale si prepara la profezia rinnovata della vc, perché il consacrato è e possa diventare di nuovo colui che è capace di trasformare il mondo attraverso la testimonianza di un orizzonte unitario di esistenza, a partire da padri e madri spirituali, che sappiano vivere una vita normale trasfigurata.

Ordo amoris e nuova evangelizzazione
Il p. Nello dell’agli con la sua relazione ci ha fatto gustare la bellezza sapienziale dell’ordo amoris in relazione alla nuova evangelizzazione. I consacrati sono i primi interlocutori evangelizzati e i primi discepoli della lieta notizia che ci porta la nuova evangelizzazione. Questi tempi di crisi sono particolarmente belli per una grande purificazione e un grande risveglio di fiducia attraverso il coniugare insieme la lectio divina della parola e la lectio umana della realtà e della situazione odierna. In effetti il signore ci sta portando le “cose nuove”, perché impariamo a vivere la nostra esistenza come un parto, maturando nel travaglio di questo tempo.
Per questo, per prima cosa, risulta importante stare a proprio agio con alcune realtà particolarmente sensibili all’uomo di oggi, come accettare di sporcarsi le mani nella parola di dio e contemporaneamente nelle realtà seguenti, senza paura e senza compromessi con le logiche umane: diventare lettori esperti della corporeità; riconciliarci con il piacere (attraverso il riconoscimento dei semi di piacere che il signore ha sparso in abbondanza); accogliere e dominare l’aggressività, l’affettività e l’eros (affermando la nostra assertività e la nostra resilienza e costruendo legami affettivi appassionanti, ponendo particolare attenzione alle nostre ferite, alle opposizioni che sentiamo dentro e alle cadute sessuali); riconciliarsi con la soggettività verso l’adultità e il servizio della genitorialità. Tutto questo completato con un serio, ma sereno, cammino ascetico per la costruzione del sé in collaborazione con la grazia di dio.
Ponendo poi più strettamente in relazione
Nuova evangelizzazione e ordo amoris, occorre far coniugare e dialogare insieme amore, sapienza e giustizia, attraverso alcune armonie da realizzare per la costruzione del tempio di dio in noi con le stanze seguenti:
– la stanza centrale che appartiene direttamente a dio, sapendo liberare il mistico che è in noi, con una continua ricerca di lui. Diversamente rimaniamo squilibrati;
– la stanza della fraternità, sviluppando una buona intelligenza relazionale, perché, dopo aver lasciato la nostra famiglia di origine, ci sposiamo con una comunione di fratelli/sorelle;
– la stanza per gli amici, componendo insieme radicalità evangelica e testimonianza di fedeltà verso di loro;
– la stanza per i figli spirituali;
– la stanza per i poveri, contattandoli per imparare da loro;
– l’atrio dei gentili o stanza dell’evangelizzazione, per “restituire loro la visita”, andandoli ad incontrare nei luoghi dei loro appuntamenti.
Una bella alleanza dunque tra amore, sapienza e giustizia.
Dopo questo bellissimo percorso, i 155 partecipanti al convegno (111 suore e 44 religiosi) hanno trovato che l’ordo amoris è davvero una delle profezie più intriganti della fedeltà creativa, su cui giocare tutta la fatica del rinnovamento e del futuro. La consapevolezza è che siamo immersi in un nuovo universo, che richiede di essere presenti negli incroci più importanti dell’umanità odierna con tutta la fedeltà creativa della bella notizia del vangelo, da riproporre nella nuova evangelizzazione. L’avventura di una vc rinnovata in tale ordo amoris esige che non ci accontentiamo di trasmettere un’eredità carismatica ai nostri giovani, ma che soprattutto sappiamo generare degli eredi significativi del nostro carisma attraverso l’animazione vocazionale e la formazione. È quanto ci auguriamo, consegnandoci fiduciosi ancora una volta alle vie misteriose dell’amore del Signore.

(Beppe M. Roggia, su Testimoni 1 del 2013)