ATTUALITÀ - Mondo Voc ottobre 2011                                                                Torna al sommario

 

 

Il monito della Chiesa: c’ è la necessità di un nuovo protagonismo dei cattolici in politica.


UNA VOLRA ERA LA FUCI
 

Il bisogno urgente di recuperare spazi di formazione socio-politica dei giovani.

 

In una società inquinata dai personalismi, serve un impegno forte dei cattolici nella vita politica del paese. Bisogna tornare a promuovere nuovi contesti di formazione affinché l’impegno in ambito socio politico sia orientato al bene comune.

 

di Stefania Careddu

 

careddu_ottobre_2È un po’ come se fosse scattata l’ora X, se non ci fosse più tempo, se la gravità della situazione fosse tale da indurre a mettere da parte indugi e timidezze: davanti alla crisi di valori che investe l’Italia, emerge con forza la necessità di un nuovo protagonismo dei cattolici in politica.

 


Nelle parole del cardinale Angelo Bagnasco

La collettività guarda con sgomento gli attori della scena pubblica e l’immagine del Paese all’esterno ne viene pericolosamente fiaccata”, ha detto senza mezzi termini il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, nella sua ultima prolusione al Consiglio Episcopale Permanente. Per questo, occorre “non solo fare in maniera diversa, ma pensare diversamente: c’è da purificare l’aria, perché le nuove generazioni, crescendo, non restino avvelenate”.


E, in una fase così delicata, i cattolici possono – anzi devonoavere un ruolo da giocare. Anche perché, come ha sottolineato il cardinale Bagnasco, “un nucleo più ristretto ma sempre significativo di credenti, sollecitati dagli eventi e sensibilizzati nelle comunità cristiane, ha colto la rinnovata perentorietà di rendere politicamente più operante la propria fede”. Sembra infatti “stagliarsi all'orizzonte la possibilità di un soggetto culturale e sociale di interlocuzione con la politica, che, coniugando strettamente l'etica sociale con l'etica della vita, sia promettente grembo di futuro, senza nostalgie né ingenue illusioni”.


Per il laicato cattolico, insomma, concluso il periodo di analisi o peggio di scarsa incisività e delega, è arrivato il momento di rispondere concretamente ai numerosi appelli lanciati da Benedetto XVI e dai vescovi italiani.

 


Nei discorsi del Papa

careddu_ottobre_3Era il 7 settembre 2008 quando il Papa, in occasione della sua visita pastorale a Cagliari, parlò per la prima volta della necessità di “una nuova generazione di laici cristiani impegnati, capaci di cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile”. Un invito ripetuto lo scorso maggio ad Aquileia: “raccomando anche a voi, come alle altre Chiese che sono in Italia, l’impegno a suscitare una nuova generazione di uomini e donne capaci di assumersi responsabilità dirette nei vari ambiti del sociale, in modo particolare in quello politico; esso ha più che mai bisogno di vedere persone, soprattutto giovani, capaci di edificare una ‘vita buona’ a favore e al servizio di tutti”. Per dirla con le parole usate nel 2010 dal segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, “di iniettare - cioè - buona e nuova linfa nella società, orientandola alla virtù, con rettitudine e discernimento alla luce del Vangelo e della dottrina sociale della Chiesa”.


Ultimamente, il presidente della Cei ha auspicato più volte, nei suoi interventi, la nascita di “una generazione nuova di italiani e di cattolici che, pur nel travaglio della cultura odierna e attrezzandosi a stare sensatamente dentro ad essa, sentono la cosa pubblica come importante e alta, in quanto capace di segnare il destino di tutti, e per essa sono disposti a dare il meglio dei loro pensieri, dei loro progetti, dei loro giorni”.

 


Un impegno urgente votato al bene comune

careddu_ottobre_4“Un sogno”, come lo ha definito lo stesso Bagnasco, che appare oggi un’urgenza: “l’affezione per la cosa pubblica – aveva denunciato nel luglio 2010 in un’intervista all’Osservatore Romano - sta scemando e sempre più rarefatto è il consenso intorno al bene comune, privilegiando ciascuno beni di piccolo cabotaggio e senza prospettiva alcuna”. E il sogno diventa dunque una sfida per quei cattolici, che “a giusto titolo – ebbe modo di osservare il porporato intervenendo al X Forum del Progetto culturale della Cei nel dicembre 2010 - si sentono ‘soci fondatori’ di questo Paese”.


Così per non lasciare sulla carta “l’opzione di fondo” che consiste nel “preparare una generazione nuova di cittadini che abbiano la freschezza e l' entusiasmo di votarsi al bene comune”, la comunità ecclesiale torna a promuovere, con determinazione e in modo piuttosto capillare, le scuole di formazione socio-politica.


La Chiesa si sta impegnando a formare aree giovanili non estranee alla dimensione ideale ed etica, per essere presenza morale non condizionabile”, aveva annunciato il cardinale Bagnasco all’assemblea della Cei lo scorso maggio. E pochi giorni dopo il Papa, rivolgendosi ai vescovi riuniti a Santa Maria Maggiore per il significativo atto di affidamento dell’Italia alla Vergine, in occasione del 150esimo dell’Unità del Paese, li aveva esortati ad incoraggiare “le iniziative di formazione ispirate alla dottrina sociale della Chiesa, affinché chi è chiamato a responsabilità politiche e amministrative non rimanga vittima della tentazione di sfruttare la propria posizione per interessi personali o per sete di potere” e a sostenere “la vasta rete di aggregazioni e di associazioni che promuovono opere di carattere culturale, sociale e caritativo”.


Del resto, anche nel corso della Settimana Sociale dei cattolici di Reggio Calabria era emerso con grande convinzione il desiderio, soprattutto dei giovani, di recuperare la vocazione alla politica e di impegnarsi in prima persona per un cambiamento reale.


Insomma, la partita è iniziata e pare proprio che questa volta i cattolici non vogliano stare sugli spalti.

 

 

 

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