ATTUALITÀ - Mondo Voc giugno-luglio 2013 Torna al sommario
Laici missionari
Una lettura franca e realistica della situazione del laicato nella Chiesa cattolica, con l’indicazione delle grandi aperture del Concilio, la mancata attuazione di esse, e l’indicazione di alcuni importanti nodi problematici che ormai richiedono una coraggiosa e profetica soluzione.
di Aldo Maria Valli
Il laicato, scuola di santità e di formazione
Dopo il Concilio Vaticano II
Parallelamente a questo processo si ha un fiorire di movimenti e comunità ecclesiali che vivono proprio grazie ai laici e che al tempo stesso diventano luoghi di formazione, mettendo così a disposizione della Chiesa fedeli sempre più preparati, consapevoli del proprio mandato e soprattutto disposti a dare testimonianza della speranza cristiana.
Una rivoluzione copernicana
Se si pensa alla Chiesa preconciliare e alla sua impronta clericale (sebbene non mancassero le eccezioni), si può ben parlare di una rivoluzione, che ha portato energie nuove e ha permesso alla Chiesa di sviluppare un nuovo tipo di missionarietà. Di fronte ai rapidi processi di secolarizzazione, indotti in gran parte dallo sviluppo scientifico ed economico, la missione ha coinciso sempre di più non con il partire per luoghi lontani, mai raggiunti dal messaggio evangelico, ma con la necessità di rievangelizzare una società di origine cristiana ma ormai dimentica della propria identità.
Su questo terreno la “rivoluzione” postconciliare ha dato molti frutti, soprattutto in termini di consapevolezza dei laici circa la propria dignità sacerdotale, tanto è vero che non di rado succede di incontrare laici più preparati, più convinti e più legati alla Chiesa di Cristo di quanto non siano i consacrati, compresi quelli che occupano posizioni di responsabilità. Di fronte a preti, religiosi e vescovi a volte troppo silenziosi, remissivi o incerti, oppure troppo legati alle seduzioni del potere, ecco laici dotati di autentica parresia.
Errate interpretazioni che non spengono l’entusiasmo
Ma il quadro non sarebbe completo se non segnalassimo anche i problemi. Una certa interpretazione del Concilio, infatti, ha confuso la valorizzazione del ruolo dei laici con la pretesa di trasformare
D’altra parte, di fronte alla rivalutazione del laico prospettata dal Concilio, alcuni ambienti ecclesiali si sono irrigiditi, determinando un clericalismo di ritorno che vediamo spesso in azione anche attraverso gli interventi di laici i quali, più realisti del re (o meglio, più papisti del papa) si rifugiano in un’idea di tradizione che appare piuttosto come un alibi per evitare di leggere i segni dei tempi e di confrontarsi realisticamente con le trasformazioni antropologiche, culturali e sociali.
Dal punto di vista pratico, poi, nella vita della Chiesa, l’attribuzione di ruoli di responsabilità ai laici è rimasta spesso sulla carta, tanto nelle famiglie religiose quanto nelle parrocchie e nelle diocesi, per non parlare della curia romana, mondo che è tuttora profondamente clericale.
Problemi aperti
Bisogna segnalare inoltre alcune contraddizioni ormai evidenti. Pensiamo alle donne che di fatto prestano la loro opera (preziosa) come lettrici e servono all’altare, ma non sono riconosciute giuridicamente in questi ruoli, perché i documenti ufficiali sui ministeri le escludono sia dal lettorato sia dall’accolitato. E che dire di quei momenti decisionali della vita della Chiesa nei quali i laici sono ammessi spesso come semplici uditori, mentre poi, nei fatti, sono proprio loro che organizzano e portano avanti le iniziative?
Una maggiore coerenza tra la lettera e la realtà sarebbe necessaria. Soprattutto, il mondo ecclesiastico, che spesso si comporta come se i laici fossero ancora da tenere sotto tutela in campo sociale e politico, dovrebbe finalmente prendere atto di quella “giusta libertà che a tutti compete nella città terrestre”, della quale si parla esplicitamente nella Lumen Gentium (n. 37).
Copyright © La riproduzione degli articoli di MondoVoc richiede il permesso espresso dell'editore