ATTUALITÀ - Mondo Voc agosto-settembre 2014                                    Torna al sommario

 

 

L’INCONTRO DI PAPA FRANCESCO CON IL MONDO SCOLASTICO

“Non lasciarsi rubare l’amore per la scuola”

L’alleanza tra insegnanti e famiglie a beneficio degli alunni

 

Le caratteristiche che la scuola deve avere secondo Papa Francesco, per essere non solo un luogo di trasmissione di vari saperi, ma una vera palestra di vita, aperta all’incontro con le persone e le culture, in un orizzonte di progressiva umanizzazione.


di Salvatore Izzo

 

papa-francesco-_scuola“Amo la scuola perché è sinonimo di apertura alla realtà. Almeno così dovrebbe essere! Non sempre lo è, e allora vuol dire che bisogna cambiare un po’ l’impostazione”. Lo ha confidato Papa Francesco in occasione del maxi-raduno del mondo della scuola promosso lo scorso 10 maggio dalla Cei in piazza San Pietro e concluso da un’invocazione rimasta famosa: “Per favore non lasciamoci rubare l’amore per la scuola!”.

 


Una scuola aperta

Nell’occasione, il Pontefice ha reso omaggio ad “un grande educatore italiano, che era un prete: don Lorenzo Milani”, al quale si è ispirato per affermare: “gli insegnanti sono i primi che devono rimanere aperti alla realtà, con la mente sempre aperta a imparare!”. Papa Francesco, dunque, ama la scuola perché “apre la mente e il cuore alla realtà, come insegnava don Milani” e educa a “una cultura dell’incontro”, nella necessaria alleanza con la famiglia.Andare a scuola - ha spiegato - significa aprire la mente e il cuore alla realtà, nella ricchezza dei suoi aspetti, delle sue dimensioni”. “Questo è bellissimo! è il primo motivo per cui amo la scuola”, ha aggiunto rivolto ai 300 mila partecipanti, sottolineando che “se un insegnante non è aperto a imparare, non è un buon insegnante, e non è nemmeno interessante; i ragazzi capiscono, hanno ‘fiuto’, e sono attratti dai professori che hanno un pensiero aperto, ‘incompiuto’, che cercano un ‘di più’, e così contagiano questo atteggiamento agli studenti”. Personalmente sono grato, ha rivelato in proposito Jorge Mario Bergoglio, “alla mia prima insegnante, una maestra che mi ha preso a 6 anni, al primo livello della scuola”. “Mai ho potuto dimenticarla. Sono andato a trovarla tutta la vita, fino a quando è mancata a 98 anni. Amo la scuola perché quella donna mi ha insegnato ad amarla”.

 


La cultura dell’incontro

papa-francesco-_scuola_3“Un altro motivo - ha poi elencato il Papa - è che la scuola è un luogo di incontro. Si incontrano i compagni; si incontrano gli insegnanti; si incontra il personale assistente. I genitori incontrano i professori; il preside incontra le famiglie, eccetera. È un luogo di incontro. E questo è fondamentale nell’età della crescita, come complemento alla famiglia”.


“La scuola - ha rilevato - è la prima società che integra la famiglia. La famiglia e la scuola non vanno mai contrapposte! Sono complementari, e dunque è importante che collaborino, nel rispetto reciproco. E le famiglie dei ragazzi di una classe possono fare tanto collaborando insieme tra di loro e con gli insegnanti: abbiamo bisogno di questa cultura dell’incontro”. “Questo - ha aggiunto Francesco - fa pensare a un proverbio africano che dice: ‘Per educare un figlio ci vuole un villaggio’”.

 


Ci sono i confini ma anche l’orizzonte

papa-francesco-_scuola_4Per Papa Francesco, “l’educazione non può essere neutra. O è positiva o è negativa; o arricchisce o impoverisce; o fa crescere la persona o la deprime, persino può corromperla. La missione della scuola è sviluppare il senso del vero, del bene e del bello”. “E questo - ha spiegato - avviene attraverso un cammino ricco, fatto di tanti ingredienti. Ecco perché ci sono tante discipline”.


Per il Pontefice lo sviluppo è frutto “di diversi elementi che agiscono insieme e stimolano l’intelligenza, la coscienza, l’affettività, il corpo, […] dimensioni che non sono mai separate, ma sempre intrecciate”. Poco prima di essere eletto Papa, il cardinale Bergoglio aveva parlato in modo analogo celebrando a Buenos Aires per 5.000 studenti, provenienti da scuole pubbliche e private della città. Nell’omelia, infatti, aveva sottolineato l’importanza per gli adolescenti di crescere “con il senso del limite e la speranza dell’orizzonte”, perché “una educazione incentrata solo sul limite prevalica la personalità e rimuove la libertà”,  e così “non si può educare, perché se uno cresce, cresce poco”. Né è possibile “un puro orizzonte di armonia senza disporre di un punto d’appoggio: sarebbe una formazione al relativismo esistenziale”, dimensione nella quale tutti credono di avere una “propria verità”. Secondo l’allora arcivescovo di Baires, invece, “educare richiede la combinazione di confine e orizzonte, sapendo chiaramente che devi solo incoraggiarli”.


 

papa-francesco-_scuola_5Dare a ciascuno il suo voto

Un episodio significativo (e rivelatore della visione alta che ha della scuola) risale all’epoca nella quale il futuro Papa Francesco era semplicemente il professor Jorge Mario Bergoglio. Siamo nell’anno scolastico 1964/65 e Bergoglio, a 28 anni, insegnava psicologia, letteratura e arte. Uno dei suoi alunni, José Maria Candioti, oggi un avvocato sessantaquattrenne, ha confessato recentemente di essersi comportato in modo “arrogante” verso il suo giovane professore: “dopo un esame - ha ricostruito - gli dissi che avevo risposto bene a tutte le domande grazie alla mia grande conoscenza della materia, ma che in realtà non avevo studiato affatto. La sua risposta mi segnò per tutta la vita. Mi diede dieci per l’esame ma aggiunse: ‘Visto che non hai studiato ti do anche zero. Dieci più zero fa dieci, diviso due cinque. Questo è il tuo voto finale’”. “Una bella lezione di umiltà”, ha commentato l’antico studente che al professor Bergoglio deve anche l’apertura verso vasti orizzonti culturali. “Ricordo - ha raccontato - che invitava molti scrittori a parlarci di letteratura, tra questi, nel 1965, Jorge Luis Borges, che tenne per noi un seminario di letteratura gauchista”. Papa Francesco da giovane “era un grande ammiratore di Borges”. E dall’incontro tra i due grandi nacque un concorso letterario e il libro ‘Cuentos originales’”, con la prefazione di Borges.

 

 

 

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