STORIE DI VITA - Mondo Voc aprile 2014                                      Torna al sommario

 

 

“Ortocircuito”, UN frutto dell’otto per mille

Una nuova fioritura

Quando i sogni diventano realtà


Un’esperienza di riscatto sociale, una cooperativa per la rinascita di persone sospinte ai margini della vita che vi rientrano con entusiasmo e un nuovo protagonismo


di Stefania Careddu


terriccio

C’è un giardino, a Palermo, dove germogliano piante e rifiorisce la vita di chi se ne prende cura. “Ortocircuito” è uno dei tanti sogni che, grazie ai fondi dell’otto per mille, ha potuto diventare realtà, concretizzando il principio di corresponsabilità che è alla base delle donazioni alla Chiesa cattolica.

 

Nato da un’idea di Enzo Sanfilippo e reso possibile dalla cooperativa sociale “Solidarietà”, in collaborazione con Caritas e Dipartimento salute mentale Usl 6 di Palermo, il progetto offre percorsi professionali per persone con disagio psichico. Nel vivaio Ibervillea si coltivano e si vendono cactus, succulente, euphorbiacee, cactacee, ma si organizzano anche visite guidate per i ragazzi delle scuole nelle serre e nei laboratori verdi.

 

 

Semi di vita

semeLe piantine grasse sono complicate da trattare per via delle spine che fanno paura. Servono guanti, pazienza e tanto amore per aiutarle a crescere e a fiorire. Lo stesso vale per chi soffre per una disabilità mentale, che spesso viene relegato ai margini della società a causa dei suoi disturbi. Ma con “Ortocircuito”, uomini e donne che hanno vissuto l’esperienza del ricovero e a volte dell’elettroshock, ritrovano la dignità e la possibilità di un riscatto.


Come Sandro che da 11 anni ha un malattia psichica. Davanti a tale diagnosi, dice “o ti arrendi o cerchi di tornare alla vita. E io volevo tornare a vivere”. “Da 4 anni [da quando lavora nel vivaio] va meglio”, confida. “Vedere spuntare una pianta – sorride – ti dà soddisfazione. Prendi un seme, lo metti a terra e da lì nasce una sequoia millenaria: tutto questo è miracoloso”.


Anche Giusy ha attraversato il tunnel dell’emarginazione e della sofferenza: “sono stata ricoverata tante volte, sentivo le voci, ma i medici non riuscivano a trovare una cura. Mi hanno sottoposto all’elettroshock e ad altre prove. Poi finalmente un dottore mi ha indirizzato verso la cooperativa pensando che il lavoro mi avrebbe distratto dai miei problemi”. Così è stato. Giusy è tra le veterane del gruppo. “Quando siamo arrivati qui, 13 anni fa – racconta – c’erano solo sterpaglie. Abbiamo iniziato a zappare, a togliere le erbacce e man mano le piante sono cresciute. La cooperativa ha fatto costruire una serra dove sono esposte le piante in vendita e ora ne abbiamo un’altra dove teniamo quelle di nostra produzione”. Nell’area del vivaio, è stato realizzato anche un piccolo planisfero con i cinque continenti, meta delle visite guidate di numerose scolaresche. “Sono contenta di lavorare e di stare in mezzo ai bambini. Il mio sogno era di essere una brava maestra e qui lo sto realizzando”, confida Giusy.

 

 

Dall’emarginazione all’inclusione

serra“Sono molti i cittadini che vengono a trovarci e, attraverso questa esperienza, fanno un percorso che dalla ghettizzazione e dall’esclusione porta alla comunità, al riconoscimento di ciascuno, comprese le persone più fragili”, spiega Sanfilippo. “Abbiamo voluto creare in questo posto, che è la vecchia colonia agricola dell’ex manicomio, un’impresa di comunità che – sottolinea – si fonda su tre capisaldi: il lavoro vero, con la produzione di cose utili e belle, la salute, perché attraverso la produzione c’è riconoscimento, ascolto e costruzione di benessere, e la comunità”.


Il reinserimento lavorativo, obiettivo della cooperativa Solidarietà che dal 1981 è impegnata nell’accoglienza e nel sostegno dei disabili mentali, è un punto qualificante della psichiatria moderna e mira ad aiutare il soggetto fragile a ritrovarsi nella società e a vivere come un vero cittadino. Lo stare insieme, il raccontarsi, il produrre qualcosa, l’essere gratificati per il lavoro svolto sono tutti elementi che aiutano il paziente a superare il proprio disagio. E il miglioramento della condizione delle persone fragili implica di conseguenza il benessere dei familiari. Un effetto domino che ha ricadute positive sul malato, sulla famiglia, ma anche sugli operatori, sulla comunità e sull’intera società.

Basta un seme infatti per far germogliare una pianta secolare. E con essa la vita.

 

 


Copyright © La riproduzione degli articoli di MondoVoc richiede il permesso espresso dell'editore