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ArgentinaOFS023Giugno 2012

Assemblea semestrale Superiori Generali. Sfide della Vita Consacrata in America Latina.

La vita consacrata oltre oceano

 

Con una certa sorpresa, nel corso di questa 79ª Assemblea, ci si è accorti che la sostanza delle sfide attuali della vita consacrata è molto più simile, tra un continente e l’altro, di quanto forse non si è soliti pensare. Invitati per l’occasione cinque relatori di cinque diversi paesi.

Da sempre le Assemblee semestrali dei superiori generali (USG) costituiscono una preziosa occasione per un confronto aperto sui problemi più sensibili della vita dei rispettivi istituti religiosi.
Anche se le assemblee non si concludono solitamente con mozioni vincolanti, il sistematico incontro confronto semestrale è già in sé un evento di assoluta importanza. Dal 23 al 25 maggio, 130 superiori generali e non, si sono ritrovati – come sempre al Salesianum di Roma – per una messa a fuoco della VC in America Latina e nei Caraibi. Più volte, in precedenza, il confronto era avvenuto sulle sfide della VC in Europa. Con una certa sorpresa, nel corso di questa 79ª Assemblea, ci si è accorti che la sostanza di queste sfide è molto più simile, tra un continente e l’altro, di quanto forse non si è soliti pensare. I cinque relatori invitati per l’occasione provenivano da cinque diversi paesi latino-americani: Cile (mons. Ezzati, arcivescovo di Santiago del Cile), Paraguay (Roque Costa Ortiz, laico, segretario aggiunto della Conferenza episcopale), Caraibi (Angel Darío Carrero, ofm), Colombia (fr. Carlos Gómez Restrepo, fsc), Messico (Alex Zatyrka, gesuita). Pur appartenendo a una stessa sia pur vastissima area geografica, le differenze (emerse dagli interventi) tra un paese e l’altro, erano tutt’altro che secondarie.

Storia di santità e martirio e momenti di difficoltà
Il presidente USG (il salesiano don Pascual Chávez) avrebbe dovuto presiedere di persona l’assemblea, ma, per ragioni di salute, era forzatamente assente. In America Latina e Caraibi, aveva scritto nella sua breve relazione introduttiva, «moltissimo si è fatto nell’ambito dell’evangelizzazione delle culture, nel terreno della promozione umana e della difesa dei diritti della persona, in particolare degli indigeni, degli afroamericani e della donna. Si tratta di una storia di santità e di martirio, di grande solidarietà con i più poveri ed emarginati, di profondo senso di Chiesa, anche se non sono mancati momenti di difficoltà e chiaroscuri».
In questa “storia di santità e di martirio” da una parte e di “momenti di difficoltà e chiaroscuri”, soprattutto attuali, dall’altra, c’è la chiave interpretativa di tutti gli interventi ascoltati in aula. Anche se i relatori, molto responsabilmente, concludevano con segni di speranza per il futuro, è un fatto che nessuno ha sottovalutato la problematicità della VC soprattutto nel momento attuale. A beneficio dei partecipanti, nell’economia dei lavori assembleari, era stato chiesto a due superiori generali, p. Antonio Pernia, verbita, e p. Josep Abella, claretiano, il compito tutt’altro che semplice di fare una sintesi di quanto detto dai relatori. P. Pernia vi ha colto soprattutto tre convergenze: la prospettiva fondamentale sulla VC, l’analisi molto realistica della crisi che la VC sta attraversando
oggi nel continente latino americano e caraibico, le proposte per il futuro. Non si poteva non cogliere con gratitudine, ha detto, «il ruolo indispensabile dei religiosi/e nella missione dell’evangelizzazione, specialmente il loro lavoro tra i poveri e gli abbandonati (attraverso la pastorale, la salute e i centri sociali) e il loro contributo alla creazione e all’umanizzazione della cultura (attraverso le loro istituzioni educative, collegi e università). E questo lavoro è stato portato avanti gratuitamente, dando forma concreta alla nozione di dono data alla VC». Ma è altrettanto certo che le attuali strutture della VC, l’organizzazione, lo stile di vita, i metodi di lavoro «non rispondono più ai bisogni e alle sfide di una società che è cambiata e sta cambiando in modo radicale». È una società «pluralistica, multi-culturale, post-moderna, post-cristiana, globalizzata, plasmata dall’informazione moderna e dalla tecnologia della comunicazione, e produttrice di nuove forme di povertà e di esclusione». Si è di fronte a un vero e proprio «cambio storico o epocale, che suppone un cambiamento nel nostro modo di capire la persona umana e il suo rapporto con il mondo e con Dio». Malgrado, però, la crisi attuale della VC, una crisi “profonda e reale”, i relatori «sono convinti che la VC come tale non sta per morire, né per scomparire. Non è ancora diventato un pezzo da museo». La crisi potrebbe trasformarsi in una possibilità di crescita se sapesse essere “dono e presenza viva e profetica dello Spirito che vuole rinnovare la Chiesa”.

Un cambio radicale di paradigma
Analogo il discorso di p. Abella. Nei vari interventi è innegabile la consapevolezza di un radicale cambio di paradigma, tra passato e presente, in termini molto problematici. I sintomi preoccupanti di un sempre più diffuso malessere della VC nel continente latino-americano sono sotto gli occhi di tutti: disorientamento culturale, delusione di fronte al fallimento di grandi progetti, incapacità di rispondere agli aneliti più profondi di felicità e comunione, ricerca di vie d’uscita facili e rapide di fronte a una situazione di inquietante consumismo, senso diffuso di frustrazione di fronte all’incapacità di risolvere i problemi. In una situazione del genere, ha commentato p. Abella, si dovrebbe prendere coscienza, anzitutto, che «viviamo e cresciamo in questo humus culturale» respirando inevitabilmente «l’aria di questo tempo storico nel quale ci è toccato di vivere». Nello stesso tempo, però, al di là dell’analisi concreta dei problemi della vita di tutti i giorni, bisognerebbe saper scoprire «quella nostalgia di senso, d’amore di Dio, che continua a essere presente in ogni cuore umano».
Cercando di cogliere alcune prospettive di futuro emerse dai relatori, p. Abella le ha sintetizzate in queste precise indicazioni: approfondimento della dimensione teologale della VC, piena assunzione della nostra responsabilità ecclesiale con gioia e umiltà, con grande audacia e generosità, pieno coinvolgimento nei processi decisionali dei nuovi soggetti emergenti nella società latinoamericana (le popolazioni indigene, gli afroamericani, la donna, i giovani ecc.), una sempre più convinta e decisa opzione per i poveri e la giustizia, l’urgenza inderogabile di una pastorale sempre più “vocazionale” nel senso ampio del termine e, infine, l’opportunità di affrontare in modo sempre più consapevole il problema delle nuove tecnologie della comunicazione.

La cultura digitale nuovo campo della missione
Una risposta puntuale a quest’ultima richiesta, in assemblea, è venuta dalla religiosa brasiliana Joana Puntel, paolina, un’esperta del settore, nel suo intervento su “Abitare la cultura digitale: interrogativi, esperienze, suggerimenti per la VC”. Ha esordito soffermandosi a lungo sugli atteggiamenti comunicativi di Gesù, l’uomo della parola e del silenzio, della meditazione notturna e diurna. Ma l’aspetto sicuramente più problematico e, insieme, ricco di futuro sviluppato dalla relatrice è stato quello riguardante la cultura digitale che anche in America Latina, come ovunque oggi nel mondo, chiama in causa, insieme alla Chiesa e all’intera società, anche la VC.
Il mondo della comunicazione sta sempre più diventando un vero e proprio terreno di missione. Si può capire il senso della “rivoluzione mediatica” solo prendendo coscienza dei “mutamenti” fondamentali che le nuove tecnologie operano negli individui e nella società, per esempio nei rapporti familiari, nel lavoro, nell’educazione, nell’evangelizzazione. Non basta prendere atto delle nuove potenzialità delle tecnologie. Oggi si deve sempre più riflettere sulle loro implicazioni in campo ecclesiale, sociale, culturale, economico, politico. Queste nuove tecnologie stanno letteralmente “trasformando” il mondo. Oggi si corre il rischio di vivere nella postmodernità senza neanche accorgersene. Ogni giorno nascono “nuovi paradigmi” interpretativi della realtà nella quale siamo immersi. Parlare di mondo digitale significa anche parlare “di nuovi metodi di apprendere, di percepire la fede”, significa rivedere i tradizionali metodi pastorali, catechistico-educativi. I giovani che entrano oggi nelle congregazioni religiose provengono da un mondo diverso da quello generalmente abitato dai loro superiori, formatori, educatori. Forse oggi è il caso che anche i religiosi provino a interrogarsi seriamente sul tipo di profezia che dovrebbe contrassegnare il loro comportamento nel mondo della comunicazione.
Il vivace dibattito seguito all’esposizione della relatrice ha confermato l’interesse e l’estrema attualità con cui il problema è oggi percepito anche dai superiori generali. A un superiore che si interrogava sull’opportunità o meno di adottare delle “regole” nell’uso di questi nuovi strumenti tecnologici, la relatrice si è detta del tutto contraria. L’alternativa è quella molto più impegnativa di una formazione delle persone al senso di responsabilità personale anche e soprattutto in un campo delicato come questo. A conclusione dell’assemblea hanno preso la parola due “ascoltatori” (Francis Mark e Alex Zatyrka) incaricati di tentare una sintesi sulla base non solo delle cinque relazioni, ma anche delle reazioni da parte dell’assemblea. Le sfide emerse dall’analisi della situazione latino americana, è stato ripetutamente affermato, sono in buona parte le sfide proprie anche di altri continenti. Sarebbe ingeneroso, però, cogliere solo gli aspetti critici e problematici, senza dare il giusto rilievo a quanto di positivo i religiosi continuano a costruire.

Ripensare la prospettiva teologica
Il saluto conclusivo, al termine dei lavori, è stato rivolto all’assemblea dal vice presidente p. Josep Abella. Nella più stretta attenzione alla problematicità della vita religiosa di oggi, ha detto, va però costantemente ripensata la sua prospettiva teologica in stretta connessione alle domande che vengono anche dai poveri, dagli esclusi. Il cammino dell’Unione dei superiori generali continua, in piena consonanza con il cammino della Chiesa. Un primo importante appuntamento in tal senso sarà quello del prossimo Sinodo episcopale sulla nuova evangelizzazione, al quale parteciperanno attivamente anche una decina di superiori generali e sul quale si interrogherà in maniera approfondita anche la prossima assemblea semestrale (21-23 novembre 2012). Dispiace solo, come è stato osservato da qualcuno dei presenti nelle battute finali prima di sciogliere l’assemblea, che ai lavori del sinodo episcopale l’Unione dei superiori generali non possa ancora mandare in sua rappresentanza i generali di istituti religiosi laicali. Per la prima volta, comunque, sia pure con esito negativo, una richiesta in tal senso, era stata ufficialmente avanzata proprio in vista del prossimo sinodo di ottobre. C’è solo da sperare che prima o poi anche quest’ultima “frontiera” venga finalmente, e con buona pace di tutti, superata.

(Angelo Arrighini, su Testimoni 11 del 2012)