STORIE DI VITA - Mondo Voc marzo 2011                                                          Torna al sommario

 

 

 

E la vita riparte

 

Una serata tra amici, quattro chiacchiere e poi… l’Africa. La storia di Ermanno, un giovane marchigiano specializzando in Economia Aziendale, che dopo un cineforum su “L’attimo fuggente” coglie la sfida di partire per il Malawi e scopre la gioia di dedicarsi agli altri.

 

di Michele Pignatale

 

Pignatale_marzoIn questo tempo esserci vuol dire fare i conti con la realtà. L’unico modo per dare senso alla vita è mettersi in gioco, cioè proiettarsi verso un orizzonte in cui il destino degli altri è più importante del tuo. Non è facile arrivare a questa consapevolezza. Credo che ciò sia possibile solo quando per un motivo qualsiasi ti trovi catapultato in una situazione dove non puoi non prendere coscienza che intorno  a te si spalanca una realtà che ti travolge e mette a nudo quello che sei. È quello che mi è successo passando il mio anno ‘sabbatico’ in Malawi”.

 

 

Un tiro mancino

Ermanno è un giovane delle Marche, ha 24 anni, ed è impegnato a concludere la specialistica in Economia Aziendale. Dopo la laurea triennale ha cominciato a guardarsi intorno per cominciare a introdursi nel mondo del lavoro pur decidendo di continuare a studiare. Diverse promesse, qualche proposta da scartare immediatamente e la constatazione che la crisi che stiamo vivendo nel nostro Paese è davvero di proporzioni inimmaginabili, specie per quanto riguarda l’occupazione giovanile.

 

In una piccola fabbrica del mobile, incontra un vecchio compagno di liceo di cui aveva perso le tracce. Stupore, gioia, pacche sulle spalle e scambio di idee sui percorsi compiuti. Da  quell’incontro nessuna notizia positiva per il lavoro…  ma solo un invito per non  perdersi di vista nuovamente. Partecipare ad una “cineforum” con altri amici per passare una serata diversa dalle altre, gustare del buon cibo, e vedere un buon film. Ermanno, contento dell’incontro e  dell’invito decide di partecipare alla sera in cui era previsto di vedere  “L’attimo fuggente”, un film di Peter Weir con Robin Williams. Un film visto un’altra volta in televisione ma che quella sera, causa la presenza di altri giovani e della discussione avvenuta subito dopo la visione, ebbe un certo impatto su di lui.

 

Pignatale_marzo_2La discussione protrattasi fino a tarda sera – racconta Ermanno fu ricca di spunti e di sottolineature, soprattutto parlando sull’invito che il protagonista del film, il professore di filosofia, interpretato da Robin Williams, fa ai suoi nuovi allievi e cioè a trovare la propria strada e a realizzare i propri sogni prima che il tempo possa frustrarne le aspirazioni. Era un messaggio su cui si concentrò la discussione e personalmente lo avvertii come un invito ad andare oltre alla solita ricerca del lavoro e verificare se nel mio orizzonte non ci fossero altre proposte da prendere in considerazione. Nel momento in cui mi ero convinto a questa ipotesi, la proposta non tardò. E si materializzò in un invito semplice e chiaro di un giovane partecipante a quel cineforum. Eravamo alla fine di giugno e avevano costituito un piccolo gruppo per recarsi, dietro un invito di un loro amico volontario, in Malawi. Qualche settimana prima della partenza un giovane del gruppo, causa un incidente con la moto, doveva rinunciare al viaggio, ma ormai i biglietti erano stati fatti e tutto il programma era stato dimensionato in una certa maniera sul numero delle persone. All’invito non mi tirai indietro ricordandomi del film visto insieme”.

 

 

La voglia di esserci

Pignatale_marzo_3Il viaggio di quattro settimane in Malawi rappresentò per Ermanno una esperienza che l’avrebbe segnato in maniera significativa. Innanzitutto per l’impatto con una realtà poverissima e ricca di problemi endemici come la fame e la miseria delle popolazioni incontrate. La condizione dei bambini e il vederli letteralmente morire per una stupida malattia che da noi sarebbe stata guarita con un semplice antibiotico. Quattro settimane per imparare ad amare quella gente che nella loro povertà l’avevano accolto con canti e balli e mettendo in comune quel poco che avevano perché l’accoglienza fosse una festa. Giorni passati al capezzale di moribondi, incontrando frotte di orfani, disorientati e increduli di fronte alla vita dura che li aspetta. Giornate vissute intensamente che soltanto la sera sotto un meraviglioso cielo si riusciva a trovare ristoro per la propria stanchezza.

 

Sono tornato da quell’esperienza con la morte nel cuore e col desiderio di poter dare qualcosa di più a quella gente che mi aveva accolto con tanta gioia. Ma come fare? Semplice! Basta dare una disponibilità interiore ed aspettare. È successo così che, dopo qualche mese, Antonio, il volontario del nostro Paese che era in Malawi, lancia un SOS e chiede la disponibilità di qualcuno per avviare un progetto finanziato da una organizzazione tedesca. Lanciai immediatamente la mia disponibilità e all’inizio di dicembre ero in Malawi a pianificare il progetto con tappe, risorse e disponibilità di persone. Sollevare la condizione di indigenza di quelle popolazioni era una scommessa da far tremare le vene, ma noi ci siamo sentiti spinti da una forza straordinaria che ci legava in maniera forte a quella gente. È stato un anno vissuto pericolosamente, ma ricchissimo per la mia vita. La gente del Malawi mi ha mostrato il valore dell’incontro, dell’accoglienza, e della condivisione nella vita e nella morte. È gente che ha un coraggio notevole nel vivere il dolore fisico della malattia e delle privazioni e di adattarsi a tutto ciò che succede. Altro che le nostre lamentele. Nelle serate belle sento ancora nelle orecchie il suono dei tamburi a festa e davanti agli occhi  la loro danza alla vita. E certamente sento il bisogno di un ritorno. Ma la laurea è necessaria e devo fare in fretta se voglio coronare il mio sogno e perdere l’attimo fuggente”.

 

 

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