LETTERE - Mondo Voc marzo 2014                                             Torna al sommario



perrone

 

 

 

√ Una nipote irriconoscibile

 

 

 

√ Il turpiloquio tra i giovani

 

 

 


Risponde Padre Sandro Perrone

 

 

Una nipote irriconoscibile

Caro Padre, le scrivo per sfogarmi e non credo che vi possa essere una risposta davvero soddisfacente. Una mia nipote (la mia prediletta, devo dire), che aveva seguito tutta la trafila classica della “brava ragazza”, tutta “casa e Chiesa”, con tanto di impegno in parrocchia con il catechismo, il volontariato, la Caritas, gli scout e, addirittura, una estate con i missionari in Africa, a poco a poco si è “allontanata”. Piccole cose, ma significative, soprattutto da quando ha cominciato a frequentare l’università, terminata poi brillantemente. Le difficoltà iniziali nel mondo del lavoro hanno “giustificato” la scelta di non sposarsi ma andare a convivere con il “compagno”. Trovato un lavoro stabile (e ben remunerato), la “scusa” è stata: meglio riflettere e provare bene prima, per non fallire poi. Qualche mese fa è nato un bambino e anche allora: ci vogliamo bene, che motivo c’è di regolarizzare? Ma quello che mi ha colpito di più (e fatto soffrire e davvero non riesco ad accettarlo) è stata la scelta di non battezzare il bambino: sceglierà lui a suo tempo! Caro Padre, dove è finita quella bambina così buona e così brava che ho contribuito a educare ai sani principi? E tutto quell’agitarsi in chiesa era per farsi vedere? Cosa abbiamo sbagliato noi grandi? Per ché questi fallimenti?

(Una zia che non si dà pace, Milano)


 

Cara zia, forse sono più anziano di te, ma permettimi ugualmente di chiamarti zia (ho un ricordo bellissimo e dolcissimo di una zia a me carissima, che ora purtroppo non c’è più). Vorrei cominciare dalla fine: perché parlare di fallimenti e di errori? Chi agisce in buona fede e con amore, non sbaglia mai. Non ci si deve rimproverare nulla. Sicuramente si poteva fare di più e meglio, ma quando uno ha fatto tutto quello che poteva fare, quando lo ha fatto con impegno, amore, intelligenza, non si deve rimproverare che l’opera compiuta non sia venuta bene. Le persone non sono cose, né oggetti. Non si tratta di creare un vaso o di forgiare del ferro. In questo caso, se l’opera non è venuta bene, puoi buttarla via oppure ricominciare daccapo. Con le persone non è così. Ad un certo momento, prima o poi, le persone cominciano a camminare con le proprie gambe e a ragionare con la propria testa. Il bimbo piccolissimo, bisognoso di tutto, comincia a crescere e diventa fanciullo e poi ragazzo e poi giovane e poi adulto. Dobbiamo essere contenti per l’opera compiuta, anche se l’opera comincia ad andare là dove a noi non piace che vada. È il gioco, meraviglioso e tragico, della libertà umana. Se Dio la rispetta, se lui stesso lascia che noi sbagliamo e gli voltiamo le spalle e ci allontaniamo da lui, chi siamo noi per voler fare diversamente? “Ma questo è sbagliato! - gridiamo al Signore - “e Tu lo devi impedire!”. Ma Dio non lo impedisce e lascia che l’uomo possa sbagliare (questo è il peccato: non fidarci di Dio e voler fare di testa propria). Rimane certamente la delusione per quello che poteva essere e non è. Ma dobbiamo rimanere con la certezza, sulla parola di Gesù, che il bene compiuto non è stata fatica sprecata invano; a suo tempo, il seme gettato nella buona terra spunterà come pianta rigogliosa. Quando, o Signore? I tempi e i modi sono noti a lui solo. A noi deve bastare aver collaborato con umiltà e fiducia alla sua opera.



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Il turpiloquio tra i giovani

Caro Padre, qualche giorno fa ho letto su un quotidiano nazionale un articolo che descriveva molto bene la situazione di degrado e di decadenza in cui è caduta la nostra povera Italia e lo faceva a partire da un fenomeno che mi sembra sempre più diffuso: il turpiloquio e la bestemmia tra gli adolescenti. Sono una mamma di due adolescenti e non mi illudo che i miei figli facciano eccezione o siano degli angioletti. Ma che fare in proposito?

(Una mamma in difficoltà, Verona)

 


Cara mamma in difficoltà, non posso che confermare quanto hai scritto e che riscontro continuamente nel sacramento della confessione: i nostri ragazzi, maschi e femmine, bestemmiano “come carrettieri”, si diceva una volta. Il cinema, la televisione, la radio, i giornali, hanno da tempo “sdoganato” la parolaccia, che invade e travolge ogni nostro discorso, fino a diventare un intercalare automatico e fastidioso. Particolarmente penosa e brutta è la situazione quando la parolaccia diventa bestemmia volgare e oscena. L’unica arma a disposizione è l’educazione. A scuola (ma non lo fa nessuno. Spesso sono gli insegnanti i primi a dare il cattivo esempio); in parrocchia, insistendo con il parroco e i catechisti; soprattutto in famiglia, facendo comprendere che il turpiloquio non è “da grandi” e la bestemmia è solo insulto a Dio. Ovviamente, la prima cosa da fare è il buon esempio: se i figli sentono in casa le prime parolacce, possiamo essere certi che non ci sarà educazione che tenga!

 

 

 

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