ATTUALITÀ - Mondo Voc marzo 2013                                                              Torna al sommario

 

 

 

La vita è sempre meravigliosa

 

 

La tendenza al suicidio delle nuove generazioni ha le sue radici nella perdita di senso della società contemporanea.

 

di Carlo Climati

 

giovani_depressiI giovani del terzo millennio sono più o meno felici di quelli del secolo scorso? Per rispondere a questa domanda potremmo provare a confrontare le condizioni di vita dei ragazzi vissuti in Italia dopo la Seconda guerra mondiale e quelli di oggi.  

 

Quei ragazzi avevano ben poco. Dovevano rimboccarsi le maniche per ricostruire un Paese distrutto e non avevano tutte le comodità e il benessere delle nuove generazioni.


Niente televisione, niente computer, niente internet, niente discoteche... Ma probabilmente erano più sereni dei giovani di oggi.

 


 

Un articolo interessante

giovani_alcool_drogheUn interessante articolo pubblicato il 9 ottobre 2009 su quotidianosanita.it ci comunica che sono in aumento i suicidi tra gli adolescenti legati all'abuso di alcol e droghe.

L'articolo riporta una serie di dati presentati da Claudio Mencacci, presidente del Congresso della Società italiana di psichiatria, svoltosi a Milano, e direttore del dipartimento di Psichiatria dell'Ospedale Fatebenefratelli di Milano.

Lo studioso spiega che sono trentamila “i giovanissimi italiani che ogni anno, in preda al disagio di vivere, tentano di togliersi la vita, mentre si ipotizza che siano addirittura dieci volte di più i ragazzi che almeno una volta all'anno hanno pensato al suicidio. Sono circa 120 quelli che invece ogni anno riescono nel loro intento”.


Non è facile commentare questo tipo di tendenza. C'è da chiedersi: perché alcuni giovani del terzo millennio sono così deboli? Perchè ricorrono all'alcol e alla droga? I giovani del dopoguerra non sentivano questo bisogno, eppure le loro condizioni di vita erano ben peggiori di quelle di oggi.

 


Felici con Dio

giovani_depressi_2La risposta a questi interrogativi, secondo me, è una sola. Le generazioni del dopoguerra avevano Dio. Vivevano in un'Italia ancora cattolica, in cui la famiglia era sacra e il sessantotto non aveva ancora rovinato la scuola e l'università.

I giovani del terzo millennio si aggirano tra le macerie di una società fondata sul relativismo morale, in cui il bene si confonde con il male. Non meravigliamoci se cercano rifugio nell'alcol, nella droga e nel suicidio.

Ci siamo mai chiesti quanto sono soli i ragazzi di oggi? Tanti giovani trascorrono ore di fronte al computer, esprimendosi solo attraverso le chat e i social network.


Spesso le persone che intervengono in questi salotti virtuali non sono sincere ed indossano maschere. Il risultato è una falsa comunicazione che rischia di degenerare nell'isolamento, nell'incapacità di sostenere un autentico rapporto con gli altri.

Un'altra solitudine piuttosto frequente è quella di certe discoteche disumane. Molti ragazzi, durante il fine settimana, si recano nei locali da ballo cercando un momento d'incontro. Ma la loro voglia di comunicare viene soffocata da ambienti che ostacolano qualunque tipo di dialogo.

Il volume della musica è troppo alto e le luci psichedeliche impediscono di guardarsi serenamente negli occhi. Di conseguenza, le discoteche si trasformano in un disperato insieme di solitudini che ballano, rinchiuse nel proprio guscio di silenzio e di incomunicabilità.


 

giovani_depressi_3L'orrore dell'ateismo

Infine la solitudine più preoccupante è quella generata dal dilagante ateismo. Con la scusa del cosiddetto "Stato laico" si tende a creare sempre di più una società senza Dio, dominata dal qualunquismo.


Il grave rischio, non solo per i giovani, è quello di sentirsi sempre più soli, in quanto privati di quel rapporto di filiazione divina che può donare conforto nei momenti di difficoltà. Un figlio di Dio non può mai sentirsi triste o abbandonato.

Sono tante, per i ragazzi di oggi, le occasioni di rinchiudersi in nuove celle di isolamento. Tutto questo potrebbe rappresentare anche un terreno fertile per l'idea del suicidio.


Eppure basterebbe così poco per essere felici. Vogliamo, forse dire, che i ragazzi del dopoguerra non avevano il problema della crisi economica, della fame e della disoccupazione? Non vivevano in condizioni di sofferenza?

Ma si accontentavano. Non pretendevano la Luna. Non avevano il benessere, ma avevano Dio. È questa la differenza.

 

 

 

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