MEDIAEDUCATION - Mondo Voc aprile 2012                                                             Torna al sommario

 

 

La famiglia nel cinema italiano dell’ultimo decennio.


E SUL GRANDE SCHERMO LA FAMIGLIA SI SFASCIA

 

Da Muccino a Verdone, da Amelio a D’Alatri: i registi italiani alle prese con la famiglia. Ma i figli fanno fatica a maturare e i padri "scoppiano".

 

 

Lultimo_bacioSogna di essere al centro dell’agenda politica del Paese, ma si deve accontentare di essere il tema ispiratore del panorama cinematografico nazionale. Con poche eccezioni, però, i grandi registi  italiani dell’ultimo decennio continuano a rappresentarla come malata, sfasciata, patologica, in preda a isterie e incapace di instaurare relazioni e rapporti educativi corretti al suo interno. La famiglia stabile, se proprio viene citata, appare un’aspirazione lontana, una dimensione impossibile da raggiungere. Insomma, una specie di utopia.

 

Il film che in Italia ha segnato nella cultura popolare  l’apertura del nuovo millennio è senz’altro L’ultimo bacio (2001) di Gabriele Muccino. Il film è il ritratto generazionale di trentenni in crisi di fronte al passaggio “epocale” che dovrebbe segnare, nella vita di ciascuno di loro, l’assunzione di responsabilità di fondare una famiglia e quindi il passare dal mondo pieno di possibilità di una condizione leggera e adolescenziale, alla situazione di chi inizia a fare scelte non reversibili, come quella di sposarsi e di avere dei bambini. Se il finale del film mostra qualche ipotesi di maturazione da parte di alcuni dei protagonisti, la condizione della “immaturità”, nei fatti della nostra società,  sembra essere una nota caratteristica. Non a caso uno dei maggiori successi della stagione 2010-2011 è stato proprio Immaturi, scritto e diretto da Paolo Genovese. Un film dove l’occasione un po’ forzata dell’invalidamento della prova di maturità serve a mettere in luce proprio la difficoltà di maturazione di questa generazione. I due personaggi maschili principali sono Giorgio (interpretato da Raoul Bova) e Lorenzo (un simpatico Richy Memphis). Il primo è uno psichiatra infantile che ha una relazione stabile e felice, ma l’annunciato arrivo di un bambino lo manda nel panico. Il secondo è un mammone al cento per cento: agente immobiliare trentottenne ancora coccolato dalla mamma, che gli cucina i piatti preferiti e lo tratta come un bambino di dieci anni…

Femmine_contro_maschiLa stessa immaturità che viene riproposta come tema dominante in un altro film di successo della stessa stagione, Femmine contro maschi, interpretato dalla coppia di comici Ficarra e Picone. Ficarra è un eterno bambino che non riesce a vivere una relazione seria con la maestra della scuola in cui è bidello, perché è ancora tutto concentrato sui propri passatempi. Le figurine dei calciatori e la musica dei Beatles. Picone invece ha fatto un passo in più: si è sposato e ora lui e la moglie aspettano un bambino ma la sera, fingendosi impegnato in riunioni di lavoro che si protraggono fino a ore impossibili, indossa mise anni ’60 e una parrucca per suonare canzoni dei Beatles, per cui ha una passione intramontabile. Naturalmente i nodi verranno al pettine.

Ma il cinema italiano dell’ultimo decennio non si è soffermato solo nel mostrare ritratti impietosi di personaggi anagraficamente adulti che però non riescono a esserlo con la testa e con il cuore. Spesso si è anche occupato di mettere in scena famiglie disgregate e in crisi di abbandono, figure di padri (e madri) che non sanno vivere in modo pacifico e realizzato il loro ruolo, che non si propongono come autorevoli punti di riferimento e non sanno indicare una strada a chi è più giovane. Nel cinema italiano dell’ultimo decennio, queste figure, semplicemente, non ci sono. Gli adulti sono più in crisi dei giovani, i genitori più spaesati dei figli. L’ultima significativa figura di padre “compiuto” e a tutto tondo è  il Roberto Benigni di La vita è bella (film del 1997).

È paradigmatico, per esempio, quanto accade tra il professore interpretato da Giorgio Faletti in Notte prima degli esami (2006) e il giovane protagonista (Nicolas Vaporidis): proprio nel punto di massima tensione su una domanda di senso, il nostro giovane studente scopre che il suo professore, nonché padre della ragazza di cui è innamorato, non sa fare altro che rimpiangere la propria adolescenza e chiedergli uno spinello…

Le_chiavi_di_casaKim Rossi Stuart ha interpretato due interessanti figure di padri, ma entrambe in forte crisi. In Le chiavi di casa (2004), delicato e sensibile film di Gianni Amelio, è Gianni, un giovane padre che ha abbandonato alla nascita un figlio affetto da handicap e si riavvicina a lui quindici anni dopo, in occasione di un viaggio a Berlino organizzato per sottoporre il bambino a cure terapeutiche. In Anche libero va bene (2006), esordio registico dell’attore, viene invece messa in scena con un realismo ed una durezza, a volte estrema e non necessari, la situazione di un padre in crisi, visto con gli occhi di un bambino di undici anni, in un contesto di degrado e povertà interiore, ma in cui non manca però un affetto rude e commovente.

Solo in questa ultima stagione 2011-2012 abbiamo assistito a una positiva sorpresa. In Scialla!, scritto e diretto da Francesco Bruni, c’è il percorso di un padre che scoprendo di avere un figlio quando lui ha già quindici anni, nonostante le proprie debolezze e mancanze, non rinuncia ad un ruolo educativo. Anzi, è proprio il fatto di dover educare un adolescente, proporgli impegno e mete, che lo porta a cambiare l’atteggiamento nei confronti della vita, anche della propria.

Una realistica ed efficace denuncia della solitudine a cui sono sottoposte molte coppie è nel “long seller” Casomai (2002) di Alessandro D’Alatri: con una regia moderna e un montaggio molto veloce, il regista racconta due giovani che si amano davvero ma che soccombono alle difficoltà di vivere in una società che fa di tutto per ostacolare le giovani famiglie, desiderose di mettere al mondo e crescere figli.

Caterina_va_in_cittAltro padre in crisi è l’eccellente Castellitto in Caterina va in città (2003), ritratto acuto e feroce della borghesia romana. Significativo perché offre uno spaccato vero della vita quotidiana di una famiglia media e ci apre un mondo che è sotto gli occhi di tutti. Con protagonisti che sembrano i nostri vicini di casa, se non proprio noi.

La classica crisi di mezza età che colpisce una coppia è, invece, il punto di partenza di una delle commedie di grande successo del trio Aldo, Giovanni e Giacomo: Tu la conosci Claudia? (2004). Anche qui, pur nel genere della commedia, ci sono diverse notazioni realistiche ed efficaci delle dinamiche di coppia e un tentativo di riconciliazione e di nuovo inizio, dopo le classiche peripezie, gli equivoci e gli scambi di persona  che sono tipici del genere.

Lo stesso desiderio di riconciliazione e di nuovo inizio sono presenti anche nella commedia campione di in cassi Benvenuti al Sud (2010) e in Baciami ancora (2010). Quest’ultimo, in modo particolare, mostra che l’unica strada per ottenere una vera realizzazione è quella di un amore che sappia mettere radici e che sappia generare una nuova vita.

Posti_in_piedi_in_ParadisoUltimo film in ordine cronologico ad apparire nelle sale cinematografiche e ad occuparsi di padri “scoppiati” è stato la commedia di Carlo Verdone Posti in piedi in Paradiso. Ulisse, Fulvio e Domenico sono tre padri separati costretti a versare quasi tutto quello che guadagnano per mantenere ex mogli e figli. Ulisse, già discografico di successo, vive nel retro del suo negozio di vinili ed ha una figlia, Agnese, che vive a Parigi con la madre Claire. Fulvio, ex critico cinematografico, scrive di gossip e risiede presso un convitto di religiose. Anche lui ha una bambina, di tre anni, che non vede quasi mai a causa del pessimo rapporto con l’ex moglie Lorenza. Domenico, in passato ricco imprenditore, si è riciclato come agente immobiliare, dorme sulla barca di un amico e, per mantenere ben due famiglie, fa il gigolò per signore di una certa età. Dopo un incontro casuale, i tre decidono di andare a vivere insieme per dividere le spese di un appartamento. Inizia così la loro convivenza e la loro amicizia e, dopo una serie di avventure tragicomiche, per i tre giunge il momento di fare i conti con le proprie responsabilità. Nel finale Ulisse recupera il rapporto con la figlia, e lo stesso fanno sia Fulvio, che è di nuovo a casa con moglie e figlioletta, sia Domenico, che, dopo aver assistito alla laurea del figlio, gli chiede scusa per tutti gli anni in cui è stato lontano da lui. Parlando del suo film Verdone ha affermato: “Ho voluto sinceramente raccontare un'emergenza sociale di oggi attraverso una commedia. Un serio problema rappresentato senza alcuna presunzione, con serietà ma anche efficace ironia...”. Il bel finale, intelligentemente ottimista senza per questo risultare poco credibile, lascia comunque un buon sapore in bocca all’uscita della sala, e tiene accesa la speranza che almeno i figli di questi “padri scoppiati” possano riguadagnare una dignità smarrita.

 

 

 

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