STORIE DI VITA - Mondo Voc gennaio 2014                                      Torna al sommario

 

 

CELEBRARE CANTANDO: STATO DELL’ARTE NELL’ITALIA POSTCONCILIARE

A suon di musica

La riforma liturgica del Vaticano II

Tre storie significative 

 

Le esperienze in atto presso alcune importanti diocesi italiane per attuare la riforma liturgica in ambito musicale voluta dal Concilio Vaticano II. Messina, Reggio Emilia, Torino – tra le altre – mostrano come un grande patrimonio possa essere valorizzato e incentivato come via privilegiata di evangelizzazione e catechesi.

 

di Stefania Careddu


coro_messinaCori, corsi di formazione e perfezionamento, istituti diocesani di musica sacra, ma anche prove, libretti e perfino mailing list. Sono diversi gli strumenti che in tutta Italia vengono utilizzati per attuare la riforma liturgica a livello musicale.  Con l’obiettivo, indicato dai documenti conciliari, di rendere l’assemblea protagonista – e non spettatrice – della celebrazione.

 


Un coro per tutti

“Il vero stonato davanti a Dio è chi non canta”, ama ripetere il maestro Angelo Cannata quando fa le prove prima che inizi la messa, incoraggiando tutti a cantare. “C’è una grande attenzione verso l’assemblea affinché possa entrare al meglio nella dinamica del rito. Per questo scegliamo melodie e testi facilmente orecchiabili, facciamo le prove e distribuiamo il libretto con parole e musica. In alcune occasioni particolari, poi, stampiamo il fascicolo completo dei canti che diventa repertorio anche di quella parrocchia”, spiega Cannata. Responsabile di due cori parrocchiali e di quello della Cattedrale, Cannata è anche il coordinatore del Coro diocesano “Santa Maria della Lettera” di Messina, nato come laboratorio all’interno della Scuola di musica della diocesi istituita come risposta all’esigenza “di avere un repertorio condiviso, di leggere la musica e di conoscere i dettami della liturgia”.


“Il Coro è composto da un gruppo stabile di 60-80 elementi che si incontrano settimanalmente per preparare le celebrazioni. A questi si aggiungono i cantori dei vari cori parrocchiali. Le prove infatti sono aperte a tutti”, continua il maestro che per non disperdere il patrimonio creato nel corso degli anni e diffonderlo sul territorio ha avuto l’idea di inviare i fascicoli dei canti (completo, estratto per cantori e estratto per l’assemblea) anche via mail. “Inizialmente era un modo per far avere questo materiale ai direttori dei cori sparsi in diocesi, ma adesso raggiungiamo oltre 560 destinatari che si trovano in tutta Italia”, dice con soddisfazione Cannata.

 


Un esperimento riuscito

coro_diocesano“La gente ha bisogno di canti che supportino la fede e il rapporto con Dio: per questo è fondamentale scegliere brani con testi calibrati, ragionati perché possano essere davvero preghiera”, osserva da parte sua Paolo Iotti, uno dei musicisti che ha dato il via all’Istituto diocesano di musica e liturgia di Reggio Emilia. “Abbiamo ricevuto – racconta – l’eredità straordinaria di due persone che hanno vissuto il Concilio: monsignor Orlandini, morto ultraottantenne dopo aver diretto per oltre 30 anni l’ufficio liturgico diocesano, e don Guglielmi, a cui è intitolato l’Istituto di cui è stato il primo direttore: entrambi hanno testimoniato l’impegno, l’entusiasmo, la competenza e la necessità dello studio”.

Su questa scia è nata la Scuola di musica che, negli anni 90 – tra le prime in Italia – si è poi strutturata in Istituto recependo le indicazioni della Conferenza Episcopale Italiana. Con oltre 100 iscritti e una quindicina di docenti, sotto l’egida di Giovanni Mareggini, flautista affermato ed apprezzato in ambito internazionale, l’Istituto reggino “è diventato – rileva Iotti – un interlocutore credibile a livello culturale anche per le istituzioni”.


Oltre al Coro, che raccoglie gli animatori liturgici delle varie parrocchie, gli allievi e gli ex allievi della scuola per animare le celebrazioni diocesane, l’Istituto promuove la rivista “Celebrare Cantando” che “da piccolo bollettino si è trasformato in uno strumento che ha varcato i confini locali portando canti e riflessioni sul territorio nazionale” e “PhosHilarion”, una rassegna di concerti che si tiene in una Casa per malati terminali. “Abbiamo realizzato anche dei CD, l’ultimo in collaborazione con la cantante Ivana Spagna e il fratello musicista”, continua Iotti sottolineando che “si può fare musica di Chiesa coinvolgendo l’assemblea in modo non banale”.

 


Canto e liturgia, via per arrivare a Dio

Istituto_di_Musica_e_LiturgiaSe “favorire la partecipazione dell’assemblea” è prioritario, bisogna tenere in debito conto le esigenze della singola comunità, facendo attenzione “a diversificare i linguaggi e a valorizzare, quando c’è, la presenza delle comunità etniche che con i loro suoni e ritmi diversi scaldano e provocano il coinvolgimento”, spiega Morena Baldacci, che nell’ufficio liturgico della diocesi di Torino si occupa principalmente di formazione e di pastorale.  Per lei “la liturgia è una vera e propria vocazione, un modo di vivere la fede, una via privilegiata per incontrare Dio che è divenuta anche lavoro, impegno e ovviamente passione”. Quella vocazione, “scoperta  misteriosamente nel cammino di riavvicinamento alla fede, durante una Veglia di Pasqua”, ha aperto “un sentiero che si è snodato prima nella formazione teologica e poi nell’insegnamento e nella collaborazione con l’ufficio liturgico”.


Grazie all’opera del cardinale Michele Pellegrino, “uno dei padri della riforma liturgica” e a quella dei salesiani, infatti, la diocesi di Torino è stata “un cantiere liturgico straordinario, unico, che ha visto convergere il lavoro di persone eccezionali”. Così, rileva Morena Baldacci, l’ufficio liturgico torinese – è stato uno dei primi in Italia – ha promosso sin dall’inizio la formazione dei ministeri laicali, come quello dei lettori, dei ministri straordinari dell’Eucaristia, degli animatori liturgici ed ha avviato, ben 40 anni fa, l’Istituto di Musica e Liturgia. “Attualmente – aggiunge Morena – l’ufficio si sta confrontando con nuovi orizzonti pastorali, curando ad esempio la formazione dei laici che guidano la preghiera nelle comunità dove manca il presbitero, dei ‘ministri della consolazione’, cioè coloro che accompagnano le famiglie che vivono un lutto. C’è poi il fronte della pastorale battesimale che vede in prima linea molte coppie”.


Cerchiamo di favorire il coinvolgimento dei giovani adulti e senza dubbio la frontiera della carità è un ambito che interessa pure la pastorale giovanile”, continua la collaboratrice dell’ufficio ricordando che “resta fondamentale la cura dell’Eucaristia domenicale, luogo che accoglie tutti e dove tutto, dalla processione, agli oggetti, ai fiori, ai canti concorre a rendere piacevole la convivenza della famiglia cristiana e a trasformare la celebrazione in un luogo di fraternità che apre a Dio”. A livello musicale, occorre infine “lavorare sul fronte della competenza, della formazione dei musicisti, degli animatori liturgici” perché troppo spesso “ci si accontenta, lasciando spazio alla superficialità nella scelta dei canti e alla loro esecuzione”.

 



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